(USA, 1948)
Alfred L. Werker, con la collaborazione non accreditata di Anthony Mann, ci consegna un capolavoro del cinema noir con “Egli camminava nella notte”. Basato su una storia vera, il film esplora le oscure profondità di Los Angeles attraverso l’indagine di un omicidio che si trasforma in una caccia all’uomo, incarnata nella figura di Roy Morgan, interpretato con glaciale intensità da Richard Basehart.
La pellicola è un esempio sublime di cinema noir, dove la maestria di John Alton nella direzione della fotografia gioca un ruolo cruciale. Le sue inquadrature, caratterizzate da forti contrasti tra luci e ombre, non solo amplificano la tensione narrativa ma anche simbolizzano la dualità morale dei personaggi e l’oscurità della metropoli americana. Alton riesce a fare di Los Angeles non solo uno sfondo, ma un vero e proprio protagonista del film, un labirinto di strade e vicoli che riflette l’angoscia e l’alienazione dei suoi abitanti.
La narrazione è tesa, quasi documentaristica, evidenziando una cruda autenticità che era innovativa per l’epoca. Questo approccio è esemplificato nella rappresentazione dei poliziotti, in particolare del detective Marty Brennan, interpretato da Scott Brady. La sceneggiatura non risparmia dettagli nel dipingere i dubbi e le pressioni a cui sono sottoposti, un aspetto che arricchisce il film di una profondità psicologica rara.
Scritto da Crane Wilbur, John C. Higgins e Harry Essex (che qualche anno dopo parteciperà alla stesura della sceneggiatura de “Il mostro della laguna nera” di Jack Arnold), alla sua uscita, “Egli camminava nella notte” non ricevette l’attenzione che meritava, forse a causa del suo realismo e della sua rappresentazione disincantata della giustizia. Di fatto Werker e Mann firmano l’antesignano del genere true crime che molto successo avrà nei decenni successivi. Ancora oggi lascia affascinati la creazione del primo vero identikit dell’assassino che viene fatto dalla Polizia in collaborazione con alcuni testimoni.
Tuttavia, come accade spesso nel mondo del cinema, il tempo ha saputo fare giustizia, rivalutando questa opera come un punto di riferimento del genere noir. Le sequenze ambientate nei sotterranei di Los Angeles, in particolare, sono divenute iconiche, influenzando generazioni di cineasti e critici.
È proprio questa capacità di fondere tecnica cinematografica e narrazione che rende “Egli camminava nella notte” un film imprescindibile per ogni appassionato di cinema. Werker e Mann, con la loro regia incisiva e la visione chiara, ci ricordano che il noir non è solo un genere, ma un mezzo per esplorare le complessità dell’animo umano e le ambiguità della società moderna.
In sintesi, “Egli camminava nella notte” rappresenta un momento di grazia nella storia del cinema, un’opera che merita di essere studiata e apprezzata, non solo per la sua importanza storica, ma per la sua capacità di parlare al cuore delle tenebre che ognuno di noi nasconde.
Per la chicca: nel 1950, quando questa pellicola approdò nelle nostre sale, Ennio Flaiano ne scrisse una critica e parlando molto del suo attore protagonista. Solo pochi anni dopo dopo, nel 1954, Federico Fellini dirigerà il capolavoro assoluto “La strada“, scritto assieme allo stesso Flaiano e a Tullio Pinelli, dove uno dei tre personaggi principali verrà interpretato non a caso da Basehart.
Per comprendere al meglio l’impatto che questo film ha avuto nella cultura americana, e non solo, basta ricordare che Jack Webb, che ha la piccola e marginale parte dell’addetto della “Scientifica” del Dipartimento, pochi anni dopo creerà e interpreterà la serie televisiva “Dragnet”, proprio incentrata sui true crime consumatisi a Los Angeles, che riscosse un successo decennale.