“Ponyo sulla scogliera” di Hayao Miyazaki

(Giappone, 2008)

Per scrivere questo capolavoro della cinematografia mondiale il maestro Hayao Miyazaki si è ispirato a “Iyaiyaen”, pubblicato per la prima volta nel 1962 ed esordio della scrittrice giapponese Rieko Nakagawa – classe 1935, autrice molto amata dal grande cineasta – e illustrato da Yuriko Omura, ma soprattutto a “La sirenetta” di Hans Christian Andersen.

Il mare quindi è il centro della storia, e Miyazaki ci dice che il mare è donna, non a caso la madre di Ponyo è Granmammare, l’anima stessa dell’immenso blu che da tempo immemore è la culla della vita sul nostro Pianeta.

Come in molti altri film del genio dello Studio Ghibli, sono le donne ad avere il ruolo cruciale nella storia. Oltre a Ponyo, Sōsuke è circondato da figure femminili determinate e determinanti, come sua madre Risa, la stessa Granmammare e le signore ospitate nella casa di riposo dove lavora la stessa Risa.

Gli uomini, invece, hanno un ruolo secondario, come Fujimoto, il padre di Ponyo che prima di diventare un mago degli abissi era un essere umano e che, pensando di fare del bene, ostacola in ogni modo il desiderio della figlia di diventare umana, figlia che si ostina a voler chiamare Brunilde.

O come Kōichi, il padre di Sōsuke, che osserva la fantastica storia del figlio solo da lontano perché impegnato nel suo lavoro di marinaio. Miyazaki ci ricorda che la Natura è donna, così come il mare – che gli uomini continuano ottusamente ad inquinare… – e li si possono apprezzare e vivere a pieno solo con un cuore gentile e rispettoso come quello di Sōsuke, capace di ascoltare e assecondare con amore Ponyo.

Sull’aspetto di Ponyo e di Sōsuke circolano molte voci e teorie, come quella che quest’ultimo abbia i lineamenti da bambino di Goro Miyazaki, figlio del regista. Quello che è certo, e che lo stesso Hayao Miyazaki ha affermato più volte, è che in ogni piccolo protagonista delle sue pellicole c’è tanto di lui stesso da bambino, che sognava di vivere le avventure più fantastiche ed emozionanti.

Un grande, instancabile e completo artista capace di condividere i suoi sogni e le sue paure come pochi altri, il cui genio ricorda non a caso quelli di Steven Spielberg e George Lucas.

Una pellicola d’amore e di formazione come poche altre. Un altro capolavoro indiscusso che il maestro Miyazaki ha regalato al mondo.

La deliziosa canzone dei titoli di coda nella nostra versione è stata tradotta ed eseguita da Fabio Liberatori – ex componente degli Stadio, musicista molto amato da Lucio Dalla e autore di numerose colonne sonore di pellicole italiane, come per esempio quelle di Carlo Verdone – e sua figlia Sara.

“La regina delle nevi” di Lev Atamanov

(URSS, 1957)

Questo mediometraggio è uno dei più fulgidi esempi di quello che è stato il grande cinema d’animazione dell’Unione Sovietica, dove i suoi artisti (nel bene e nel male, ovviamente) venivano stipendiati direttamente dallo Stato, indipendentemente dai risultato al botteghino. Così gli autori di cartoni animati non avevano problemi di tempo o di consegne, e potevano permettersi di realizzare un film secondo le proprie esigenze artistiche e non sotto quelle rigide del mercato.

La storia ci dice come è andata a finire, purtroppo ( …o fortunatamente) il mercato detta legge, comanda ed è implacabile. Tralasciando tutte le discussione socio-economiche sul crollo dell’URSS, sta di fatto che oggi sarebbe impensabile realizzare un film d’animazione così: senza scadenze ma solo seguendo il genio dei suoi autori (…sob!).

E allora godiamoci questo capolavoro indiscusso della cinematografia mondiale che vinse a Venezia il Leone d’Oro per l’animazione, e che si ispira fedelmente a uno dei capolavori del maestro danese Hans Christian Andersen.

Seguiamo così le vicissitudini della piccola Gerda disposta a tutto pur di ritrovare il suo amico del cuore Kai, rapito dalla perfida e glaciale regina delle nevi. Ogni avventura della piccola è un viaggio fantastico creato da artisti dell’animazione unici.

Per rendere l’idea di quanto questo capolavoro abbia influenzato il mondo dell’animazione basta ricordare che il maestro giapponese Hayao Miyazaki ha sempre affermato di aver iniziato a lavorare nell’ambito dei cartoni animati proprio dopo averlo visto in gioventù.

Nessuno si offenda, ma la bellezza di questa pellicola – che visivamente ancora oggi continua a essere fonte di ispirazione – annulla tutte le successive versioni cinematografiche della favola di Andersen.