“Rosso sangue” di Leos Carax

(Francia, 1986)

Leos Carax (pseudonimo di Alexandre Oscar Dupont) con questo film diventa uno degli enfant prodige del cinema francese degli anni Ottanta, proprio come Luc Besson col suo “Subway”. Che Carax abbia poi mantenuto le promesse è un altro discorso (il suo film successivo e più famoso è “Gli amanti del Pont-Neuf” del 1991), ma questo “Rosso sangue” rimane comunque un piccolo cult.

In una Parigi surriscaldata dalla cometa di Halley si intrecciano le vite di Alex (Denis Lavant) detto Linguamuta, della giovane Anna (Juliette Binoche) e del suo anziano amante Marc (Michel Piccoli). Dopo la tragica morte del padre caduto – o spinto? – sotto un treno della metropolitana, Alex decide di cambiare vita e lascia la sua giovane partner Lisa (Julie Delpy) dicendole che partirà per un lontano paese.

In realtà Alex rimane a Parigi, dove è stato ingaggiato da Marc per le sue abilità di funambolo e scassinatore, per portare a segno un colpo milionario. Nel mondo si è diffuso un virus letale che nasce e viene trasmesso quando due persone fanno l’amore “senza l’amore”. Non esiste una cura e tutti gli infettati non hanno scampo. Solo una grande ditta farmaceutica è riuscita a isolare il virus, cosa che permetterà di creare un vaccino.

Marc, però, ha ideato il furto dei batteri conservati in un laboratorio segreto, in un grattacielo nel centro della città. La preziosa ampolla, poi, verrà venduta al miglior offerente. Ma la preparazione di un colpo del genere non può non scatenare l’interesse di molti, che faranno di tutto per anticipare o ingannare Marc. Il furto riesce e Alex, prima di venire intercettato e ferito gravemente dal perfido killer di una banda rivale (killer impersonato da Hugo Pratt) nasconde l’ampolla. Sanguinante riesce a tornare da Marc e Anna, ma…

Il film esce lo stesso anno in cui in tutto il mondo inizia la comunicazione e la successiva prevenzione planetaria sull’AIDS. Nonostante ciò “Rosso sangue” è un film soprattutto d’atmosfera, dove le immagini sono più importanti delle parole e la storia conta meno delle emozioni.

Memorabile è la sequenza della corsa notturna di Linguamuta sulle note di “Modern Love” di David Bowie, poi citata e scopiazzata in numerosissimi film, così come quella finale che non può non ricordare quella di “Carlito’s Way”, diretto da Brian De Palma nel 1993.

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