(Italia, 1951)
Nel 1951 in Italia la televisione non era ancora arrivata, il mezzo di comunicazione di massa più seguito e idolatrato era il cinema. I giornali erano certo letti e seguiti da molti, ma la soglia di alfabetizzazione era ancora molto bassa e così la carta stampata era ad uso e consumo, comunque, di una piccola parte elitaria della società.
Anche per questo la radio, fin dai suoi albori, vista la sua facile e diretta accessibilità, aveva affascinato e ammaliato milioni di ascoltatori in tutto lo stivale. L’arrivo del cinema muto, e ancora più quello del sonoro, avevano cambiato in maniera irreversibile la cultura, la moda e gli usi quotidiani di tutti, cosa che sarebbe riuscita a fare, qualche decennio dopo, solo la televisione.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale il nostro Paese, da perdente, era materialmente e moralmente prostrato. L’arrivo, soprattutto dall’altra parte dell’oceano, di pellicole spettacolari con l’ostentata opulenza dei musical e delle sophisticated comedy, accesero in molti il miraggio di una vita migliore, senza più privazioni e umiliazioni.
Ad aumentare queste speranze c’era anche il successo immediato e clamoroso che un film poteva regalare a una sconosciuta o a uno sconosciuto, volti preferiti dal Neorealismo. Una semplice commessa o un modesto operaio, grazie alla partecipazione anche in un ruolo marginale ad una pellicola campione d’incassi, si ritrovava in pochi giorni sulla bocca di tutti con contratti faraonici per altri film e pubblicità.
Ma, come cita il vecchio detto: “Non è tutto oro ciò che luccica”, e così gli “eletti” che diventavano famosi nel giro di un film, fin troppo spesso dovevano constatare sulla loro pelle che il successo, così come la bella vita, più rapidamente arrivava, e più rapidamente poteva andarsene, lasciando macerie materiali e soprattutto emotive spesso inguaribili.
Fra i casi più noti c’è quello di Lamberto Maggiorani, protagonista del capolavoro assoluto “Ladri di biciclette” del maestro Vittorio De Sica e scritto dallo stesso Zavattini, che cercò in ogni modo di proseguire vanamente e disperatamente la carriera di attore dopo il successo planetario del film. Nonostante ciò, negli studi di Cinecittà, si accalcavano frotte di persone per fare un provino, soprattutto madri con figlie piccole o adolescenti.
La leggenda vuole che ad ispirare Zavattini per il soggetto di questo film fu proprio un episodio accaduto ad Alessandro Blasetti che dovette “fare i conti” con una madre che a tutti i costi voleva fargli prendere la sua piccola figlia nel film che stava per iniziare perché …bellissima. A scrivere la sceneggiatura sono poi due pilastri del nostro cinema immortale, oltre a Visconti la firmano Suso Cecchi D’Amico e Francesco Rosi, che farà anche la sua prima esperienza come aiuto regista.
La storia di Maddalena Cecconi che cerca in ogni modo di far prendere a Blasetti la sua piccola figlia Maria, interpretata da Tina Apicella, è una delle più struggenti e dolorose della storia del cinema. Questo grazie certo alla sceneggiatura, ma soprattutto alla stratosferica interpretazione dell’immensa Anna Magnani che dona a Maddalena un’umanità unica e forse irripetibile.
La bravura di Visconti, che era reduce del clamoroso insuccesso del suo “La terra trema”, fu quella di lasciare la Magnani libera di recitare quasi a braccio un ruolo che le apparteneva fin sotto la pelle, sapendo sapientemente ritrarla con un’eleganza e uno stile che solo lui possedeva. I due avrebbero dovuto lavorare insieme già in “Ossessione” del 1943, esordio dietro la macchina da presa dello stesso Visconti, ma la gravidanza della Magnani fece assegnare la parte a Clara Calamai. Nel cast deve essere ricordato anche un bravissimo Walter Chiari nei panni dell’ambiguo Alberto Annovazzi, forse il suo ruolo più odioso di sempre.
La modernità di questo capolavoro sta anche nelle sequenze girate in esterno a Cinecittà che ricordano fin troppo quelle attuali di persone che cercano di partecipare o partecipano a noti programmi televisivi che si realizzano proprio in quegli studi, e che hanno spesso la stessa espressione volitiva e speranzosa di Maddalena Cecconi.
All’uscita nelle nostre sale “Bellissima” però non fu accolto caldamente dal pubblico che evidentemente ci si riconosceva fin troppo. Fu all’estero, prima a Parigi e poi a New York, che venne acclamata come vera e propria opera d’arte, consacrando definitivamente Anna Magnani a stella di prima grandezza del cinema mondiale.
Un capolavoro assoluto e immortale.
Per la chicca: nelle sequenze iniziali lo speaker che annuncia il casting per il nuovo film di Blasetti è un giovanissimo ma già gagliardo Corrado Mantoni, con la sua indimenticabile voce.
Per la chicca seconda: in un ruolo secondario, la moglie del fotografo a cui si rivolge Maddalena per le immagini di Maria da presentare al provino, c’è Lola Braccini, grande attrice di teatro – la vera passione di Visconti – che divenne poi un’ottima doppiatrice e che presterà magistralmente la sua voce a grandi attrici straniere fra cui Margaret Rutherford nei film in cui impersona Miss Jane Marple.