(Italia, 1954)
Il 27 marzo del 1957 “La strada” di Federico Fellini vinceva il premio Oscar come miglior film straniero.
Il piccolo lungometraggio girato da un giovane e quasi sconosciuto regista italiano, con un passato da battutista – per Aldo Fabrizi, fra gli altri – e di autore radiofonico, scritto assieme a Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano, ci mette quasi tre anni ad arrivare a Hollywood e a venire riconosciuto quale indiscusso capolavoro della nostra cinematografia.
Anche Anthony Quinn – già attore affermato e fresco reduce dal kolossal “Attila” – all’inizio delle riprese era convinto di aver commesso un errore ad accettare di girare un film fatto con scarsi mezzi e girato in campagna (per ricreare la neve, ad esempio, gli uomini della produzione bussavano alle porte dei casali vicino al set per farsi prestare lenzuoli bianchi da sistemare tatticamente sul terreno).
Ma Quinn, che era un uomo di cinema, dopo le prime settimane intravide il talento di quel giovanotto alto, tenebroso e allo stesso tempo cordiale e gentile. E soprattutto comprese la bravura di quella piccola attrice dai grandi occhi azzurri, che la produzione non voleva ma che alle fine il regista, nonché suo marito, riuscì ad imporre.
Se i duetti fra Quinn e Giulietta Masina fanno parte ormai della storia del cinema (fra i grandi omaggi a “La strada” spicca fra tutti “Accordi e disaccordi” di Woody Allen, con Sean Penn, del 1999) è grazie anche ad Arnoldo Foà che ha dato la sua voce a Zampanò in maniera sublime. Da ricordare anche Richard Basehart nel ruolo del matto.
Pietra miliare della cinematografia mondiale.
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