(USA, 1951)
Il maestro Billy Wilder firma uno dei migliori film sul giornalismo della storia del cinema.
Charles Tatum (un duro e arcigno Kirk Douglas, in una delle sue migliori interpretazioni di sempre) è un giornalista d’assalto, pronto a tutto pur di avere uno scoop. Ma il suo carattere aggressivo e la sua passione per l’alcol e le donne lo hanno allontanato dalle testate più importanti della nazione.
Così sbarca ad Albuquerque, nel New Mexico, dove riesce a farsi assumere nel piccolo quotidiano locale. Il progetto di Tatum è quello di trovare il grande scoop per tornare a lavorare presso gli stessi giornali che lo hanno cacciato.
Ma per un intero anno ad Albuquerque non accade nulla, fino a quando Tatum non viene mandato a realizzare un servizio su un’esposizione di serpenti fuori città. Sulla strada, nei pressi di un’area di sosta, il giornalista si imbatte in un’ambulanza a sirene spiegate.
D’istinto la segue e scopre che il giovane proprietario dell’aria di servizio Leo Minosa è rimasto vittima di una frana che lo tiene bloccato in un’antica grotta indiana. Il malcapitato non è raggiungibile, il cunicolo in cui è intrappolato è mezzo franato. Charles può guardalo e parlargli da pochi metri, ma niente di più.
Tatum ha un sussulto: finalmente il fato gli offre quell’occasione di rivalsa che lui tanto brama. In pochi minuti avvisa il suo giornale e gli altri mezzi di comunicazione. Poche ore dopo l’area desertica intorno alla caverna inizia a riempirsi di curiosi e giornalisti.
Per avere la totale esclusiva, il giornalista promette allo sceriffo locale di appoggiarlo alle prossime elezioni. E così quando il responsabile degli scavi chiamato per salvare Leo illustra il suo piano che puntellando il cunicolo in circa sedici ore lo libererebbe, lo sceriffo, su indicazione di Tatum, lo obbliga invece ad iniziare a scavare direttamente dalla cima della collina, scelta che porterà alla salvezza di Leo in non meno di cinque o addirittura sei giorni.
In quei cinque o sei giorni, Tatum è convinto infatti, che tutto il mondo finirà col seguire il salvataggio, e lui potrà finalmente tornare nell’Olimpo della carta stampata…
Eccelsa riflessione sul giornalismo d’assalto e sulla sua più cinica spettacolarizzazione. Probabilmente nel 1951 nel nostro Paese – a differenza degli Stati Uniti – il giornalismo non era ancora stato vittima di tale triste fenomeno, eravamo probabilmente troppo preoccupati a leccarci le tragiche ferite della Seconda Guerra Mondiale appena persa.
Ma di lì a poco (nel 1954) in Italia sarebbe arrivata la televisione che, suo malgrado, avrebbe cambiato, oltre il modo di vedere le notizie, anche quello di farle.
Scritto dallo stesso Wilder assieme a Walter Newman e Lesser Samuels “L’asso nella manica” è ancora un grande capolavoro.
Da vedere.