(USA, 2016)
Scritto da Chris Butler, Shannon Tindle e Marc Haimes (autore anche del soggetto) questo “Kubo e la spada magica” è uno dei film d’animazione in stop-motion più belli degli ultimi anni.
Nel Giappone antico, la giovane Sariatu fugge su una piccola barca nonostante onde alte come montagne cerchino di fermarla. Quando sembra finalmente arrivare nei pressi di una spiaggia, un maroso spazza via la barca e la donna sbatte violentemente contro uno scoglio. Ripresasi, nonostante la profonda ferita che le lacera il volto, si ritrova su una piccola spiaggia con accanto il fagotto che teneva stretto. Dentro, incolume, c’è un bambino con una benda sull’occhio destro.
Passano gli anni e il piccolo ormai è un giovane adolescente che si guadagna da vivere, per se stesso e per la madre che ogni giorno è sempre più debole, raccontando agli abitanti del villaggio limitrofo al rifugo in cui vive storie leggendarie, aiutandosi con gli origami che grazie al suo shamisen prendono vita. Sariatu, che è sempre più preda di amnesie, gli impedisce di rimanere fuori la notte. E proprio quando il sole tramonta che suo nonno, secondo la madre, può trovarlo e rubargli anche l’altro occhio. Kubo è ovviamente scettico, ma quando una sera tarda a rientrare dovrà ricredersi…
Splendida favola che unisce le tradizioni più antiche a quelle più moderne. Con immagini davvero emozionanti, così come gli snodi che prende la trama. Si tratta dell’opera prima di Trevis Knight che in precedenza ha prodotto i film sempre in slow-motion “ParaNorman” e ”Boxtrolls – Le scatole magiche”. Da ricordare anche i bellissimi titoli di coda che scorrono sulla cover di “While my guitar gently wheeps” eseguita da Regina Spektor.
E’ stato candidato all’Oscar sia come miglior film d’animazione, che per i migliori effetti visivi. Come sempre, o quasi, il titolo originale “Kubo and the Two Strings” ha ben altro significato e attinenza col film rispetto a quello con cui è stato distribuito da noi (sob!).