“Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi

(Italia/Francia, 1975)

Fra i compiti della vera arte c’è anche quello di anticipare gli eventi e le svolte – anche terribili – della storia e della società. Così Francesco Rosi, con questo suo indimenticabile “Cadaveri eccellenti”, preannuncia di pochissimo uno degli eventi più traumatici e funesti della storia della Repubblica Italiana: il rapimento e l’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro.

Siamo a metà degli anni Settanta, uno dei decenni più complicati della nostra storia a partire dal secondo dopoguerra. La parte più reazionaria della società non vuole il cambiamento che quella più giovane chiede, anche scendendo in piazza e manifestando. Ci sono, per questo, poteri che lavorano nell’ombra, pronti a tutto, come la mafia i servizi segreti deviati e la loggia P2.

Temono che dopo trent’anni ininterrotti di governo, la Democrazia Cristiana stia entrando in crisi, soprattutto per la nuova spinta della parte più fresca del Paese che non tollera più l’ipocrisia perbenista e la corruzione di molti politici. Fra quelli che vedono con favore il cambiamento, invece, c’è il presidente della DC Aldo Moro, che già da tempo parla in maniera sempre più positiva del Compromesso Storico, ovvero formare un governo assieme al Partito Comunista Italiano, proposta partita proprio dal suo segretario Enrico Berlinguer.

L’idea di Berlinguer nasce sulla scia del sanguinoso colpo di stato militare avvenuto poco tempo prima in Cile, per mano del generale Pinochet che ha rovesciato e ucciso il presidente democraticamente eletto Salvador Allende, assieme a moltissimi suoi concittadini. La coalizione di governo DC-PCI, che avrebbe concesso ai rappresentanti dello storico partito d’opposizione ruoli chiave, avrebbe messo al sicuro – secondo lo stesso Berlinguer – il nostro Paese dalla cosiddetta strategia della tensione, da derive autoritarie e quindi da ipotetici e tragici golpe.

Il 16 marzo del 1978, proprio mentre il IV Governo Andreotti si apprestava a ottenere il voto di fiducia, grazie anche all’appoggio esterno del PCI, il presidente Moro venne rapito dalle Brigate Rosse, che trucidarono senza pietà tutti gli uomini della sua scorta, e che lo uccisero a sangue freddo, dopo 55 giorni di prigionia, il 9 maggio seguente. Il tragico evento, come era prevedibile, fece naufragare definitivamente il Compromesso Storico.

Ispirato al romanzo “Il contesto. Una parodia” che il maestro Leonardo Sciascia pubblica nel 1971, “Cadaveri eccellenti” ci porta in Sicilia dove, dopo una delle sue solite visite nella secolare catacomba dei Cappuccini di Palermo, il procuratore Varga (Charles Vanel) viene freddato in strada da un colpo d’arma da fuoco. La notizia fa scalpore, e il capo della Polizia (Tino Carraro) su insistenza del Ministro della Sicurezza (Fernando Rey) manda il suo investigatore migliore, l’ispettore Amerigo Rogas (Lino Ventura, che nella nostra versione si doppia da solo).

Poche ore dopo però viene rinvenuto sull’autostrada il corpo senza vita del giudice Sanza, ucciso con le stesse modalità di Varga. Rogas inizia a studiare tutti i casi in cui hanno lavorato i due giudici e scopre che sono stati tre, e tutti hanno portato a sentenze assai dubbie che nel corso del tempo sono state poi smentite dai fatti. Le condanne emesse, però, hanno rovinato definitivamente la vita ai presunti colpevoli.

Così l’ispettore si mette sulle tracce del farmacista Cres, uno dei tre condannati, che da qualche giorno ha fatto perdere le sue tracce. Scopre così che nel processo ai suoi danni hanno partecipato, sia direttamente che indirettamente, anche il giudice Rasto (Alan Cuny) e il Presidente della Corte Suprema (Max von Sydow, superbamente doppiato da Alberto Lionello).

L’ispettore si precipita ad avvertirli, ma entrambi rifiutano seccati il suo aiuto, cosa che costerà loro la vita. Dopo la morte del Presidente della Corte Suprema, Rogas comprende che dietro i delitti non c’è più solo Cres, ma una vera e propria organizzazione clandestina di cui fanno parte alti rappresentanti della nostra Repubblica.

Come ultima spiaggia non gli rimane che incontrare di persona il Segretario del Partito Comunista Italiano, per avvisarlo del complotto, atto a tenere sotto controllo la linea del Governo e del Paese. Grazie al giornalista Cusano (Luigi Pistilli) suo vecchio e personale amico, Rogas riesce ad ottenere un incontro riservato, nel quale però…

Non mi piace di solito rivelare l’epilogo di un film – o di un libro – ma per questo capolavoro della nostra cinematografia è necessario farlo, visto che la pellicola si chiude con l’omicidio di Rogas e, soprattutto, del Segretario del PCI per mano dello stesso killer degli omicidi precedenti. Evento tragico che però gli inquirenti archiviano come omicidio-suicidio commesso dall’ispettore in preda allo stress e alla follia provocati dall’indagine stessa.

Rosi ci preannuncia così che i famigerati poteri forti erano disposti a tutto pur di evitare una rivoluzione ai loro danni, anche ad assassinare il capo di uno dei maggiori partiti italiani. La storia ci ha detto chiaramente, nel corso dei decenni successivi, che sarebbe stato molto più deflagrante per il “vecchio” potere costituito un Presidente Moro vivo piuttosto che assassinato, e che quindi il suo omicidio ha contribuito a mantenere lo status quo allora vigente.

Poco tempo fa è scomparso, dopo aver superato il venerando secolo di età, Henry Kissinger che negli anni in cui venne realizzato questo film rivestiva la carica di Segretario di Stato degli Stati Uniti. Fra le cose che i media hanno ricordato di lui, oltre al premio Nobel per la Pace che gli venne assegnato nel 1973, ci sono le dichiarazioni che fece a favore del golpe di Pinochet apertamente appoggiato dagli USA, e i “consigli” che diede al presidente Aldo Moro nel 1974 proprio sul Compromesso Storico: “Onorevole lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui o lei la smette di fare queste cose o lei la pagherà cara. Veda lei come la vuole intendere” (come ricordato anche nell’articolo di Orson Francescone pubblicato su “Il Sole 24 Ore” del 18 dicembre 2023).

Naturalmente il film, alla sua uscita nelle nostre sale, accese numerose polemiche, sia nella parte più reazionaria della nostra società che in quella più progressista, che Rosi descrive molto statica e poco reattiva. Fu soprattutto la battuta finale, detta da Florestano Vancini nei panni di un dirigente del PCI davanti ai cadaveri di Rogas e del Segretario, che fece indignare molti sostenitori del partito d’opposizione: “La verità non è sempre rivoluzionaria”. Noi che oggi siamo i posteri, possiamo esprimere la nostra ardua sentenza.

Scritto dallo stesso Rosi assieme a Tonino Guerra e Lino Jannuzzi, “Cadaveri eccellenti” è un vero e proprio pezzo di storia del nostro Paese, da custodire gelosamente e da far vedere a scuola. Nel ricco cast da ricordare anche: Renato Salvatori, Paolo Bonacelli, Paolo Graziosi, Corrado Gaipa e Renato Turi.

“Gli esami non finiscono mai” di Eduardo De Filippo

(Italia, 1976)

Il 21 dicembre del 1973, al Teatro della Pergola di Firenze – dopo due anteprime riservate ai giovani sotto i 21 anni – va in scena la prima della commedia con prologo in tre atti “Gli esami non finiscono mai” di Eduardo De Filippo. Finita di scrivere nel ’72, ma nata nella testa del suo autore già negli anni Quaranta, rappresenta l’ultima opera inedita rappresentata del grande drammaturgo napoletano.

Attraverso il racconto della vita del suo protagonista, Guglielmo Speranza interpretato dallo stesso autore, assistiamo alla storia della sua esistenza dal giorno in cui si laurea a quello della sua morte. Esistenza segnata implacabilmente dagli infiniti “esami” che la vita gli riserva in ogni campo. Con il diploma di laurea in mano – il “pezzo di carta” come lo ha sempre chiamato suo padre – Guglielmo festeggia con i suoi colleghi, fra cui spicca Furio La Spina (Luca De Filippo) il cui rapporto lo accompagnerà nel bene e soprattutto nel male per molti decenni, dichiarando ingenuamente certo che da quel giorno – …finalmente! – non dovrà più sottoporsi ad alcun esame.

Ma poco dopo, proprio andando a chiedere ufficialmente la mano della sua giovane fidanzata Gigliola (Angelica Ippolito), Guglielmo si dovrà sottoporre già ad un nuovo esame: quello della famiglia di lei. Così come raccontato nel prologo dallo stesso Guglielmo direttamente al pubblico, col passare degli anni – sancito anche da una cantante di strada, interpretata da Isa Danieli, che intona canzoni e indossa costumi del momento storico in cui si svolge l’azione – la vita lo sottopone a infinite prove e soprattutto al “giudizio” spietato degli altri, della “gente” che, come canta sublimemente il maestro Fabrizio De Andrè: “…dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio”. Esami che, feroci e ipocriti, continueranno anche dopo la sua morte…

Eduardo ci regala un’opera indimenticabile che ci racconta il “consuntivo” della propria esistenza che traccia un uomo forse ingenuo, certamente non senza colpe, che però è stato sempre stretto e soffocato dalle apparenze. Apparenze delle quali è schiavo e alle quali, anche quando la vita sembra offrigli l’occasione di “cambiare”, non può sottrarsi.

La struttura a quadri de “Gli esami non finiscono mai” ricalca quelle già sperimentate da Bertolt Brecht in molte delle sue opere. La figura del narratore che racconta al pubblico il passare del tempo fra una scena e l’altra è presente in “Piccola città” di Thornton Wilder, opera della quale lo stesso Eduardo, negli anni Quaranta, aveva fatto una fortunata parodia.

Ma il dialogo diretto col pubblico, Eduardo lo ha sempre usato in tutte le sue opere. Un dialogo pacato ma sincero, spesso con voce bassa e rotta dalla commozione o complice e serena come quello immortale in “Questi fantasmi” in cui al professore/pubblico spiega la preparazione del caffè.

Altro elemento straordinario della commedia è il costume di Guglielmo. Le cronache del tempo ci raccontano di come Eduardo si sia consigliato con costumisti e scenografi per realizzare un costume il più astratto possibile, visto che per lui l’abito indossato da un’attrice o un attore sul palco era parte integrante del carattere del personaggio. E così Guglielmo Speranza, per tutta la commedia, indossa un abito che sembra molto anonimo e fuori dal tempo che scorre, così come dovrebbe essere l’anima di un essere vivente. Abito e trucco cambieranno solo alla fine, al suo funerale, quando non sarà più lui a decidere come vestirsi, ma gli altri – la gente! – gli metteranno la maschera che reputano la più adatta per fargli lasciare questo mondo.

Un capolavoro assoluto frutto di un genio assoluto del nostro Novecento.

Genio che oggi tutti ricordano e lodano – mai abbastanza – in tutti i campi della nostra cultura. Ma durante la sua esistenza Eduardo se ha sempre avuto l’affetto incondizionato del suo amato pubblico, di riconoscimenti ufficiali e “di palazzo” – come diceva lui – ne ha avuti pochi. Almeno fino agli inizi degli anni Settanta quando l’Accademia Nazionali dei Lincei gli conferisce il premio internazionale “Antonio Feltrinelli” 1972 per il Teatro, che consisteva in una somma di venti milioni di lire di allora. Premio che gli verrà consegnato alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone proprio nella sede storica dell’Accademia.

Nello stesso anno Eduardo viene invitato a Londra a presentare la sua “Napoli milionaria”. Nel 1973, sempre a Londra, Franco Zeffirelli mette in scena “Sabato, domenica e lunedì” con nel cast, fra gli altri, Lawrence Olivier e Joan Plowright, rappresentazione che vincerà l’Evening Standard Drama Award 1973, come miglior commedia dell’anno.

Ma c’è, comunque, chi nel “palazzo” storce il naso e non considera l’opera del nostro secondo drammaturgo più tradotto e rappresentato al mondo – secondo solo a Luigi Pirandello – cosa da poco e di basso rango – forse come le sue origini… – le sue opere, che ben poco hanno a che fare con quelle vette alte della “vera” cultura. Alcuni accademici, infatti, raccontò lo stesso Giovanni Macchia, borbottarono amareggiati: “Quest’anno abbiamo dato il nostro grande premio a …un guitto!”.

Nel 1974, al Teatro Eliseo di Roma, durante una rappresentazione della commedia Eduardo ha un malore causato da una grave insufficienza cardiaca e i medici gli propongono un pacemaker. All’inizio il drammaturgo è restio, ma alla fine acconsente per offrirsi “ancora un poco” al suo pubblico. Poco dopo Eduardo torna trionfalmente sulle scene. E sempre per tenere fede al suo rapporto profondo e sincero con platea e loggione, dopo ogni rappresentazione intrattiene il pubblico leggendo i messaggi d’affetto che riceve da tutto il mondo ogni giorno.

Al termine di due intense stagioni di repliche Eduardo realizza la versione per la televisione che è quella che noi oggi possiamo fortunatamente vedere, con le musiche di Roberto De Simone e che viene trasmessa dalla RAI nel gennaio del 1976. Nel cast è presente anche Paolo Graziosi nel ruolo del veterinario amico di Guglielmo, unico estraneo che lui ammette al suo capezzale da quando ha scelto di non parlare più.

Menomale che nel nostro Paese ci sono anche i guitti!

“Tre piani” di Nanni Moretti

(Italia/Francia, 2021)

Nanni Moretti dirige e interpreta l’adattamento cinematografico del romanzo israeliano “Tre piani” pubblicato da Eshkol Nevo nel 2017.

Naturalmente non sono pochi i cambiamenti rispetto al libro di Eshkol che il cineasta romano fa nella sceneggiatura, scritta assieme a Federica Pontremoli e Valia Santella, ambientando l’azione a Roma e non più a Tel Aviv.

Così percorriamo dieci anni entrando dentro gli appartamenti di una signorile palazzina in uno dei quartieri più eleganti della capitale. Sbirciamo nelle dinamiche delle famiglie che appena stanno nascendo, in quelle che sembrano aver una certa stabilità e in quelle ormai consolidate da decenni.

Inesorabilmente le vite degli inquilini si intrecciano fra loro, a volte in maniera indiretta, a volte invece direttamente, lasciando anche un segno profondo.

Un film corale che ci parla della nostra società, e da consigliare ai nostri connazionali che fanno combaciare i confini del nostro Paese con quelli della propria porta di casa.

Nel cast, tra gli altri, oltre allo stesso Moretti, Margherita Buy, Anna Bonaiuto, Alba Rohrwacher, Paolo Graziosi, Riccardo Scamarcio, Adriano Giannini, Teco Celio e Stefano Dionisi.