(USA, 1974)
Fra le cose rilevanti che ha fatto il famigerato ’68 – visto che tante ne aveva promesse ma molte poche ne ha davvero mantenute – c’è quella di aver portato definitivamente l’attenzione dell’intera società sulla difficile emancipazione della donna. La strada, ancora oggi, è molto lunga ma da quegli anni anche solo il racconto della situazione è cambiato.
Affrontando concretamente il tema si realizza, già in quegli anni, anche che non ci sono solo le giovani che hanno bisogno dei loro diritti e dei loro spazi, ma anche le donne delle generazioni precedenti, cresciute sotto le asfissianti e opprimenti regole del patriarcato, hanno le medesime necessità, vista poi la scarsa considerazione che la società ha sempre e comunque di loro.
Così Robert Getchell scrive una sceneggiatura dedicata a una donna che superati i 35 anni – anni che nel momento in cui venne realizzato il film erano considerati per una donna l’abbondante “mezza età” – e che improvvisamente resta da sola contro un mondo arrogantemente maschilista.
Alice Hyatt (una bravissima Ellen Burstyn) vive col marito Donald (Billy Green Bush) e col figlio appena adolescente Tommy (Alfred Lutter). Donald, che è l’unico che porta i soldi a casa, è un’autista di camion che inizia a mal tollerare il figlio che, suo malgrado, sta crescendo. Ad Alice, quindi, spetta il compito di fare da ammortizzatore fra i due suoi maschi, oltre che naturalmente portare avanti la casa cucinando e rassettando senza dover troppo disturbare il marito che quando torna vuole solo guardare la televisione e bere birra. L’unica consolazione che Alice ha è Bea (Lelia Goldoni) la sua vicina di casa che ha una vita molto simile alla sua.
Un pomeriggio, però, Donald rimane vittima di un incidente automobilistico e Alice rimane sola assieme a Tommy. I pochi soldi che aveva da parte Doland se ne vanno col funerale e così la donna decide di partire e girare il Paese cercando di mantenere suo figlio e se stessa facendo quella che era la sua passione fin da bambina – ma che ha dovuto abbondare alle soglie del matrimonio – e cioè cantare.
Tra mille difficoltà Alice finalmente riesce ad avere una scrittura in un locale mediocre di Phoenix, in Arizona. Quando le cose sembrano finalmente ingranare e lei vede la concreta possibilità di abbandonare il motel in cui vive assieme al figlio per un appartamento dignitoso, sulla sua strada incappa in Ben (Harvey Keitel) un originale avventore che le inizia a fare una corte sfrenata.
Poco dopo aver iniziato il flirt con l’uomo, nella stanza del motel di Alice si presenta la moglie di Ben che umilmente le chiede di non vedere più il marito, visto che ha smesso di andare al lavoro proprio a causa sua. La donna e soprattutto suo figlio malato hanno bisogno dei soldi che Ben porta a casa per poter sopravvivere. Mentre le due donne stanno parlando nella stanza piomba Ben che picchia violentemente la moglie e minaccia Alice di non mettersi i testa di interrompere la loro relazione.
Appena l’uomo se ne va, Alice prende il figlio e lascia rapidamente la città in cerca di una nuova occasione. A Tucson la donna riesce a trovare solo un impiego come cameriera nella tavola calda di proprietà di Mel (Vic Tayback). I primi giorni di lavoro sono molto duri visto che il locale all’ora di pranzo si riempie come un uovo e il personale che serve ai tavoli, oltre a Alice, è composto solo da Flo (Diane Ladd) e Vera (Valerie Curtin). I rapporti con Flo poi, che ha un carattere opposto a quello di Alice, sono molto bruschi.
Tommy inizia a frequentare la scuola del posto dove conosce Audrey (Jodie Foster) una sua coetanea con delle particolari e originali abitudini. Nel frattempo nel locale appare sempre più spesso David (Kris Kristofferson), proprietario di una fattoria fuori città che inizia a corteggiare Alice. Ma la donna, forse per la prima volta nella sua vita, non è disposta a sacrificare tutto per un uomo…
Martin Scorsese realizza una piccola grande pellicola che rappresenta uno dei migliori e realistici ritratti cinematografici di donna degli anni Settanta. Grazie anche alla magistrale prova della Burstyn – che vince giustamente l’Oscar come miglior attrice protagonista – “Alice non abita più qui” rappresenta uno dei migliori esempi della cinematografia americana indipendente di sempre.
Visto il successo del film, che decreta definitivamente Scorsese come giovane e geniale cineasta, venne creata una serie televisiva dal titolo “Alice” che andò in onda negli Stati Uniti, con un discreto successo, dal 1976 al 1985, serie che poi approdò anche sui nostri schermi.