“From Hell” di Alan Moore e Eddie Campbell

(Italia Magic Press Edizioni, 2017)

Pubblicato per la prima volta nel 1991, questo romanzo grafico è uno dei più famosi in tutto il mondo.

Pochi anni dopo la libera pubblicazione dei documenti secretati per un secolo dalla Polizia di Sua Maestà britannica, Alan Moore ed Eddie Campbell ricostruiscono gli avvenimenti che – molto probabilmente – si celarono dietro gli efferati e sanguinari omicidi nella Londra vittoriana della fine del XIX secolo, il cui autore – ancora ufficialmente ignoto – venne chiamato dai media “Jack lo squartatore”.

Nell’autunno del 1888 la capitale dell’impero britannico viene insanguinata da quattro atroci delitti di donne i cui corpi vennero letteralmente massacrati e mutilati. Dietro tanta efferatezza, Alan Moore autore del testo, ci identifica le alte sfere dell’impero, arrivando addirittura a indicare come mittente la regina Vittoria, disposta a tutto pur di salvare l’onorabilità di suo nipote, il principe Edoardo, e della corona tutta.

Proprio l’erede al trono Edoardo, libertino e bisessuale, poco prima aveva sposato clandestinamente una giovane ragazza del popolo della quale era innamorato, e da lei aveva avuto un figlio. Quando la notizia arriva alle orecchie di Sua Maestà, questa fa rinchiudere subito in un manicomio la ragazza dopo averla fatta lobotomizzare, spedisce il piccolo anonimamente in un orfanotrofio, e incarica il suo medico personale William Gull di far tacere per sempre le quattro amiche della povera sventurata, le uniche che sono a conoscenza della vicenda.

Gull, esperto chirurgo, che però inizia ad avere i primi segni di squilibro mentale, prende il compito come una missione divina, confondendo l’omicidio di alcune povere sventurate, con qualcosa di “sacro” che lo eleverà moralmente e spiritualmente. Ma il “potere” è dalla sua parte, e gli permetterà di godere di una incredibile immunità con relativi depistaggi da parte di alcuni uomini cruciali di Scotland Yard, tutti legati inesorabilmente alla corona e alla massoneria. Solo l’ispettore Abberline intuisce il vero movente…

Strepitoso, gotico e indimenticabile, questo libro è senza dubbio fra i più riusciti esempi di romanzo grafico mai pubblicati. Non a caso l’inglese Alan Moore (classe 1953) è considerato uno degli autori più poliedrici di spicco degli ultimi decenni avendo al suo attivo, oltre questo tomo, i testi di libri – che poi sono stati adattati per il grande e il piccolo schermo – come: “V per Vendetta”, “Watchmen”, “La Lega degli Straordinari Gentlemen” e “Batman: The Killing Joke”.

Il libro contiene anche due appendici. La prima descrive tutte le fonti, per ogni capitolo, da cui è partito Moore per scrivere i suoi testi. La seconda, che si intitola “La Danza degli Acchiappa-polli”, è dedicata a chi, nel corso degli anni, ha millantato di conoscere la verità su Jack lo squartatore, molto spesso per il proprio tornaconto personale, a partire da alcuni giornalisti contemporanei ai fatti del 1888, che senza il minimo scrupolo sfruttarono la vicenda per vendere più copie. D’altronde il Re Stephen King ha intitolato un suo racconto – e la racconta che lo contiene – “Se scorre il sangue“, proprio dal cinico detto giornalistico “Se scorre il sangue si vende”.

Nel 2001 Albert e Allen Hughes dirigono lo splendido adattamento cinematografico “La vera storia di Jack lo squartatore” con un bravissimo Johnny Depp nei panni di Abberline e il grande Ian Holm in quelli di Gull.

“Il mangione” di Tonino Benacquista e Jacques Ferrandez

(Q Press, 2006)

Pubblicato in Francia nel 1998 con il titolo originale “L’outremangeur”, questo breve romanzo grafico è senza dubbio fra i più originali e insoliti del panorama europeo, e non solo.

L’integerrimo ed efficientissimo commissario Richard Selena ha un doloroso segreto che lo opprime ogni giorno. L’unico modo per riuscire ad andare avanti è quello di mangiare, mangiare tutto quello che il suo stomaco può contenere.

Così, col passare del tempo, ha raggiunto i 160 chili di peso. Ma se il cibo gli ha reso la vita apparentemente più sopportabile, ormai ogni boccone gliela sta accorciando. Il suo cardiologo, infatti, dopo l’ultima visita gli ha dato al massimo due anni di vita a causa proprio del suo peso e della sua condotta quotidiana.

Nel gruppo di supporto per obesi che frequenta, Selena è l’unico che non vuole parlare mai, ma ascolta attentamente i racconti dolorosi degli altri.

Sulla sua scrivania arriva il caso dell’omicidio di Victor Lachaume, dirigente di una nota ditta del porto, trovato morto nel suo appartamento. Mentre tutti gli altri investigatori pensano ad un movente legato agli affari marittimi dell’uomo, Selena si concentra su Elsa, la bella e giovane nipote dell’armatore, figlia del fratello defunto in un incidente automobilistico qualche anno prima.

Dopo alcuni riscontri, fra cui quello di un capello ritrovato sul luogo del delitto e uno che lo stesso commissario ha prelevato direttamente dalla testa della giovane, non sembrano esserci più dubbi: Elsa ha ucciso suo zio.

Ma Selena non la denuncia anzi, contravvenendo a come si è sempre comportato durante tutta la sua carriera, la ricatta: per non finire in prigione lei dovrà passare a casa sua tutte le sere per un anno, fra le ventuno e le ventitré, per cenare con lui.

La giovane rimane allibita, ma è costretta ad assecondare il commissario pur di non finire in galera. Certa che la cena si trasformerà in qualcosa di molto più materiale e sessuale, Elsa si presenta la sera a casa Selena dove, invece, trova la tavola imbandita. Alle ventitré, appena finito di desinare e senza che ci sia stato il minimo contatto fisico, Selena la congeda.

Gli incontri quotidiani provocano in Elsa stupore e confusione, mentre per Selena sono il motivo per trovare tutto il coraggio necessario per cambiare e non vivere più il momento del pasto come qualcosa di violento e vergognoso. Così, col passare del tempo, le cene fra Elsa e Richard diventano sempre più piacevoli e intime, ed il commissario inizia a sensibilmente a perdere peso. Ma…

Storia insolita di un amore molto particolare, che nasce da quello che un uomo, davanti al bivio più inesorabile, sceglie di ritrovare verso se stesso, che per fin troppo tempo ha punito e umiliato.

I testi di questo romanzo grafico sono di Tonino Benacquista (1961), figlio di immigrati italiani che, dopo aver fatto numerosi e diversi mestieri come il cameriere in pizzeria o il cuccettista sulla linea Parigi-Roma, esordisce negli anni Ottanta nella narrativa noir francese. In relazione a questa storia ha dichiarato che: “necessitava assolutamente di essere raccontata con le immagini”.

I disegni, invece, sono di Jacques Ferrandez (1955) che è noto, fra le altre, per le storie grafiche della serie “Gente di paese”. 

Nel 2003 Thierry Binisti dirige lo sfizioso adattamento cinematografico “L’outremangeur” con, nei panni di Selena, l’ex calciatore Eric Cantona.    

“You Like It Darker – Salto nel buio” di Stephen King

(Sperling & Kupfer, 2024)

Eccoci davanti a nuovi racconti firmati dal grande Stephen King.

Questa raccolta ne contiene dodici, di cui due, “L’incubo di Danny Coughlin” e “Serpenti a sonagli” più lunghi degli altri. Forse non è un caso che proprio questi due, assieme a “Laurie” e a “L’Uomo delle Risposte”, siano fra i miei preferiti.

Il libro si apre con “Due bastardi di talento” in cui il Re ci racconta la storia – assai …particolare – di uno scrittore e di un pittore di successo planetario, nati e cresciuti nello stesso piccolo paesino fra i monti americani che, superati i quarant’anni, hanno iniziato a produrre opere che sono diventate fra le più lette e le più pagate del panorama artistico americano.

“Il quinto passo” e “Willy lo Strambo” sono due racconti brevi nella classica e tagliente tradizione del Re, che ci sa narrare come pochi dei mostri più pericolosi di tutti: gli esseri umani. Riassumere anche la solo trama sarebbe un’inutile anticipazione, sia nel rispetto di chi li ha scritti, sia soprattutto, per chi li vuole leggere: vanno assaporati e basta.

“L’incubo di Danny Coughlin”, che è il primo dei due lunghi, ci racconta lo stesso King, che gli è venuto in mente mentre si stava vestendo e si osservava allo specchio allacciarsi la camicia. Danny Coughlin è il custode di una scuola nella sconfinata provincia americana. Ha un passato da alcolista, che gli è costato il matrimonio e una diffida che la sua ex moglie ha chiesto dopo che una sera è stato a strillare sbronzo sotto la sua finestra. Una notte Danny “sogna” i resti del corpo di una ragazza, resti che stanno per essere divorati da un randagio. Il corpo è presso una vecchia stazione di servizio Texaco abbandonata, non lontano da una piccola località in un altro stato, luogo che riconosce, ma dove non ha mai messo piede in vita sua. La curiosità è incontenibile e così Danny, in un giorno di riposo, decide di andare a vedere se quel corpo esiste davvero…

“Finn” è forse il più ironico fra i dodici, ed il protagonista è un ragazzo da sempre sfortunato, tanto da finire nelle mani di una gang criminale e sanguinaria, per un banale quanto inesorabile scambio di persona. 

In “Lungo Slide Inn Road” l’intera famiglia Brown – Frank il padre, Corinne la madre e i due piccoli Billy di undici e Mary di nove anni – stanno accompagnando il padre di Frank a Derry, per salutare la sorella Nan, afflitta da un cancro allo stato terminale. Per fare prima Frank decide di assecondare il desiderio del padre e prendere la vecchia Slide Inn Road, una scorciatoia che deve il suo nome all’albergo Slide Inn che molti anni prima venne distrutto da un incendio. Proprio nei pressi dei ruderi solitari dell’hotel l’auto frana in un piccolo fosso e i due bambini ne approfittano per andare a vedere di persona le vecchie rovine…

“Lo schermo rosso” e “L’esperto di turbolenze” potrebbero essere tranquillamente i soggetti per altrettanti episodi cult dell’indimenticabile serie tv “Ai confini della realtà” di Rod Serling e, come per “Il quinto passo” e “Willy lo Strambo”, accennare anche solo la trama toglierebbe senza dubbio il gusto della prima lettura.

“Laurie” è la storia del rapporto profondo fra Lloyd Sunderland e il suo giovane cane Laurie. Lloyd è rimasto vedovo da circa sei mesi, dopo oltre quarant’anni di matrimonio, e così sua sorella Beth gli porta un cucciolo preso in un canile, dove sarebbe destinato alla soppressione. Si tratta di una femmina nata dall’incrocio fra un terrier e un mudi. All’inizio Lloyd non ne vuole sapere di tenerla, ma col passare dei giorni… In questo breve racconto il Re ci parla in maniera molto dolce e sincera del rapporto fra un essere umano e il suo cane, come sa fare solo un grande scrittore, vero amante del suo amico fedele a quattro zampe.    

Nel 1981 il pubblico americano – e poi quello mondiale – venne terrorizzato dal romanzo di King “Cujo”, in cui un placido e giocherellone cane sanbernardo di oltre settanta chili, dopo essere stato morso da un pipistrello, diventa un rabbioso e feroce assassino che assedia senza tregua Donna Trenton e il suo piccolo figlio Tad, bloccati in una automobile in panne sotto il sole torrido estivo. “Serpenti a sonagli” ci porta oltre quattro decenni dopo da Vic Trenton, padre di Tad e marito di Donna, che sta passando qualche settimana ospite nella lussuosa villa del suo amico Greg a Rattlesnake Key, una delle Florida Keys. Greg era, come Vic, un pubblicitario di successo prima di andare in pensione. In quel periodo dell’anno – l’estate – la piccola isola è quasi disabitata dato il clima torrido e umido, così solo un’altra villa è abitata da una persona. Si tratta di Allie Bell, poco più giovane di Vic, che ha la peculiarità di girare sempre spingendo un passeggino per gemelli vuoto. O meglio, senza alcun bambino sopra, ma con degli indumenti da bambini appoggiati sulle sedute. Vic è stato avvertito in precedenza da Greg di quella “stranezza” della donna, legata al trauma per la morte dei suoi due figli gemelli, avvenuta oltre quarant’anni prima, proprio su quell’isola che allora era infestata dai serpenti a sonagli…  Una bellissima e dolorosissima riflessione sulla vita che inesorabilmente passa, sui suoi drammi, sulle sue tragedie e, soprattutto, sulla capacità – fondamentale per proseguire con più dignità possibile la propria esistenza – di lasciarle andare, che non vuol dire certo però dimenticarle.

“I sognatori”, ambientato agli inizi degli anni Settanta, ha come protagonista il veterano del Vietnam William Davis, e possiede più di un riferimento, non solo d’atmosfera, al romanzo “L’incendiaria” che King scrisse nel 1980.

La prima parte de “L’Uomo delle Risposte” King la scrisse molti anni fa, e solo di recente suo nipote ne trovò la bozza originale e, considerandola valida, gli propose di terminarla. Così ci troviamo nel 1939 quando Phil Parker deve prendere una decisione che sicuramente segnerà la sua vita: accettare il posto sicuro nello studio legale di suo padre e del suo futuro suocero, o seguire il suo istinto e aprirne uno nuovo nella piccola cittadina agricola di Curry, forse destinata ad espandersi. Mentre guida la sua vecchia auto, che ospita nel sedile posteriore la sua laurea nuova di zecca appena presa ad Harvard, Phil nota, sul ciglio della strada di campagna che sta percorrendo, un cartello che avverte che: “L’Uomo delle Risposte è a sole tre miglia di distanza”. Poi ne scorge uno con la scritta “1,5 miglia” e finalmente quello con solo “L’Uomo delle Risposte” sotto il quale è seduto un anonimo tizio di mezz’età all’ombra di un ombrellone. Dopo qualche istante di incertezza Phil decide di concedersi il lusso di questa sorta di “illusione” e, scettico, si siede al tavolo pronto a pagare per avere a disposizione 5 minuti in cui fare tutte le domande che vuole. Ma l’Uomo delle Risposte lo avverte: attenzione a cosa si chiede, se non si è sicuri di voler ascoltare davvero le risposte…    

Dodici racconti che parlano di dolore, di perdita e di scelte definitive, con la classe e la potenza narrativa che solo il maestro Stephen King è capace di regalarci. Da leggere, ricordandosi sempre che i racconti hanno pari dignità dei romanzi, almeno fuori dai confini letterari del nostro Paese.  

Per la chicca: il titolo originale della raccolta è ispirato alla canzone di Leonard Cohen “You Want It Darker”. 

“Il buio e il miele” di Giovanni Arpino

(Rizzoli, 1969)

Giovanni Arpino (1927-1987) è stato scrittore, poeta e giornalista fra i più rilevanti del Novecento italiano. Nonostante la sua prematura scomparsa avvenuta a sessant’anni – e provocata dalla sua forte dipendenza dal fumo – ci ha lasciato numerose opere fra cui romanzi, raccolte di poesie e di racconti, libri per ragazzi, sceneggiature e opere teatrali.

Partecipa, per esempio, alla redazione della sceneggiatura di “Renzo e Luciana”, splendido episodio diretto da Mario Monicelli e contenuto in “Boccaccio ‘70”, tratto da un racconto di Italo Calvino. Per la sua scrittura, spesso molto essenziale, ma soprattutto per la sua grande creatività, il cinema ha attinto sovente alla sua penna.

Nel 1969 pubblica il romanzo che poi, adattato per il grande schermo, riscuoterà il maggiore successo di tutti: “Il buio e il miele”.

A un giovane studente, che sta per terminare il servizio di leva, viene affidato il compito di assistere e accompagnare per una settimana, come se fosse un attendente, Fausto G., un capitano dell’esercito rimasto gravemente disabile a causa di un incidente avvenuto quasi dieci anni prima, durante un’esercitazione militare.

Il capitano, per l’esplosione accidentale di una granata, ha perso la vista e una mano, oltre a rimanere terribilmente sfigurato. Da Torino vuole andare prima a Genova, poi a Roma ed infine a Napoli. Nella capitale ha un appuntamento con suo cugino, che è un sacerdote, mentre a Napoli con il tenente Vincenzino V., suo commilitone che gli era vicino al momento dell’esplosione e che ha perso la vista anche lui.  

L’impatto, per il giovane militare di leva, è molto duro perché Fausto, che non si è mai sposato e vive con un’anziana cugina quasi recluso nella sua grande abitazione – dove la sua compagna più fedele è una bottiglia di whisky – non fa sconti a nessuno, e sa riversare la sua incontenibile rabbia contro se stesso così come contro gli altri, che provoca e sfotte senza remore tutte le volte che può, soprattutto con chi tenta di compatirlo o, ottusamente, di assecondarlo. Impone subito al ragazzo il nome Ciccio, che lui da a tutti i suoi attendenti “temporanei”.

Nella notte che i due passano a Genova – dove nel pomeriggio il capitano gli ha chiesto, fornendo precise indicazioni, di trovargli una prostituta – il giovane scopre una rivoltella nascosta nel bagaglio dell’ufficiale. A Roma la visita al prelato è senza dubbio più tranquilla, mentre nella città partenopea, dove Fausto è ospitato nella grande casa di Vincenzino, che ha un’ampia terrazza sul mare, si inizia ad organizzare una festa.

Oltre al padrone di casa e al suo capitano, partecipano alcune ragazze che sono le figlie adolescenti – e alcune loro amiche – della proprietaria del ristorante poco distante, dove regolarmente mangiano Vincenzino e i suoi ospiti. Fra queste c’è Sara che da sempre, anche da prima dell’incidente, e nonostante la sua giovane età è innamorata perdutamente di Fausto, che invece la rifiuta, allontanandola tutte le volte, e spesso umiliandola.

Ma il vero motivo del viaggio di Fausto a Napoli, Ciccio e Sara lo comprenderanno solo nel cuore della notte…

Originale, emotivamente crudo e indimenticabile romanzo che ci racconta la rabbia di un uomo disperato che odia più di tutto la vita, ma che ad essa rimane aggrappato con ogni briciolo di forza. Davvero un libro unico e struggente.

Nel 1974 Dino Risi scrive, insieme a Ruggero Maccari, e poi dirige il suo primo adattamento cinematografico che prende il titolo: “Profumo di donna”, con uno straordinario Vittorio Gassman nel ruolo di Fausto, Alessandro Momo in quello di Ciccio e Agostina Belli in quello di Sara, ruolo che la rende famosa.

Nel 1992 Martin Brest firma “Scent of a Woman – Profumo di donna” ispirato al film di Risi e tratto da romanzo di Arpino, scritto da Bo Goldman – due volte vincitore del premio Oscar per gli script di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e “Una volta ho incontrato un miliardario” – con un grande Al Pacino che vince l’Oscar come migliore attore protagonista.

Purtroppo questo libro è fuori catalogo da decenni e nel nostro Paese (…nonostante questo vanti una folta schiera di esperti, dotti e preparatissimi “addetti ai lavori”) è possibile reperirlo, non troppo facilmente, solo nell’universo dell’usato. E’ disponibile nel formato audiolibro o in versione kindle, anche se alcuni benpensanti storcono ancora il naso davanti a cotanta arrogante tecnologia…  

“Quando muori resta a me” di Zerocalcare

(Bao Publishing, 2024)

Il senso di colpa per Zerocalcare, e purtroppo per molti di noi, è un elemento fondante della vita quotidiana.

Così l’autore ci racconta la storia di un breve viaggio compiuto recentemente con suo padre, che per lui ha l’aspetto e il nome di Ping Ping – ispirato direttamente all’omonima anatra della saga del cinema d’animazione di “Kung Fu Panda” e che è uno dei due padri del protagonista Po – nel piccolo paesino delle Dolomiti, località natale della sua famiglia.

Il viaggio, come tutti quelli dentro noi stessi, sarà faticoso, esasperante e soprattutto doloroso, e Zarocalcare dovrà affrontare antiche ferite ancora non del tutto disinfettate, come la separazione dei propri genitori avvenuta durante la sua infanzia.

E come unico e grande filo conduttore c’è sempre lui: l’inesorabile e sempre affilato senso di colpa che col passare del tempo – e con l’arrivo del successo – diventa sempre più famelico e implacabile, e che riesce a superare lo spazio e il tempo coinvolgendo diverse generazioni. E per questo, forse, il “buon vecchio” armadillo non basta più…

Non a caso, nella quarta di copertina di questo libro, c’è riportata la frase che lo stesso autore ci sussurra con rabbia fra le pagine: “A scuola ti insegnano Felice – Triste – Arrabbiato. Il senso di colpa non te lo spiega nessuno.”

Zerocalcare, al secolo Michele Rech, ci regala un altro godibilissimo e doloroso libro sulla sua vita e sulla nostra società che, soprattutto in questo periodo, non ama guardarsi troppo nello specchio. Tutto condito e saporito da un’ironia irresistibile e graffiante, che ci rende il viaggio più tollerabile, proprio come quello della vita.

Per questo considero Zerocalcare uno dei veri eredi – ammesso che ce ne siano altri – di quello che è stato in assoluto uno dei maestri della nostra – …e non solo – cultura del Novecento, che in una battuta o in una breve frase riassumeva l’anima e i vizi del nostro Paese: Ennio Flaiano.

“La principessa di ghiaccio” di Camilla Läckberg

(Marsilio, 2010)

Erica Falck ha perso solo poche settimane fa i suoi genitori per un banale, quanto mortale, incidente automobilistico. E’ tornata a Fjällbacka, la cittadina balneare della Svezia occidentale, dove è cresciuta assieme a sua sorella minore Anna.

Di lavoro Erica fa la scrittrice e ormai si è trasferita da tempo a Stoccolma, così tornare nella piccola località dove è cresciuta ha un sapore particolare, soprattutto d’inverno. Questa volta, poi, camminare e frugare nelle stanze della grande casa sul mare è ancora più emozionante e struggente, visto che sua sorella Anna, che è sposata e ha due figli piccoli, una volta ereditata intende venderla.

Ma Erica è costretta a soprassedere al suo dolore, visto che scopre il corpo senza vita di Alexandra Wijkner, sua inseparabile amica d’infanzia, che però da quasi venticinque anni non vedeva. Alexandra si è tagliata le vene nella vasca da bagno della sua casa, poco distante da quella di Erica.

La donna è morta già da qualche giorno e la caldaia della sua casa deve essersi spenta, così il corpo é completamente ghiacciato come l’acqua della vasca. Per Erica è un nuovo trauma, anche se Alex, così come la chiamava da bambina, era sparita dalla sua vita improvvisamente, senza dare spiegazioni. A dodici anni si era trasferita a Göteborg con la sua famiglia senza nemmeno salutarla.

Nel commissariato di Fjällbacka lavora Patrik Hedström, anche lui nella cerchia dei bambini prima e ragazzi poi che frequentava Erica prima di trasferirsi a Stoccolma. Tutta la cittadina costiera sembra riprendersi dal triste evento, ma il medico legale, dopo l’autopsia, esclude categoricamente che si tratti di suicidio: Alexandra è stata prima narcotizzata e poi sistemata nella vasca dove le sono state tagliate le vene. Inoltre, dice il referto, era nei primi mesi di una gravidanza.

Erica e Patrick, nonostante le evidenti difficoltà e una reciproca attrazione, decidono di indagare insieme…

Primo giallo della serie “I delitti di Fjällbacka” con la coppia Erica Falck e Patrik Hedström che acquisterà fama internazionale, diventando anche il soggetto di vari adattamenti televisivi. Camilla Läckberg (classe 1974) è considerata, giustamente, una delle autrici di spicco nel panorama del giallo noir scandinavo e quindi planetario.

Con questo suo primo libro crea due personaggi originali e complementari che accompagnano piacevolmente il lettore fino alla risoluzione, sempre dolorosa, del caso. Personalmente la considero una delle vere eredi dei maestri Maj Sjöwall e Per Wahlöö, che nel 1965 creano l’ispettore Martin Beck, fondando di fatto il nuovo giallo contemporaneo, non solo scandinavo.

Come i suoi maestri, infatti, anche Camilla Läckberg ci racconta una storia tragica, dove è una certa parte della società – quasi sempre la più opulenta e perbenista – che costringe moralmente e materialmente il colpevole di turno ad agire non vedendo altre vie di fuga o possibilità di sopravvivere fisicamente, emotivamente e socialmente.

Una società spietata piena di barriere e muri, non può che creare individui spietati.

“Ratto” di Stephen King

(Sperling & Kupfer, 2020)

“Ratto”, ultimo in ordine di pubblicazione dei quattro racconti: “Il telefono del signor Harrigan“, “La vita di Chuck” e “Se scorre il sangue” che dona il titolo alla raccolta, chiude la raccolta firmata dal maestro Stephen King nel 2020.

Drew Larson è un discreto professore di letteratura che ha un passato di autore di racconti di tutto rispetto. Alcuni suoi scritti, infatti, hanno attirato le attenzioni di prestigiose riviste facendolo diventare una delle più interessanti “promesse” letterarie del Paese.

Così Drew, qualche tempo prima, ha sentito il desiderio di scrivere un romanzo per provare a se stesso di essere quella promessa mantenuta. Ma, dopo un discreto inizio, la pagina bianca – o se preferite il monitor bianco – che si ritrovava inesorabilmente davanti agli occhi lo ha fatto vacillare e alla fine crollare, lasciandolo in preda ad un grave esaurimento nervoso.

Nel 2018 Drew si sente pronto ad affrontare una nuova sfida, visto che nella testa gli è venuta un’idea molto originale e assai intrigante per un romanzo western, e per questo si è preso un anno sabbatico dall’insegnamento. Ma sua moglie Lucy entra subito in agitazione, visto poi che Drew vuole andare a scrivere nella sua vecchia casa fra i boschi ad una certa distanza da TR-90, un agglomerato agricolo a molte ore di macchina da casa.

La vecchia abitazione, che lo scrittore ha ereditato da suo padre, è poco più che un capanno isolato fra i monti, che lui negli ultimi anni lui ha affittato nel periodo estivo per contribuire al bilancio familiare. Ma proprio la lontananza da tutto lo rende per Drew il posto ideale, lontano da sua moglie e dai suoi figli piccoli.

Nonostante le proteste di Lucy, Drew parte e dopo molte ore di viaggio raggiunge TR-90. Come è stato sempre abituato a fare, si ferma nell’ultimo emporio disponibile per fare la spesa necessaria per almeno una settimana, e poi prende la strada sterrata che lo porta alla sua vecchia casa.

Come promesso telefona a Lucy per avvisarla di essere arrivato e poi inizia subito a scrivere. Questa volta le pagine bianche non hanno il tempo di turbarlo visto che le idee che gli vengono sono sempre più numerose e originali. Dopo la prima notte passata nella casa, Drew comincia a non sentirsi bene e capisce di aver preso quella brutta influenza che aveva il padrone dell’emporio. Ma il libro procede a meraviglia e così Drew assume due aspirine e continua a scrivere.

Col passare delle ore l’influenza diventa sempre più forte e Lucy, intuendola dalla sua voce al telefono, gli chiede di tornare a casa. Ma Drew non ha alcuna voglia di abbandonare il libro che sembra davvero scriversi da solo. A mettere l’uomo ancora più sotto pressione ci pensa una tempesta di vento e pioggia che si sta dirigendo proprio verso TR-90, che quasi certamente renderà inagibile la strada sterrata che porta al capanno. Lucy gli impone di tornare a casa prima dell’arrivo della perturbazione, ma Drew non intende cedere.

Qualche ora dopo, in preda alla febbre alta e mentre la prima pioggia violentemente inizia a sbattere sul tetto e sulle finestre della vecchia casa, Drew comincia a temere di aver commesso un grave errore perché, improvvisamente, la pagina del suo monitor rimane inesorabilmente bianca. La fragorosa tempesta che si abbatte senza pietà sul capanno, facendo tremare le sue vecchie fondamenta, sembra urlargli nelle orecchie il suo fallimento. Ma un vecchio e malconcio peluche a forma di topo, che qualche inquilino estivo ha dimenticato in una vecchia cesta, sembra fissarlo con interesse, come se volesse parlagli…                 

L’impotenza creativa è uno dei temi cari al maestro Stephen King – “Shining” o “Misery non deve morire” sono solo due fra i più famosi esempi – e anche in questo racconto il Re ci parla senza sconti e con grande efficacia dei sacrifici e dei compromessi che uno scrittore deve fare con se stesso, e con i propri cari, per poter portare a termine un’opera, senza far spegnere la sacra fiamma dell’ispirazione che a volte può essere imponente come un fiume o, molto più spesso, flebile come una candela che sta per spegnersi.

Da leggere, per chi ama scrivere.

“Traditori di tutti” di Giorgio Scerbanenco

(La Nave di Teseo, 2022)

Nello stesso anno dell’uscita dello splendido “Venere privata”, il 1966, e visto il suo clamoroso successo, Giorgio Scerbanenco scrive e pubblica il suo seguito. O meglio, l’autore crea una nuova avventura per il protagonista Duca Lamberti, un ex medico che è stato radiato dall’Ordine perché ha aiutato una paziente terminale, preda di atroci sofferenze, a morire.

Ma Lamberti ha l’indole del segugio di razza, e così il dirigente della Pubblica Sicurezza Carrua, conosciuto durante il caso precedente, si fida di lui. Per questo, quando Lamberti gli confida che, in qualità di ex medico, è stato avvicinato da Silvano Solveni, un ambiguo figuro che gli ha offerto un mucchio di soldi per effettuare un piccolo intervento clandestino nei genitali di una donna, affinché questa possa far credere al suo promesso sposo di essere illibata, Carrua lo asseconda e gli assegna come aiutante il giovane poliziotto Mascaranti.

E’ vero che l’aborto in Italia è ancora illegale – …era ancora tragicamente così – assieme ad una serie di altri interventi, ma i soldi offerti dal Solveni sono davvero troppi, e così Duca Lamberti intuisce che sotto ci siano anche altri loschi e remunerativi traffici.

Per questo, insieme a Mascaranti, farà un viaggio nella parte più oscura e violenta di una città che in pochi anni ha subito una trasformazione epocale grazie – …o forse a causa – del famigerato Boom economico, dove la grande criminalità organizzata, che ha tentacoli anche oltre i nostri confini nazionali, trova terreno fertile per nutrirsi e proliferare.

E non solo fra le periferie strapopolate, l’ombra del crimine è ormai arrivata anche nelle grandi ed eleganti strade del centro di Milano, alcune delle quali progettate perfino da Leonardo Da Vinci, che si bagnano di sangue.

Giorgio Scerbanenco firma un ottimo e attualissimo noir italiano, che racconta una storia italiana i cui protagonisti sono esseri umani, con tutti i loro pregi e i tanti limiti, proprio com’era negli anni Sessanta – …e come è oggi – il nostro Paese.

Questo libro è anche fra i più efficaci documenti storici letterari dell’Italia che cambia sulla scia del secondo dopoguerra, passando da una criminalità casalinga meneghina chiamata “ligera”, che possedeva comunque un suo antico codice, a quella infinitamente più violenta e sanguinaria, senza scrupoli e senza remore, che si legherà in maniera sanguinosa anche al traffico di stupefacenti, soprattutto nei decenni successivi.  

L’autore, prima della sua repentina scomparsa, dedicherà altri due volumi a Lamberti: “I ragazzi del massacro” (1968) e “I milanesi ammazzano al sabato” (1969).

Da leggere, come tutte le opere del maestro Giorgio Scerbanenco.

“Pioggia” di William Somerset Maugham

(Adelphi, 2013)

Questo volume raccoglie due racconti di William Somerset Maugham (1874-1965), fra i più famosi autori britannici del Novecento, ambientati nelle isole del Pacifico, allora protettorati europei.

Il primo “Pioggia”, che dona il titolo al libro, è certamente il più famoso e struggente. Da esso – che all’inizio l’autore aveva intitolato “Miss Thompson” – John Colton e Clemence Randolph trassero lo spunto per l’opera teatrale “Rain” che, a partire dal 1928, venne adatta anche per il grande schermo tre volte. A vestire i panni della protagonista furono, infatti, Gloria Swanson nel 1928, Joan Crawford nel 1932 e Rita Hayworth nel 1953.

Il dottor Macphail e sua moglie viaggiano su un battello diretti all’isola di Apia, nel sud del Pacifico, e con loro viaggiano i coniugi Davidson, una coppia di missionari. Il cielo è diventato scuro ed è iniziata una pioggia inesorabile e claustrofobica che colpisce tutta la regione. Il maltempo, che preannuncia tempeste violente in arrivo, costringe il battello ad approdare a Pago Pago, dove tutti i viaggiatori dovranno aspettare il passaggio della burrasca.

I Macphail e i Davidson vengono ospitati nell’unico piccolo albergo dell’isola, dove l’ultima camera disponibile viene data all’americana Miss Sadie Thompson. L’inesorabile rigore morale del signor Davidson e la stretta convivenza, in breve tempo, indispongono il dottor Macphail, e la situazione degenera quando l’attività di Miss Thompson echeggia prepotentemente in tutto il piccolo albergo. La donna, infatti, per vivere fa la prostituta e nella sua camera organizza continui party a base di alcol e musica del suo grammofono, in cui sono invitati i marinai del porto.

Furente e scandalizzato, Davidson si rivolge al proprietario dell’albergo prima, e al governatore dell’isola poi, che alla fine è costretto ad espellere la donna imponendole di rimpatriare appena la burrasca sarà passata. La Thompson cade nella disperazione più assoluta, visto che quando sbarcherà a San Francisco verrà immediatamente arrestata per la sua professione.

Fiero della sua vittoria, Davidson accetta il pentimento della donna e inizia a passare sempre più tempo nella sua stanza per redimerla definitivamente…

L’epilogo di questo racconto, che naturalmente non rivelo, è uno dei più belli e graffianti scritti da Somerset Maugham, che con pochi vocaboli riesce perfettamente a sottolineare l’ottusità, la cattiveria e l’ipocrisia di alcuni atteggiamenti, molto spesso figli del più becero perbenismo dettato dalla repressione. Non a caso lo scrittore era nato nell’Inghilterra vittoriana, dove spesso le gambe di poltrone e tavoli venivano scrupolosamente coperte per …non indurre in tentazione.

Il secondo racconto “Il reprobo”, ci parla sempre di ipocrisia e perbenismo ma con toni molto più leggeri e divertenti. Sempre nel sud del Pacifico ci sono le Alas, un gruppo di isole per la maggior parte basse e boscose, allora protettorato della corona olandese. Nell’isola principale, che si chiama Baru, ci sono la residenza e gli uffici del Contrôleur – una sorta di ispettore generale – Mynheer Evert Gruyter, che è un uomo gaudente, che ama la buona tavola e lo scherzare.

Per questo è sempre molto tollerante dopo ogni sbornia di Ginger Ted, il cui vero nome è Edward Wilson, un manovale irlandese amante di donne e alcol. Questo perché è uno dei pochi europei che risiede sull’isola con il quale, Evert Gruyter, può passare una piacevole e soddisfacente serata. Ma Ginger Ted col suo comportamento finisce per attirare le ire e il biasimo di Martha Jones, l’irreprensibile sorella del reverendo Owen Jones di istanza a Baru…

“Se scorre il sangue” di Stephen King

(Sperling & Kupfer, 2020)

“Se scorre il sangue” è il terzo racconto dell’omonima raccolta, firmata dal maestro Stephen King, dopo “Il telefono del signor Harrigan” e “La vita di Chuck“, e prima di “Ratto“.

Torna Holly Gibney, personaggio che il Re ha creato per il romanzo “Mr. Mercedes“, e che ha inserito poi nei successivi “Chi perde paga” (2015), “Fine turno” (2016), “The Outsider” e “Holly“.

Siamo alle soglie del Natale del 2020 e Holly si appresta a chiudere la sua agenzia di investigazioni private “Finders Keepers” per le feste. Ma una terribile tragedia sconvolge tutto il Paese: in una scuola elementare è stata fatta esplodere una bomba che ha ucciso numerosi piccoli alunni e docenti.

Sul posto il primo reporter ad arrivare è Chet Ondowsky al quale si collegano tutti i principali network americani. Tutti gli Stati Uniti, compresa naturalmente Holly, seguono commossi e straziati le dirette del giornalista che poi partecipa in prima persona, assieme ai Vigili del Fuoco e alle Forse dell’Ordine, agli scavi fra le macerie in cerca dei sopravvissuti o dei corpi senza vita delle vittime.

Proprio seguendo una delle numerose dirette, Holly nota sul volto di Ondowsky un particolare che prima la inquieta e poi, definitivamente, la terrorizza. Perché quel particolare non può che farle pensare di trovarsi davanti un essere terrificante come quello che lei, insieme a Ralph Anderson, ha dovuto affrontare qualche tempo prima e che insieme chiamano ancora “Outsder”…

Ispirandosi al cinico detto giornalistico: “Se scorre il sangue, si vende!” il Re ci racconta una nuova storia di terrore, puntando il dito su un certo giornalismo sensazionalistico, che si ciba del dolore e della sofferenza altrui, compresa quella degli spettatori e non solo quella delle vittime.

Questo avvincente lungo racconto – e tutti gli altri tre… – che ha avuto un ottimo successo non solo negli Stati Uniti – dove Holly Gibney è la protagonista di varie serie televisive – ma anche nel nostro Paese, non può che farci riflettere sulla nostra editoria che continua a snobbare e ignorare, apparentemente senza motivo, il formato del racconto.