“Il nostro caro Billy” di Alice McDermott

(1998/2011, Einaudi)

Billy è morto, e al suo funerale ci sono tutti.

C’è sua moglie Meave, ci sono le sorelle e c’è anche Dennis, suo cugino. Finita la cerimonia funebre, in perfetto stile irlandese, il gruppo si ritrova in un pub del Bronx a ripensare al caro estinto e alla sua vita.

Con gli occhi della figlia di Dennis, osserviamo ognuno ricostruire un pezzo della vita di Billy. Gli argomenti principe che hanno caratterizzato la sua esistenza sono due: l’alcolismo ed Eva, la sua giovane fidanzata conosciuta appena rientrato dal fronte della Seconda Guerra Mondiale, e morta di polmonite prima che potessero sposarsi.

Molti considerano il dramma del primo come stretta conseguenza della tragedia di Eva. Ma forse nessuno conosceva Billy, e tutti i suoi segreti, come Dennis…

“Il nostro caro Billy” è una commovente ricostruzione della vita di un uomo nello stretto rapporto con quelle di chi gli è stato vicino in maniera leale e amorosa e di chi, semplicemente, se ne è approfittato.

“Lupi mannari americani” di Michael Chabon

(2006, Rizzoli)

Il viaggio che si fa leggendo la raccolta dei nove racconti firmati da Michael Chabon (classe 1963) è interessante, divertente e a volte doloroso, ma merita di essere fatto.

Il mio preferito?

“Il figlio del licantropo” che, come gli altri, non ha nulla a che vedere con le lune piene, le creature fantastiche o le pallottole d’argento, ma parla semplicemente della vita quotidiana e dei suoi “mostri” del tutto umani.

E poi qualcuno dice che il formato racconto è obsoleto…

“84, Charing Cross Road” di Helene Hanff

(1970/2007, Archinto)

Devo essere sincero, a parte “Dracula” di Bram Stoker, i romanzi epistolari non mi entusiasmano. Ma questo romanzo autobiografico di Helene Hanff è davvero appassionante.

A partire dalla Seconda Guerra Mondiale, la Hanff intreccia una lunga corrispondenza con Frank P. Doel, commesso di una vecchia libreria antiquaria di Londra (sita appunto all’84 di Charing Cross Road) che riesce a soddisfare tutte le sue più esigenti richieste in qualità di giovane scrittrice newyorkese appassionata di saggi del Settecento.

Anche se fra i due si interpone l’oceano Atlantico, con il passare degli anni, e dei libri, le loro affinità elettive si intrecciano sempre più. Ma Helene avrà i mezzi, e forse il coraggio, di visitare Londra solo quando la libreria avrà chiuso i battenti e Frank P. Doel sarà scomparso.

Nel 1987 David Hugh Jones porta, con particolare maestria, il romanzo sul grande schermo con l’indimenticabile Anne Bancroft nel ruolo di Helene e Anthony Hopkins in quello di Doel.

“Non ci resta che piangere” di Roberto Benigni e Massimo Troisi

(1984, Italia)

Mario (Troisi) e Saverio (Benigni), rispettivamente bidello (come si chiamava allora) e insegnate di una piccola scuola elementare nella provincia toscana, si ritrovano magicamente a Frittole nel 1492.

Preoccupato per la sorte della sorella Gabriellina, sedotta e abbandonata da un americano sette anni prima, Saverio vuole approfittare della situazione e correre a Palos per fermare Cristoforo Colombo.

Ma la trama, anche se originale, non è così importante rispetto alla genialità comica dei due protagonisti che trasformano ogni situazione in una vera e irresistibile gag. La spiegazione del gioco della scopa e del termometro a Leonardo da Vinci (un grande Paolo Bonacelli) continua a farmi piangere dal ridere. Una delle migliori testimonianze del genio comico italiano.

Non è un caso che nel decennio successivo, con carriere cinematografiche (purtroppo!) separate, tutti e due siano arrivati alla soglia degli Oscar.

“Forrest Gump” di Winston Groom

(1994 R.C.S./Sonzogno)

Il libro di Groom, che risale al 1986, è diventato famoso a livello planetario quasi dieci anni dopo grazie al film diretto da Robert Zemeckis e interpretato magistralmente da Tom Hanks.

Ma quello che ha stuzzicato la mia curiosità e spinto a leggerlo non è stato il valore artistico della pellicola, ma le dichiarazioni che fece Winston Groom all’uscita del film, ammettendo di essere furioso con la produzione per aver scelto Hanks, attore – secondo lui – lontanissimo dalle corde del suo Forrest.

Ognuno ha nella testa il personaggio che legge, o meglio ancora che crea, ma siccome la letteratura e il cinema sono due arti separate e ben distinte, mi fanno imbestialire quelli che tentano di sovrapporle.

Un film e un libro saranno sempre e comunque due cose profondamente diverse anche se raccontano la stessa storia. Comunque sia, Groom ha scritto, per il suo stile infantile e la sua natura onirica, un romanzo interessante e a suo modo innovativo.

“Pina” di Wim Wenders

(2011, Germania)

Pina Bausch è stata una delle grandi figure artistiche che hanno lasciato il segno nella cultura mondiale degli ultimi 40 anni.

Ballerina e coreografa, la Bausch ha cambiato e rinnovato la danza, e non solo quella moderna. Wenders non firma una semplice biografia della Bausch – scomparsa nel 2009, a 68 anni per un cancro – ma ci racconta, attraverso i ballerini che furono suoi allievi e collaboratori, le sue più belle coreografie (“Cafè Muller”, che è stata ripresa da Almodovar nel suo “Parla con lei”, su tutte!) e il suo grande genio.

Un film anche per chi, come me, non è un appassionato di danza.

“L’Arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi

(1960/1991, Giunti)

Il volume “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene. Manuale pratico per le famiglie” venne pubblicato per la prima volta nel 1891 con scarso successo. Solo nei primi anni Settanta la grande opera di Pellegrino Artusi (1820-1911) è stata riscoperta e apprezzata come meritava.

Così le 790 ricette, con in appendice “La Cucina per gli stomachi deboli”, hanno segnato l’inizio storico della divulgazione e della successiva affermazione della cultura culinaria del nostro Paese nel mondo.

Dalla prefazione: “Due sono le funzioni principali della vita: la nutrizione e la propagazione della specie; a coloro quindi, che, rivolgendo la mente a questi due bisogni dell’esistenza, li studiano e suggeriscono norme onde vengano sodisfatti nel miglior modo possibile, per render meno triste la vita stessa, e per giovare all’umanità, sia lecito sperare che questa, pur se non apprezza le loro fatiche, sia almeno prodiga di un benigno compatimento” …e buon appetito!

“Amici miei” di Mario Monicelli

(Italia, 1975)

Ormai è impossibile separare la parola “Zingarata” dai nomi: Lello Mascetti (Ugo Tognazzi), Rambaldo Melandri (Gastone Moschin), Giorgio Perozzi (Philippe Noiret), il Necchi (Duilio Del Prete) e il professor Sassaroli (Adolfo Celi).

A dimostrazione della grandezza e dell’immortalità del film diretto da Mario Monicelli (e ideato da Pietro Germi che all’inizio lo aveva ambientato a Bologna) nessuno può negare che il termine “Supercazzola” appartiene di fatto al nostro vocabolario.

Ispirato alle vere zingarate di Scarnicci & Tarabusi, fiorentini doc, autori di molte riviste teatrali che interpretò Ugo Tognazzi nella prima parte della sua carriera artistica, “Amici miei” oltre ad avere un cast stratosferico (non si può dimenticare Bernard Blier nel ruolo del Righi) rimane sempre un film attuale, che continua a farci ridere, piangere e soprattutto riflettere con la sua spietata cattiveria.

In un’intervista Monicelli raccontò che, oltre agli stessi Scarnicci e Tarabusi, i personaggi principali erano ispirati ad altri veri fiorentini dell’epoca. E lo stesso grande regista narrava entusiasta come questo illustri cittadini in realtà sapessero fare la “Supecazzola” anche meglio dei grandi attori che lui diresse. Fra tutti c’era il luminare nonché famosissimo primario d’ospedale, al quale gli sceneggiatori Leo Benvenuti e Piero De Bernardi assieme a Monicelli si ispirarono per il personaggio dell’implacabile Sassaroli, medico che nella realtà qualche anno prima della realizzazione della pellicola venne considerato anche per il Nobel per la Medicina.

Da vedere ad intervalli regolari.

“John Carter di Marte” di Edgar Rice Burroughs

(1994, 2012 Newton Compton editori)

“Sotto le lune di Marte”, “Gli dèi di Marte” e “Il signore della guerra di Marte” sono i tre romanzi contenuti nella raccolta dedicata al duro e battagliero capitano sudista che si ritrova catapultato su Marte.

Se tutti considerano giustamente il primo grande genio della fantascienza – e non solo – Jules Verne, Burroughs merita almeno un posto sul podio. “Sotto le lune di Marte” esce per la prima volta nel 1912 e oggi, superato il secolo, mantiene intatto tutto il suo fascino. Probabilmente John Carter ha scontato il successo planetario che qualche anno dopo riscuoterà il fratellastro “Tarzan, l’uomo scimmia”, nato anche lui dalla penna di Burroughs.

Ma vale davvero la pena seguire il capitano Carter quando entra in contatto coi popoli che abitano Barsoom (come i nativi chiamano il loro pianeta che noi invece appelliamo superficialmente Marte). Il paragone con l’incontro-scontro fra Vecchio e il Nuovo Continente è inevitabile.

“Il dilemma di Benedetto XVI” di Herbie Brennan

Scritto da Herbie Brennan nel 1977 con il titolo originale “The Armageddon Decision”, il racconto viene pubblicato in Italia nel 1978 col titolo “Il dilemma di Benedetto XVI” nella collana Urania. In un futuro oscuro Victor Ling, dittatore assoluto di Anderstraad, preoccupa il mondo intero.

Lo psichiatra di fama mondiale Steinmann viene invitato segretamente in Vaticano (che a causa di eventi socio-politici si è trasferito in Svizzera…) per fare il test Rahmboid – l’unico in grado di stabilire la sanità mentale del paziente in pochi minuti – al Santo Padre Benedetto XVI. Questo perché il Pontefice intende dichiarare pubblicamente guerra a Ling, ma prima di agire vuole capire se quello che intende fare è dettato dalla ragione o dalla follia… ma il finale – a sorpresa – non lo racconto!

Si tratta di una dozzina di pagine molto piacevoli e accattivanti. Anderstraad, nonostante il nome, fa pensare all’Italia, e se osserviamo la tragica situazione attuale mondiale …e me la chiamano FANTASCIENZA!!!