(Cile, 2020)
Guillermo “Memo” Garrido (un bravissimo Jorge Garcia, divenuto famoso per essere uno dei protagonisti della serie televisiva “Lost”) vive insieme allo zio Braulio (Luis Gnecco) su un’isola nelle coste del Cile. Col fratello del padre alleva pecore delle quali poi lavora la lana ed il pellame.
Memo è un tipo solitario che vive quasi sempre ascoltando musica con le sue cuffie. Le poche volte che qualcuno viene sull’isola lui si nasconde. E’ un uomo alto quasi due metri e affetto da una grave obesità, ma non è per questo che vuole nascondersi dal mondo, anche se conosce molto bene come le persone possono essere cattive nel giudicare superficialmente un altro essere umano.
La sua routine viene però destabilizzata da Marta (Millaray Lobos) la nipote e sostituta temporanea del fornitore di pelli di Braulio. La ragazza è curiosa e tenta di avvicinarsi a Memo che all’inizio però la fugge. Le cose precipitano rapidamente a causa del grave incidente che subisce Braulio mentre tenta di aggiustare il motore di una barca.
Rimasto solo sull’isola – Braulio deve subire numerose operazioni ad una mano – Memo trova conforto solo negli incontri con Marta e per paura che lei se ne vada inizia a cantare, sua grande e vera passione, mentre la ragazza istintivamente lo riprende col cellulare. Il filmato viene visto casualmente da un ragazzo che Marta frequenta e che fa il giornalista: tutto il doloroso passato di Memo irrompe violentemente e inesorabilmente sull’isola dove si era nascosto trovando un pò di pace…
Scritta dallo stesso Gaspar Antillo assieme a Josefina Fernández ed Enrique Videla, questa originale e intimista pellicola ci racconta la storia di un bambino a cui è stata tolta una parte di esistenza e che è costretto a convivere con i propri fantasmi per colpa dell’egoismo e della prepotenza dei “grandi”.
Sono le immagini e la musica a contare, i dialoghi hanno invece una parte secondaria. La struttura narrativa è basata su flashback che si sovrappongono alla storia al presente in modo da illuminare lo spettatore sull’intera vicenda solo nelle scene finali. Ottima sceneggiatura che, nonostante si sveli completamente solo nell’epilogo, riesce a catturare lo spettatore in ogni fotogramma; come nel film, con una struttura analoga, “Exotica” diretto da Atom Egoyan nel 1994.
Commissionato e prodotto da Netflix, purtroppo questo film ha subito il duro impatto della pandemia causata dal Covid che ne ha compromesso la distribuzione, privandolo dei giusti riconoscimenti internazionali che merita, fatto salvo il premio come miglior regista esordiente vinto da Antillo al Tribeca Film Festival del 2020.
Da vedere.