“Questo mondo non mi renderà cattivo” di Zerocalcare

(Italia, 2023)

Su Netflix è approdata la seconda serie animata creata, scritta e diretta da Zerocalcare.

Dopo “Strappare lungo i bordi” del 2021, torniamo nel quartiere di Rebibbia a Roma, dove vive e lavora Zerocalcare. Fra quelle strade e quei grandi palazzi popolari “Calcare” è cresciuto accanto a persone con le quali ha stretto una profonda amicizia, come con Secco o Sara, e con altre, come Cesare, che col passare del tempo ha perso di vista.

Quando Cesare torna nella zona, dopo aver passato alcuni anni in una comunità per il recupero dalla sua tossicodipendenza, l’incontro con Zerocalcare è formale e molto freddo. Perché Cesare ha affrontato i propri mostri da solo, lontano da tutti – Zerocalcare compreso – e quando è tornato a casa ha trovato il deserto emotivo.

Come tutto il Paese, anche Rebibbia sta vivendo la netta frattura della nostra società che si divide in tolleranti e intolleranti, in accoglienti e sovranisti, in sinistrorsi e nazisti che, come ci spiega l’autore, comprendono anche i fascisti che ormai sono stati fin troppo facilmente sdoganati. Ma se per Zerocalcare fino a quel momento la divisione è sempre stata netta, adesso scopre – come molti altri suoi connazionali… – che fra il bianco e il nero ci sono milioni di sfumature. E così “Calcare” deve imparare a convivere con le numerose tonalità di grigio.

Se i nazisti rimangono e rimarranno sempre dei nazisti, Zerocalcare ci racconta – non senza sublimi citazioni e battute esilaranti – come il mancato riconoscimento delle tante sfumature non fa altro che fomentare i nazisti e chi li manipola e li usa a proprio tornaconto.

Come nella serie precedente, anche in questa è Valerio Mastandrea a doppiare l’Armadillo, la coscienza ingombrante di Zerocalcare, mentre Silvio Orlando dona la voce ad un dirigente della Digos.

Zerocalcare è sempre lui.

“Il posto dell’anima” di Riccardo Milani

(Italia, 2003)

C’era una volta una multinazionale titolare di una fabbrica, assai produttiva, nella provincia italiana. Con i suoi circa cinquecento operai, questa fabbrica superava le previsioni di produzione elaborate dai vertici della multinazionale risiedenti in uno dei dei paesi economicamente più potenti del globo.

E così, anche se ogni tanto qualche operaio si ammalava e in poco tempo moriva di cancro, a causa delle esalazioni legate alla scarsa sicurezza e alla prevenzione quasi nulla nello stabilimento – per mantenere alti la produzione e i ricavi – tutto il mondo – fatto di centinaia di famiglie, di mogli e di figli bambini o ragazzi – che ruotava intorno ad essa, tirava avanti.

Ma un brutto giorno arrivò la notizia che, nonostante tutti gli sforzi fatti dalle lavoratrici e dai lavoratori, la produttività della fabbrica non era più quella di una volta – proprio come le famigerate “mezze stagioni” – e, col cuore spezzato, i vertici stranieri della multinazionale si videro “costretti” a chiuderla.

A poco servirono le proteste e le barricate messe in campo dagli operai Tonino (Silvio Orlando), Salvatore (Michele Placido) e Mario (Claudio Santamaria) coadiuvati da familiari e simpatizzanti, come Nina (Paola Cortellesi) la compagna di Tonino. O lo sdegno morale altero delle istituzioni. E anche il “viaggio della speranza” fatto nella sede centrale estera della multinazionale servì a molto poco…

A differenza di altre favole in questa – che purtroppo è sempre più una storia “italiana” – alla fine la fatina buona non arriva e lascia i nostri eroi soli e senza lavoro e, soprattutto, davanti ai volti segnati delle vedove dei loro ex colleghi di lavoro morti, secondo gli studi più autorevoli, …”nella media”.

Riccardo Milani scrive insieme a Domenico Starnone questa che, anche a distanza di quasi vent’anni, sembra proprio essere una delle poche pellicole italiane eredi dello spirito ironico e al tempo stesso tragico della nostra grande commedia all’italiana.

Quello che oggi colpisce ancora di più è che nel periodo drammatico che stiamo vivendo, in cui il nostro Paese è afflitto da due grandi emergenze: quella sanitaria legata alla quarta ondata del Covid-19 e quella economica, questo film potrebbe essere tranquillamente il servizio di un qualsiasi telegiornale. Perché le risposte dei vertici della multinazionale e delle istituzioni sono molti simili a quelli che oggi stanno fornendo alcuni industriali e imprenditori nonché sedicenti esperti.

Ma vent’anni fa, quale pandemia c’era?