“La profezia delle ranocchie” di Jacques-Rémy Girerd

(Francia, 2003)

Prima di dirigere il divertente e originale “Mià e il Migù” nel 2008, Jacques-Rémy Girerd realizza questo lungometraggio animato che, nella versione originale, ha nel cast attori come Michel Piccoli e Annie Girardot.

In una piccola località nella vasta campagna francese vivono Ferdinand – un ex marinaio – sua moglie Juliette – che discende da un’antica stirpe di maghe africane – e il piccolo Tom, il piccolo che i due hanno adottato.

Non lontano abitano i Lamotte, genitori di Lili, una bambina coetanea di Tom. I Lamotte possiedono anche un piccolo zoo e visto che partono alla ricerca di una coppia di coccodrilli, lasciano Lili ai loro vicini.

Poche ore dopo le ranocchie, dopo una riunione tenutasi nella palude, comprendono che a breve si scatenerà un nuovo diluvio universale e avvisano gli unici che posso credergli: Tom e Lili. Mentre Ferdinand e Juliette ascoltano stupiti la “profezia” che raccontano loro i due bambini, il cielo improvvisamente si annuvola e inizia a tuonare.

Ferdinand corre subito allo zoo per liberare gli animali, e tutti si rifugiano nel grande granaio che grazie a Tom è diventato una vera e propria arca. Ma la vita sull’originale natante affollato deve essere regolata da sani ed equi principi, che vengono rispettati fino a quando nell’immenso mare formato dalle acque piovane non viene ripescata una strana tartaruga…

Delizioso cartone animato all’insegna della tolleranza, del rispetto della natura e dell’amore per gli altri, che farà passare 86 minuti di sano divertimento ai bambini (di tutte le età). Nella nostra versione possiamo – fortunatamente – goderci l’indimenticabile Anna Marchesini che dona la voce alla tartaruga.

A questo film collabora anche Michaël Dudok de Wit (regista del bellissimo corto d’animazione premio Oscar “Father and Daughter” del 2000 e del lungometraggio “La tartaruga rossa” del 2016) occupandosi dell’animazione di uno dei due elefanti imbarcati sul granaio.

“Rosso sangue” di Leos Carax

(Francia, 1986)

Leos Carax (pseudonimo di Alexandre Oscar Dupont) con questo film diventa uno degli enfant prodige del cinema francese degli anni Ottanta, proprio come Luc Besson col suo “Subway”. Che Carax abbia poi mantenuto le promesse è un altro discorso (il suo film successivo e più famoso è “Gli amanti del Pont-Neuf” del 1991), ma questo “Rosso sangue” rimane comunque un piccolo cult.

In una Parigi surriscaldata dalla cometa di Halley si intrecciano le vite di Alex (Denis Lavant) detto Linguamuta, della giovane Anna (Juliette Binoche) e del suo anziano amante Marc (Michel Piccoli). Dopo la tragica morte del padre caduto – o spinto? – sotto un treno della metropolitana, Alex decide di cambiare vita e lascia la sua giovane partner Lisa (Julie Delpy) dicendole che partirà per un lontano paese.

In realtà Alex rimane a Parigi, dove è stato ingaggiato da Marc per le sue abilità di funambolo e scassinatore, per portare a segno un colpo milionario. Nel mondo si è diffuso un virus letale che nasce e viene trasmesso quando due persone fanno l’amore “senza l’amore”. Non esiste una cura e tutti gli infettati non hanno scampo. Solo una grande ditta farmaceutica è riuscita a isolare il virus, cosa che permetterà di creare un vaccino.

Marc, però, ha ideato il furto dei batteri conservati in un laboratorio segreto, in un grattacielo nel centro della città. La preziosa ampolla, poi, verrà venduta al miglior offerente. Ma la preparazione di un colpo del genere non può non scatenare l’interesse di molti, che faranno di tutto per anticipare o ingannare Marc. Il furto riesce e Alex, prima di venire intercettato e ferito gravemente dal perfido killer di una banda rivale (killer impersonato da Hugo Pratt) nasconde l’ampolla. Sanguinante riesce a tornare da Marc e Anna, ma…

Il film esce lo stesso anno in cui in tutto il mondo inizia la comunicazione e la successiva prevenzione planetaria sull’AIDS. Nonostante ciò “Rosso sangue” è un film soprattutto d’atmosfera, dove le immagini sono più importanti delle parole e la storia conta meno delle emozioni.

Memorabile è la sequenza della corsa notturna di Linguamuta sulle note di “Modern Love” di David Bowie, poi citata e scopiazzata in numerosissimi film, così come quella finale che non può non ricordare quella di “Carlito’s Way”, diretto da Brian De Palma nel 1993.