“Tavole separate” di Delbert Mann

(USA, 1958)

L’inglese Terence Rattigan (1911-1977) nel 1954 firma la commedia teatrale intimista “Separate Tables” che riscuote subito un ottimo successo, anche nei teatri d’oltreoceano. Hollywood se ne interessa, visto poi il forte legame fra Rattigan e il cinema che lo ha portato a firmare già varie sceneggiature e non solo di adattamenti di sue opere teatrali.

Assieme a John Gray e John Michael Hayes (autore di vari script di film poi diretti del maestro Alfred Hitchcock) Rattigan scrive la sceneggiatura che viene diretta da un grande artigiano della macchina da presa come Delbert Mann.

Il “Beauregard” è una piccola pensione a conduzione familiare situata nella località marittima di Bournemouth, nel sud della Gran Bretagna, che si affaccia sul canale della Manica. La pubblicità, che fa regolarmente sui giornali, sottolinea soprattutto la possibilità di desinare in tavole separate, peculiarità solo di un ambiente serio e riservato.

La titolare e inappuntabile direttrice è Pat Cooper (una bravissima Wendy Hiller, che per questa interpretazione vince l’Oscar come miglior attrice non protagonista) che conosce molto bene tutti i suoi ospiti, molti dei quali vivono lì ormai in maniera stabile.

Come ogni microcosmo, anche il “Beauregard” contiene quasi tutti gli strati sociali, a partire dalle aristocratiche Lady Gladys Matheson (Cathleen Nesbitt), Maud Railton-Bell (Gladys Cooper, che presterà il suo volto e la sua arte in pellicole come “I cinque volti dell’assassino” e “My Fair Lady” oltre che in tre episodi della mitica serie “Ai confini della realtà” di Rod Serling) e sua figlia Sibyl (una bravissima Deborah Kerr).

Poi c’è l’attempato ex maggiore Angus Pollock (David Niven) e i due studenti in vacanza Charles (un giovane Rod Taylor) e Jean (Audrey Dalton). Caso a parte è John Malcom (un gagliardo come sempre Burt Lancaster) giornalista e scrittore americano che ormai da quasi cinque anni vive nel piccolo albergo lontano dalla sua New York.

Fra la titolare della pensione e il giornalista americano è nato del tenero e proprio quando finalmente i due sembrano decisi a ufficializzarlo, arriva nell’albergo Ann Shankland (Rita Hayworth), ex modella e, soprattutto, ex moglie di Malcom.

Ma la calma apparente dell’albergo viene minata anche da altri ospiti, e soprattutto dai loro più inconfessabili segreti…         

Mann dirige una pellicola che tratteggia sapientemente, senza sconti per nessuno ma al tempo stesso con un accento finale d’ottimismo, la commedia umana, dove le cose più oscure e velenose sono le ipocrisie e il perbenismo e non certo le debolezze o le fragilità.

Un inno alla tolleranza girato tutto in studio, anche nei brevi e fugaci esterni, e fotografato in uno splendido bianco e nero che gli regala un’atmosfera surreale e indimenticabile.

Se il testo di Rattigan ancora oggi appare assai attuale, questo film lo rende ancora più efficace grazie anche ad un cast davvero stellare dove spiccano, oltre alla Hiller e a Lancaster, David Niven e Deborah Kerr che ci regalano due interpretazioni indimenticabili. I due, non a caso, furono candidati all’Oscar, ma solo Niven conquistò la statuetta.

“Nel mezzo della notte” di Delbert Mann

(USA, 1959)

Paddy Chayefsky (1923-1981) è stato un prolifico drammaturgo americano, nonché sceneggiatore di successo e vincitore di tre primi Oscar (per “Marty, vita di un timido” diretto da Delbert Mann nel 1956, “Anche i dottori ce l’hanno” firmato da Arthur Hiller nel 1972 e “Quinto potere” con la regia di Sidney Lumet nel 1977).

Visto il successo di “Marty – Vita di un timido”, Hollywood decide di portare sul grande schermo una delle sue commedie più di successo a Broadway, affidando la regia allo stesso Delbert Mann.

Jerry Kingsley (Fredric March) è un uomo di successo. Immigrato con la famiglia in America a soli quattro anni, è riuscito a diventare il proprietario di una delle sartorie più importanti di Manhattan. A cinquantasei anni si può permettere un lussuoso appartamento nei pressi di Central Park, un’automobile di marca e di aiutare economicamente le sue due figlie sposate.

Kingsley però da un paio d’anni è rimasto vedovo, e questo sembra aver sancito il termine definitivo della sua vita sentimentale ed emozionale. Vive ormai con la sorella maggiore, passando le serate nel laboratorio della sua sartoria o a cena da una delle sue figlie. Quando un piovoso pomeriggio passa a casa di Betty (Kim Novak) una delle sue segretarie, per ritirare dei documenti battuti a macchina; trovandola nel bel mezzo di una crisi di pianto dovuta la suo recente divorzio, decide di tenerle compagnia.

Anche se Betty ha ventiquattro anni, uno in meno di sua figlia minore, per Kingsley diventa subito il passaporto per un nuovo viaggio, e la sua esistenza torna ad avere un nuovo significato. Ma le rispettive famiglie e il resto del mondo non riescono a vedere oltre la congrua differenza di età e di disponibilità economica dei due…

Insolita e piacevole commedia, che ci parla di amore e ipocrisia con delicatezza e coraggio come poche altre pellicole sanno fare. Da ricordare le interpretazioni della Novak e di March, che durante le riprese aveva già 62 anni, sex symbol del cinema degli anni Trenta (interpretò il ruolo del marito decaduto e alcolista nel primo “E’ nata una stella” del 1937 scritto da Dorothy Parker) poi divenuto apprezzatissimo attore teatrale soprattutto del repertorio contemporaneo americano.

Il dvd riporta la versione restaurata in HD della pellicola. Anche se il sonoro, soprattutto nella parte finale, presenta qualche difetto, ci regala comunque le splendide voci di Emilio Cigoli, che doppia March, e Rosetta Calavetta che doppia la Novak, fra le voci più sensuali di quegli anni.

“Marty – Vita di un timido” di Delbert Mann

(USA, 1954)

Cominciamo col dire che questo è uno dei 100 film che porterei su un’isola deserta.

Marty (uno straordinario Ernest Borgnine) ha 34 anni, vive con la madre vedova e fa il macellaio, lavoro che dieci anni prima ha dovuto accettare per mantenere i suoi numerosi fratelli che adesso sono tutti sposati e sistemati.

La sua età e, soprattutto, il suo aspetto da orso lo rendono impacciato con le donne, e ogni giorno che passa la cosa diventa sempre più pesante visto anche che nessuno – a partire dalla madre – evita di ricordagli che uno dei primi doveri sociali di un uomo è quello di sposarsi.

Una sera, in un dancing, assiste per caso all’umiliante scaricamento di una ragazza “racchia” da parte di un arrogante cavaliere occasionale.

Per solidarietà fra “piombi” (così vengono definitivi nello slang del momento i pesi morti che nessuno vuole frequentare) Marty le si avvicina consolandola.

I due passeranno una serata indimenticabile, confrontandosi nell’intimo per la prima volta con un altro essere vivente che finalmente comprende le proprie più profonde debolezze.

Marty, prima di congedarsi, promette a Clara (una bravissima Betsy Blair) di richiamarla il giorno seguente per andare poi la sera al cinema.

Ma la mattina, già in chiesa e poi al bar, tutti lo prendono in giro per essersi fatto vedere accanto a una “racchia” del genere. Anche sua madre, per paura di essere relegata al ruolo scomodo di suocera invadente, lo convince a non richiamarla.

La purezza d’animo di Marty però riuscirà a salvarlo …il tutto raccontato in un magico bianco e nero d’epoca.

Da vedere e rivedere!

Questa bellissima pellicola, scritta da Paddy Chayefsky – che merita di essere vista ogni volta che si presenta l’occasione – ha fatto incetta di premi in tutto il mondo, a partire da 4 Oscar (fra cui uno meritatissimo a Borgnine e un altro a Chayefsky) e la Palma d’Oro a Cannes.

E aggiungo pure che secondo me Terrence McNally si è ispirato a questo film per scrivere la sua struggente commedia teatrale “Frankie and Johnny in the Clair de Lune”, che nel 1987 divenne uno dei maggiori successi off-Broadway, e che nel 1991 Garry Marshall portò sul grande schermo col titolo “Paura d’amare” con Al Pacino e Michelle Pfeiffer.

Da vedere.