“Mancia competente” di Ernst Lubitsch

(USA, 1932)

Sebbene l’era del cinema sonoro fosse iniziata solo da un lustro scarso, “Mancia competente” è ancora oggi – che si avvicina a festeggiare le novanta candeline – una delle pietre miliari della cinematografia planetaria.

Perché apre ufficialmente il filone della vera e propria commedia cinematografia, genere che fino ad allora era rappresentato soprattutto da spettacoli teatrali di successo adattati per il grande schermo. Il maestro Lubitsch è, infatti, fra i primi ad usare in maniera sublime il linguaggio cinematografico: le immagini, le voci ed i suoni sono parte integrante della storia e del suo sviluppo. Ma non solo: allo stesso tempo lascia piccoli misteri ed eventi dissimulati nel racconto, che creano un fascino unico in ogni sua pellicola, il famoso “Tocco alla Lubitsch”.

Altro elemento focale del Tocco è il sesso. In questo film, come in tutti gli altri diretti da Lubitsch, non c’è fotogramma privo di sfacciate o ammiccanti allusioni sessuali. D’altronde il suo alunno più famoso, il maestro Billy Wilder in “Conversazioni con Billy Wilder” di Cameron Crowe, racconta di come Lubitsch fosse particolarmente attratto dal sesso, cosa che ne provocò anche la scomparsa nel 1947, ufficialmente attribuita ad un poco chiaro attacco cardiaco (il secondo in pochi anni).

Ma attenzione: le allusioni sessuali più o meno marcate dei film di Lubitsch non hanno mai nulla di volgare o becero. Tutto è incentrato elegantemente sul piacere, sul desiderio, la delusione e sopratutto sull’ironia più graffiante. Non è un caso quindi che lo stesso Wilder, durante tutta la sua carriera, quando si trovava davanti ad un bivio creativo si poneva sempre la fatidica domanda: questa scena come la farebbe Lubitsch?

Il film si apre con un classico gondoliere veneziano che però, invece di cantare romanticamente alla Luna, canta scaricando un bidone di immondizia su un piccolo battello colmo di altri rifiuti. Scena che magistralmente ci introduce immediatamente nell’anima della storia: anche in una delle città più belle e famose della pianeta ci sono rifiuti da smaltire.

E così, attraverso un Venezia da cartolina (e di cartone visto che gli esterni sono evidentemente girati in studio) entriamo in un lussuoso appartamento di uno dei più esclusivi alberghi della città, dove un uomo è stato appena aggredito e un altro è fuggito dalla finestra.

In un’altra suite, un’affascinante rappresentante della più alta aristocrazia europea prepara il suo incontro galante con una sua pari che finalmente ha ceduto alla sua corte. Il rendez-vous viene interrotto bruscamente dalla Polizia: nell’albergo è stato commesso un furto e qualcuno si è dileguato con una grande somma di denaro. Ma le Forze dell’Ordine, assicuratesi che i due ospiti non hanno informazioni utili, li lasciano soli. Riprende così la loro amorosa singolar tenzone con un nuovo elemento che la renderà ancora più passionale: il malloppo appena rubato.

Perché i due aristocratici non son altro che il ladro internazionale Gaston Monuscu (Herbert Marshall) e la borseggiatrice Lily Vautier (Miriam Hopkins) che sotto mentite spoglie cercavano l’uno di derubare l’altra. Scatta così l’amore a prima vita e Gaston e Lily diventano una della coppie di ladri d’alto rango più inafferrabili del mondo. Questo fino a quando non approdano a Parigi, dove incappano nella ricca e bella vedova M.me Mariette Colet (Kay Francis), unica proprietaria dell’impero di prodotti di cosmesi Colet. Perché il fascino sensuale della Colet complicherà non poco le cose…

Tratto dalla commedia “The Honest Finder” dell’ungherese Aladar Laszlo e adattata per lo schermo da Grover Jones, “Mancia competente” – il cui titolo originale è “Trouble in Paradise” – possiede ancora integra tutta la sua sublime potenza narrativa e la sua immortale ironia, legata soprattutto all’ottusa voglia di tanti di voler apparire piuttosto che essere.

Da tenere nella propria videoteca.

“Il padre di famiglia” di Nanni Loy

(Italia, 1967)

Nanni Loy, Ruggero Maccari e Giorgio Arlorio (collaboratore di fiducia di Loy anche in televisione nel mitico “Specchio segreto” del 1965) decidono di tracciare un bilancio della società italiana a partire dal secondo dopoguerra e fino al 1967, anno di produzione del film.

Marco (Nino Manfredi) e Paola (una straordinaria Leslie Caron, davvero da Oscar) sono due giovani studenti di Architettura che si incontrano durante una delle numerose manifestazioni a favore della Repubblica, nei giorni che precedono il referendum che determinerà la fine della monarchia in Italia.

Entrambi provengono da famiglie “tradizionali” per il loro tempo: il padre di Marco, Amedeo (un grandissimo Sergio Tofano) è un generale del Regio Esercito che si dimette quando viene proclamata la Repubblica. Quello di Paola (interpretato da Mario Carotenuto) è un fascista della prima ora che fugge in sud America. I due si sposano e decidono di impostare la loro nuova famiglia con metodi e regole ben diverse da quelle dei loro genitori. Ma col passare degli anni…

Strepitoso ritratto a colori della famiglia italiana che dalle macerie del conflitto mondiale passa per il Boom e arriva alle soglie del ’68 e della contestazione. Ma, soprattutto, una fotografia superba del ruolo della donna che, nell’immediato dopoguerra col suffragio universale sembrava poter acquisire diritti e riconoscimenti sociali determinanti, ma che alla fine degli anni Sessanta si ritrova in realtà stretta e soffocata in quella “famiglia” proprio come lo era stata sua madre nel Ventennio.

Un film precursore di quella pietra miliare della cinematografia planetaria che è “C’eravamo tanto amati” – con lo stesso Manfredi – che Ettore Scola dirigerà nel 1974.

Questo film è di fatto anche l’ultimo in cui appare il grande Totò. La parte dell’anarchico che ruota intorno alla famiglia dei due architetti – poi interpretato magistralmente da Ugo Tognazzi – in realtà era stata affidata al grande attore napoletano che però riuscì solo a girare la scena del funerale di Amedeo che si impantana nel traffico romano (montata al centro del film) morendo due giorni dopo, il 15 aprile del 1967. Loy, in sede di montaggio, in omaggio al grande comico decise di mantenere la sequenza, anche inserendo le nuove scene con Tognazzi.

Nella nostra versione possiamo apprezzare la grande Rita Savagnone che presta la voce in maniera eccezionale a Leslie Caron.