“El cochecito” di Marco Ferreri

(Spagna, 1960)

L’approdo di Marco Ferreri al mondo del cinema è stato molto difficile e lungo. Dopo alcuni tentativi falliti, Ferreri decide di fare il veterinario e per mantenersi, oltre al mestiere di pubblicitario, vende obiettivi anche fuori dai confini italiani. Così nel 1955 si trova a Madrid per affari e conosce casualmente lo scrittore e sceneggiatore Rafael Azcona.

La coppia, negli anni, diventerà una delle più rilevanti del cinema europeo del secondo Novecento. Esordiranno nel 1958 con “El pisito” seguito l’anno dopo da “Los chicos”. Ma è nel 1960, con la loro terza pellicola “El cochecito” – tratto dal romanzo della stesso Azcona – che acquisteranno, giustamente, fama internazionale a partire dalla Mostra del Cinema di Venezia.

Don Anselmo (José Isbert) passa con molta lentezza le sue giornate. Vedovo ormai da molti anni, vive in un grande appartamento al centro di Madrid, ospite di suo figlio Carlos noto avvocato, di sua moglie Matilde e di sua nipote Yolanda. Alla sua veneranda età gli svaghi sono pochi, così come i soldi che arrivano sempre e solo da Carlos. Gli unici beni che possiede sono i gioielli di sua moglie, promessi ormai a Yolanda per le sue nozze con Alvarito, tuttofare e assistente di Carlos.

Fra i pochi appuntamenti fissi che ha Anselmo c’è quello con Luca, suo coetaneo e come lui vedovo, con il quale condivide le visite alle rispettive mogli al cimitero. Ma un pomeriggio Luca ha una grande novità: per sopperire alla grave disabilità che lo affligge alle gambe, ha comprato una carrozzella – così si chiamavano allora gli ausili per i disabili – a motore. Improvvisamente si rovescia la situazione: Luca è diventato indipendente mentre l’amico lo deve seguire faticosamente con un taxi.

Anselmo rimane affascinato dal nuovo acquisto di Luca che lo introduce nel mondo dei disabili che possiedono le carrozzelle a motore, portandolo anche alle loro corse ufficiali. Anselmo viene conquistato dall’affiatamento che c’è nel gruppo e dalla grande indipendenza che una carrozzella a motore può dare. Così chiede al figlio se può compragliene una. Ma Carlos, dopo averlo deriso, si rifiuta categoricamente. Anselmo non si arrende e inizia a simulare gravi problemi motori che però il figlio intuisce subito essere falsi. Disperato, dopo aver venduto i gioielli di sua moglie, paga l’anticipo e firma un cospicuo mazzetto di cambiali per ottenere finalmente la sua carrozzella.

Ma, scoperto dal figlio e pesantemente umiliato, l’anziano è costretto a restituire il suo prezioso acquisto. Ad Anselmo così non rimane che un’unica drastica e definitiva soluzione…

Cattivissima e pungente pellicola con tutte le caratteristiche della grande commedia all’italiana, colma si satira e ironia così come di tanta amarezza. Ferreri e Azcona affrontano a viso aperto due temi che allora stavano diventando protagonisti, nel bene e nel male, della società: la terza età e la disabilità. Temi che solo nei decenni successivi verranno raccontati col giusto spessore – ma non ancora adeguatamente soprattutto per quanto riguarda la disabilità – dal cinema e poi dalla televisione.

Senza ipocrisie e falsi perbenismi, ma sempre con tanta graffiante ironia, Ferreri ci mostra quello che di solito andava nascosto dietro le tende di casa, ovvero la triste “inutilità” di un anziano che non ha più alcun diritto, nemmeno quello di divertirsi. Tema tanto attuale ancora oggi. Così come è schietto e limpido lo sguardo che il regista milanese fa della disabilità fatto troppo spesso di solitudine, esclusione, derisione o ipocrita compassione.

Intramontabile.

“FBI – Francesco Bertolazzi Investigatore” di Ugo Tognazzi

(Italia, 1970)

A partire dagli anni Sessanta numerosi grandi attori del cinema hanno iniziato a prestarsi alla neonata televisione, oltre che come attori anche come autori. In quegli anni, molti lo facevano mostrando palesemente il loro sdegno per un mezzo così poco nobile rispetto al teatro o al grande schermo. Ma l’immortale Ugo Tognazzi no. Il suo geniale senso artistico lo aveva fatto essere uno dei veri pionieri del nostro piccolo schermo con il varietà memorabile “Un, due, tre” assieme a Raimondo Vianello.

Alla fine degli anni Sessanta però Tognazzi non è più solo un’icona della risata, ma è uno dei grandi interpreti del cinema di qualità. E torna in televisione con una serie, che lui stesso dirige, che si ispira alla grande commedia all’italiana. A scrivere i soggetti e le sceneggiature delle puntate ci sono i maestri Age e Furio Scarpelli, che ne confezionano sei.

Il genere è quello della commedia appunto, ma una commedia tinta di giallo, visto che il protagonista Francesco Bertolazzi – impersonato dallo stesso Tognazzi, e il cui cognome non a caso fa risonanza – è un investigatore privato e gioca sulle sue iniziali “F” “B” e “I” di investigatore per farsi pubblicità. La sua è una ditta a conduzione familiare, ma che punta a una clientela distinta e soprattuto abbiente.

Nella prima puntata, “Sparita il giorno delle nozze”, a interpretare un’antipatico antiquario che ama viaggiare su una delle automobili appartenute a Mussolini c’è Marco Ferreri, amico personale di Tognazzi, nonché grande regista e autore di pellicole straordinarie interpretate dallo stesso grande artista cremonese.

Le altre puntate sono: “Il ritorno di Ulisse” (con fra gli interpreti Nora Ricci); “Rapina a mano armata” (con Stefano Satta Flores); “Notte americana” (con Franco Fabrizi); “Labbra serrate” (con Enzo Cannavale), e “Getto della spugna” (con Achille Togliani).

Al momento questa deliziosa serie prodotta dalla nostra televisione nazionale è praticamente introvabile. Solo qualche brano è visibile su Youtube …Sob.