(1938-2005 Bompiani)
La prima volta che ho letto questo breve romanzo di Steinbeck – fortunatamente nella traduzione di Cesare Pavese, così come qualche tempo dopo lessi quella di “Moby Dick” di Melville – mi ha fatto venire gli incubi.
Certamente ero troppo piccolo, e inconsciamente mi identificavo con i topi e i cuccioli che Lennie accarezza compulsivamente. Poi, di recente, mi è tornata la voglia di leggerlo e mi ha commosso nuovamente, ma per ragioni completamente diverse.
Oltre che per lo splendido stile narrativo dell’inarrivabile Steinbeck, la cosa che mi ha colpito di più è che le tragedie di Lennie, George, Candy, Mrs. Curley e di tutti gli altri “topi” oggi sono drammaticamente attuali.
Un piccolo grande libro di un grandissimo autore.