(USA, 1954)
Questo è uno dei classici del cinema, uno di quei film che hanno fatto la storia. Non sarà certo un capolavoro diretto da uno dei maestri della macchina da presa, ma è uno di quei film che da oltre sessant’anni, ininterrottamente, incide sull’immaginario collettivo.
Sulle sponde di un piccolo defluente del Rio delle Amazzoni la spedizione guidata dal Dott. Maia (Antonio Moreno), un paleontologo di fama internazionale, trova un fossile inquietante che sembra l’arto di un essere a metà fra un uomo e un pesce.
Maia porta il reperto all’istituto oceanografico dove lavora la coppia di scienziati David Reed (Richard Carlson) e Kay Lawrence (Julie Adams, che grazie a questa interpretazione diverrà un’icona del cinema di fantascienza anni Cinquanta). La scoperta è clamorosa e grazie al finanziamento di Mark Williams (Richard Denning) in pochissimo tempo si organizza una nuova spedizione per cercare il resto del fossile.
Quando il gruppo torna sul luogo della scoperta, trova i due collaboratori di Maia, rimasti al campo, brutalmente uccisi. Nonostante la tragedia, che tutti imputano a qualche animale selvaggio, cominciano gli scavi che però non danno alcun esito. L’ultima possibilità è quella di seguire il flusso del piccolo corso d’acqua che termina in una laguna.
Il comandante dell’imbarcazione presa a nolo da Williams, il volitivo capitano Lucas (Nestor Paiva) asserisce che gli indigeni chiamano quel misterioso specchio d’acqua la Laguna Nera, ed è un luogo molto pericoloso visto che nessuno è mai tornato indietro dopo averla visitata.
Ma le superstizioni non spaventano gli scienziati che decidono di stabilircisi e studiare i fondali. E proprio fra inquietanti alghe e oscuri scogli si nasconde il mostro, erede diretto della creatura diventata fossile, anello di congiunzione fra la vita subacquea e quella terrestre che, come la sua laguna, è rimasto intatto nonostante il passare dei millenni, assiemi a tutti i suoi istinti…
Girato in formato 3D, più che all’avanguardia per l’epoca, “Il mostro della laguna nera” ha fatto scuola a intere generazioni di cineasti. Basta pensare, per esempio, alle riprese subacquee che dal basso verso l’altro inquadrano la bella Julie Adams che, ignara del pericolo, nuota sulla superficie della laguna, così come nuoteranno vent’anni dopo – e soprattutto verranno riprese – le vittime de “Lo squalo” di Steven Spielberg.
Scritta da Harry Essex, Arthur A. Ross da un’idea di William Alland e Maurice Zimm, questa pellicola nel corso dei decenni ha dato adito a numerose leggende, come quella del vero colore della maschera del mostro, ma quello che conta è che mantiene ancora intatto tutto il suo fascino.