(USA, 1959)
Anche se, a dire il vero, la sceneggiatura non è scritta in maniera impeccabile, ci sono numerosi motivi per vedere – o rivedere – questo film diretto da Stanley Kramer.
Con un cast degno della più classica Hollywood, fra cui spiccano il bravissimo e sempre sobrio Gregory Peck, una sempre bellissima Ava Gardner (che indossa degli abiti strepitosi firmati dalle Sorelle Fontana), Anthony Perkins e Fred Astaire (non mi toccate il grande Fred, che litighiamo subito!) Kramer ci racconta l’ultimo anelito di vita del genere umano sopravvissuto al conflitto atomico.
1964: l’Australia è l’ultima zona della Terra a essere rimasta incontaminata dalle implacabili radiazioni nucleari che hanno sterminato la vita nel resto del globo, dopo l’esplosione del terzo conflitto mondiale.
Ma gli studi rivelano che a causa dei venti e delle correnti il continente verrà comunque raggiunto dalle radiazioni al massimo in cinque mesi. Ogni sopravvissuto affronterà come può la fine imminente…
Considerato il capostipite del genere “the day after” questo film – che fu candidato all’Oscar come miglior pellicola dell’anno – in alcune scene conserva intatta la sua potenza narrativa, e ci da un’idea ben precisa dell’angoscia nucleare che regnava in quei tempi di piena guerra fredda.
Un inno alla pace e alla vita. D’altronde Peck e Kramer furono dei paladini cinematografici dei grandi ideali civili, se Peck vinse l’Oscar con la sua interpretazione in “Il buio oltre la siepe”, Kramer firmò pellicole come “E l’uomo inventò Satana” e “Indovina chi viene a cena?”.
Nel 2000 è stato realizzato un anonimo remake televisivo dallo stesso titolo, tratto anch’esso del romanzo di Nevil Shute.
Corsi e, tragici, riscorsi storici…