(TEA, 2005)
Ian Bedloe è un adolescente che vive al numero 8 di Waverly Street a Baltimora, agli inizi degli anni Sessanta. I suoi genitori, Bee e Doug, amano la casa piena di persone e amici, soprattutto quelli dei figli. Ian è il fratello minore di Claudia e Danny. La prima, alla soglia dei quaranta, è sposata con prole e in attesa del nuovo genito.
Danny, invece, è uno scapolo impenitente, che vive ancora a casa dei suoi. Lavora in un ufficio postale e ama passare le serate a parlare col fratello minore sulla soglia della sua stanza. Ian frequenta Cicely, una sua compagna di scuola.
Un giorno Danny torna a casa con una notizia sconvolgente: al lavoro ha incontrato Lucy una donna che a breve sposerà. Tutti i Bedloe ne sono entusiasti conoscendola, ma quando i novelli sposi presentano loro Agatha e Tommy, i due bambini nati nel primo matrimonio di Lucy, Bee non riesce a nascondere a marito e figli la sua perplessità.
Sette mesi dopo le notte nasce Daphne, e quando la piccola viene portata a casa Bedloe la prima volta, tutti non possono fare a meno di notare che non si tratta affatto di una “prematura”. Ian, intanto, è diventato il babysitter ufficiale di Agatha e Tommy e subito viene promosso anche a quello di Daphne.
Il giovane è attratto da Lucy, ma allo stesso tempo la trova misteriosa – della sua vista passata non esistono foto o documenti – e poco affidabile, visto che lui si deve occupare dei bambini quando lei esce con le amiche, che però nessuno conosce. Dopo aver preso il diploma Ian si è iscritto al college e quando il week end torna a casa, Danny gli chiede sempre di stare con i tre bambini, soprattutto per lasciare del tempo libero a Lucy.
Ian è convinto ormai che la cognata sia una fedifraga incallita e così declina ogni volta l’invito. Ma un sabato pomeriggio lo stesso Danny lo prega di occuparsi dei tre piccoli, perché lui ha una cena con gli amici e Lucy deve vedere la sua storica amica. Anche se Ian è stato invitato da Cecily a cena, dove consumeranno finalmente il loro primo rapporto sessuale, alla fine per assecondare il fratello accetta, visto poi che la cognata gli promette che rientrerà a casa abbondantemente prima dell’ora di cena.
Ma col passare del tempo Ian si rende conto che Lucy non manterrà la promessa e ad ogni telefonata di Cicely, che protesta perché la cena si sta rovinando, lui diventa sempre più furente. Così quando finalmente Lucy torna a casa quasi la ignora uscendo. Ma sulla porta incontra Danny, rientrato dalla sua cena che, nonostante sia un pò alticcio, si offre di accompagnarlo a casa con la sua auto.
Arrivati un Waverly Street, Ian sempre più indignato per la sua serata andata in fumo e per la patetica ingenuità del fratello pronuncia una frase secca e dura che segnerà per sempre la vita di Danny, quella di Lucy, di Agatha, Tommy, Daphne, Bee e Doug, ma soprattutto la sua, visto che passerà il resto della sua esistenza a tentare di vivere con l’incolmabile senso di colpa che quelle parole gli apriranno nell’anima…
La Tyler possiede la grande e rara capacità di raccontare in maniera sublime il passare del tempo all’interno delle mura della casa dove vivono le diverse generazioni di una famiglia. Come in molti altri suoi romanzi – come ad esempio “Ristorante Nostalgia” o “Una spola di filo blu” – anche in questo la grande casa di Waverly Street è il fulcro delle vicende dei Bedloe e di Ian che ne rappresenta l’anima tormentata e ferita.
L’autrice di “Lezioni di respiro” – vincitore del Premio Pulitzer nel 1989 – e “Le storie degli altri” – fra i miei romanzi preferiti in assoluto – ci ricorda che molto spesso sono le nuove generazioni ad arginare ed alleviare i terribili sensi di colpa che affliggono storicamente le loro famiglie, e che, soprattutto, col passare del tempo alla fine possiamo diventare più indulgenti con noi stessi.
Da leggere, come tutte le opere di Anne Tyler.