“Grosso guaio a Chinatown” di John Carpenter

(USA, 1986)

Gente, qui parliamo di un vero e proprio cult. Di una pellicola spettacolare che dopo oltre trent’anni è sempre gaiarda e tosta come il suo creatore, uno dei maestri planetari indiscussi del fantasy horror: John Carpenter.

La sceneggiatura è firmata da Gary Goldman (che scriverà poi “Atto di forza”), David Z. Weinstein e W.D. Ritcher (che qualche anno prima aveva realizzato la sceneggiatura di “Terrore dallo spazio profondo” di Philp Kaufman remake della storica pellicola di Don Siegel “L’invasione degli ultracorpi“, nonché candidato all’Oscar per lo script di “Brubaker” di Stuart Rosenberg) ma si sente nei dialoghi e nelle azioni chiaramente anche la mano dello stesso Carpenter.

L’autista di bus turistici Egg Shen (il noto caratterista Victor Wong, volto caro a Carpenter e comprimario in molti film superficialmente etichettati di serie B come, per esempio, “Tremors”) viene interrogato da quelli che sembrano essere due agenti dell’F.B.I.. Shen è riluttante, sfugge alle domande sulla vera natura di quello che nelle ore precedenti ha sconvolto Chinatown. Ma quando gli agenti nominano Jack Burton, Shen cambia espressione…

Il camionista Jack Burton (Kurt Russell) arriva al porto di San Francisco col suo Tir. Dopo aver passato la notte a giocare d’azzardo col suo amico Wang Chi (Dennis Dun) decide di accompagnarlo all’aeroporto. Wang, infatti, deve andare a prendere la sua fidanzata Miao Yin (Suzee Pai), una ragazza cinese con gli occhi verdi. All’uscita del Gate però un gruppo di malviventi rapisce Miao Yin sotto gli occhi di Jack e Wang, che tra l’altro vengono ostacolati da Gracie (Kim Cattrall), una caotica attivista dei diritti civili, anche lei venuta a prendere una ragazza proveniente dalla Cina.

Per liberare Miao Yin, Jack e gli altri saranno costretti a entrare nel cuore sotterraneo e oscuro di Chinatown, dove da secoli si consuma una feroce battaglia fra il bene e il male…

Filmaccio senza esclusione di colpi in cui, a differenza degli altri capolavori di Carpenter come “Essi vivono”, “La cosa”, “1997: fuga da New York” o “Distretto 13 – Le brigate della morte”, il protagonista è un volitivo goffo sbruffone che si prende troppo sul serio, e non il classico cinico e disilluso eroe carpenteriano.

In oltre trent’anni, sul grande schermo ne sono passati tanti di validi e spettacolari film fantasy e horror, ma quelli di Carpenter, come questo, non perdono un grammo del loro fascino.

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