(Francia, 1972)
François Truffaut non si discute: si ama.
Così come tutti i suoi film. E questo “Mica scema la ragazza!”, che apparentemente sembra uno dei meno caratteristici della sua cinematografia, deve essere amato come tutti gli altri. Perché se è vero che Truffaut era l’uomo che amava le donne, è vero altrettanto che era anche l’uomo che capiva davvero le donne.
E così ci racconta una storia al femminile, al cui centro c’è la bella e carnale Camille (che ha il volto e il corpo voluttuoso di Bernadette Lafont, fra le attrici simbolo della Nouvelle Vogue, e che nel 2013 venne premiata per la sua interpretazione nella commedia graffiante “Paulette”).
Del trattato “Criminalità al femminile” opera prima del professore Stanislao Prévine (un giovanissimo e impacciatissimo André Dussollier) si sono perse le tracce. Eppure il manoscritto era quasi pronto per andare in stampa, ma…
Con un flashback torniamo indietro di un anno quando Prévine, per il suo libro, si reca per la prima volta nel carcere femminile per intervistare alcune detenute. Fra i vari casi da esaminare, tra cui donne molto violente, Prévine sceglie quello di Camille Bliss, accusata di aver ucciso il suo amante (Charles Denner).
Con scetticismo, visto che la Bliss è considerata una semplice e banale “sgualdrina”, la Direzione dell’Istituto acconsente. Il giovane professore incontra così Camille che gli inizia a raccontare, con un bel linguaggio franco e colorito, la sua vita. Figlia unica di contadini, è cresciuta con un padre violento che non perdeva occasione per picchiarla. Tanto che a neanche dieci anni, stufa dei violenti calcioni, la piccola sposta la scala al padre, salito sul sottotetto della stalla, facendolo precipitare mortalmente nel vuoto.
Camille finisce dritta al riformatorio dal quale dopo qualche anno riesce a fuggire, e sposa il primo uomo che la carica in macchina. Per il resto della sua esistenza dovrà fare i conti, nel bene e nel male, con quello che gli uomini vogliono da lei e soprattutto dal suo corpo, Prévine compreso…
Scritto da Truffaut assieme a Jean-Loup Dabadie, e tratto dal romanzo dell’americano Henry Farrell “Such a Georgeous Kid Like Me” del 1967, il film ci descrive bene, nonostante il tono allegro e scanzonato, come la maggior parte degli uomini vedano e considerino le donne, e soprattutto come le donne possano sopravvivere e affermare se stesse in un mondo maschilista, patriarcale e ipocrita. Ovviamente generalizzare è sbagliato, ma quasi cinquant’anni fa una donna attraente, di per sé, era già rea di una grave colpa, e quindi o doveva essere sottomessa o era una imperdonabile …sgualdrina.
Nella nostra società del 1972 questo concetto di fondo del film, nonostante il ’68 appena passato, non poteva essere accettato né discusso, e così la scelta del titolo “Mica scema la ragazza!”, che in maniera sottilmente ironica scarica tutte le colpe sulla protagonista.
Quello originale “Une belle fille comme moi” è molto diverso, e rifacendosi al titolo originale del romanzo, ci lascia in bocca un sapore ben più acre. Tanto per ribadire la totale mancanza reale di una rivoluzione sociale e culturale – troppe volte sbandierata e festeggiata – che da noi ha mantenuto pochissime delle promesse fatte.