“Vita privata di Sherlock Holmes” di Billy Wilder

(UK, 1970)

Il sette volte premio Oscar Billy Wilder decide di parlare di uno dei personaggi più famosi della letteratura – e del cinema – mondiale, Sherlock Holmes. Insieme al suo stretto collaboratore I.A.L. Diamond scrive questa avventura-disavventura del detetcive più famoso di sempre.

Ma già dalla prima scena – e da quella finale – capiano che il vero protagonista del film è il Dottor John H. Watson, o meglio lui in qualità di scrittore che “romanza” i fatti che vedono protagonsta il suo amico. Nell’ironia del dottor Watson (interpretato da un bravo Colin Blakely) possiamo riconoscere facilmente una parte dello stesso Wilder che non può vivere senza raccontare e soprattutto senza “accomodare” gli eventi al fine di renderli più interessanti per il lettore (spettatore).

Wilder e Diamond partono da quello che lo stesso Arthur Conan Doyle ci accenna come tallone di Achille del segugio di Baker Street: le donne. Tema che poi sarà ripreso in vari altri film – e libri – a lui dedicati.

Una fredda sera nebbiosa, al 221b di Baker Street bussa alla porta un arcigno vetturino con fra le braccia una donna in evidente stato di choc. L’uomo asserisce di averla salvata dalle acque del Tamigi e, non avendo documenti, l’ha portata all’indirizzo scritto nel biglietto che aveva in mano.

Sherlock Holmes (interpretato da Robert Stephens) e il Dottor Watson deducono che la donna sia stata aggredita, rapinata e gettata nel fiume, visto che lei è colpita da una tremenda amnesia…

Nei panni del Mycroft Holmes c’è il grande Christopher Lee che insieme a Geneviève Page (nei panni della smemorata) compone un cast davvero di prim’ordine. Basta pensare che Stephens è stato considerato l’erede del suo maestro Laurence Olivier, la Page si è formata alla Comédie-Française, e Blakely vestì i panni di Domenico Soriano nella prima rappresentazione britannica di “Filumena Marturano” del maestro Eduardo De Filippo.

Wilder si è sempre dichiarato molto legato a questa sua opera, che considerava una delle più “eleganti” da lui firmate. Ma le riprese vennero funestate dal tentato suicidio dello stesso Stephens, allora marito di Maggie Smith.

“In viaggio con la zia” di George Cukor

(USA, 1972)

George Cukor è rimasto nella storia del cinema come uno dei più grandi narratori di donne di sempre. Le sue muse sono state dive come Greta Garbo, Kathrine Hepburn, Elizabeth Taylor, Marilyn Monroe, Ava Gardner, Rita Hayworth, Audrey Hepburn, Ingrid Bergman o Jane Fonda. E nel 1972 racconta quella assai originale di Augusta, protagonista del romanzo “In viaggio con la zia” di Graham Greene. Come protagonista sceglie Maggie Smith, notissima attrice di teatro inglese e già vincitrice dell’Oscar come miglior attrice per “La strana voglia di Jane” nel 1970.

Al solitario funerale della madre dell’austero direttore di banca Henry (Alec McCowen) arriva una strana e invadente signora anziana. E’ Augusta (Maggie Smith) che si presenta come la sorella della deceduta, e quindi zia di Henry. In poche ore la vetusta signora convince il nipote a seguirla a Parigi dove deve sbrigare certi affari poco chiari. Nella metropoli francese Henry conosce Wordsworth (Louis Gossett Jr.) amico intimo della donna, che gli confida che Augusta è in cerca di centomila dollari per salvare la vita a Visconti (Robert Stephens), suo antico primo amore.

La caccia ai soldi porta zia e nipote in giro per il mondo e, durante i lunghi spostamenti, Augusta racconta al nipote i fatti cruciali della sua lunga – e …discutibile – esistenza fatta soprattutto di amore e incoscienza. Alla fine i due riusciranno a trovare quello che hanno sempre cercato, …anche senza saperlo?

Agli spettatori l’ardua sentenza, visto che io non spolirezzo mai. Deliziosa e ironica commedia sopra le righe con una Maggie Smith fascinosa e carnale come poche.

Hai capito il buon vecchio Silente: e chi se l’ha aspettava a una giovane Minerva McGranit così sensuale e vempirona… e bravo Albus!

Per la chicca: Robert Stephens, l’attore che interpreta Visconti, è stato il primo marito della Smith, suo compagno – durante il loro matrimonio – di palcoscenico e anche di set.