“Povere creature!” di Yorgos Lanthimos

(USA/UK/Irlanda, 2023)

Nel 1992 lo scozzese Alasdair Gray (1934-2019) pubblica il romanzo surreale e gotico “Poor Things”, che nel nostro Paese viene pubblicato prima col titolo “Poveracci!” e successivamente con quello “Vita e misteri della prima donna medico d’Inghilterra”.

Il regista greco Yorgo Lanthimos (già autore di pellicole caustiche e assai originali come “The Lobster” del 2015 e “La favorita” del 2018) ne dirige l’adattamento cinematografico con la sceneggiatura scritta da Tony McNamara, autore di fiducia dello stesso regista nonché coautore dello script di “Crudelia“.

Nei primi anni del Novecento, il dottor Godwin “God” Baxter (un davvero bravo Willem Dafoe) è uno dei più rinomati scienziati e chirurghi di Londra. Oltre ad insegnare all’Università, Baxter ha un laboratorio e una funzionale ed efficiente camera operatoria nella sua residenza privata.

Sul suo corpo e sul suo viso, Baxter, porta le terribili cicatrici degli esperimenti che suo padre, anche lui medico chirurgo e scienziato rinomato, gli fece sin dalla tenera età per portare a termine i propri esperimenti nel nome della ricerca.

Godwin Baxter ama incondizionatamente la scienza e così, per sviluppare i suoi studi, accetta in casa i corpi di sconosciuti appena morti che, in cambio di qualche sterlina, ogni tanto qualcuno senza scrupoli gli porta.

E proprio su quello di una giovane donna in stato interessante, che si è buttata nel Tamigi poche ore prima, compie un esperimento senza precedenti. Nel corpo della suicida inserisce il cervello del suo feto. L’intervento riesce e così per casa Baxter si aggira la giovane donna, con la mente e la coscienza di un neonato, che lui decide di chiamare Bella (una bravissima Emma Stone).

Come aiutante personale Baxter sceglie il suo studente Max McCandles (Ramy Youssef) dandogli il compito di seguire e annotare attentamente ogni progresso della ragazza. Quando Bella, però, scopre il sesso attraverso la masturbazione, le cose per McCandles si complicano. Il giovane studente, infatti, non riesce più a mantenere quel distacco necessario all’analisi scientifica.

Godwin Baxter ha un’idea: far sposare i due e farli vivere nella sua grande magione, impedendo così alla ragazza definitivamente di allontanarsi. Per stilare il contratto matrimoniale fra lui e il suo studente, Baxter chiama il legale Duncan Wedderburn (un ottimo Mark Ruffalo). Il nuovo venuto, impenitente libertino, compresa la particolare situazione di Bella, la esorta a fuggire con lui a Lisbona.

Bella accetta entusiasta e alla fine anche lo stesso Godwin non può che darle il suo benestare. I due amanti così arrivano in Portogallo dove esplorano ogni angolo dei loro corpi. Ma Bella, oltre al sesso, ama la conoscenza e così, mentre Duncan riposa esausto, lei vaga per Lisbona dove la sua mente giovane e fresca si espande.

La cosa, però, inizia a creare delle profonde gelosie in Duncan, scapolo impenitente e donnaiolo con sulla coscienza non poche giovani donna “traviate”. E col passare del tempo e delle esperienze la libertà di Bella diventa insostenibile per Duncan, che alla fine la costringe a seguirlo su una lunga crociera nel Mediterraneo, dove lei “finalmente”, non potrà più allontanarsi.

Sulla nave la ragazza conosce Martha von Kurtzroc (Hanna Schygulla) e Harry Astley (Jerrod Carmichael) che contribuiranno ad aprirle ancora di più gli orizzonti mentali ed emotivi. Anche per questo, la ragazza donerà tutti i soldi di Duncan ai poveri, cosa che li costringerà ad essere sbarcati come clandestini a Marsiglia.

Raggiunta faticosamente Parigi, Bella inizierà a lavorare in un bordello per mantenersi e per comprendere ancora di più l’umanità, mentre Duncan, ferito nell’orgoglio, passerà definitivamente da attraente e fatale playboy a patetico e meschino innamorato rifiutato. Ma un giorno arriva a Bella la lettera di Goodwin in fin di vita…

Cattivissima e originale pellicola gotica che ci parla in maniera diretta e senza sconti, nella tradizione del suo regista, della situazione della donna nella società contemporanea. Anche se la storia è ambientata oltre un secolo fa, Bella deve continuamente subire, come accade fin troppo spesso ancora oggi, le scelte degli uomini e delle donne che aderiscono al più feroce patriarcato, lei che vuole più di ogni altra cosa la conoscenza.

E alla fine appariranno addirittura meno meschini quelli che la pagheranno per avere il suo corpo rispetto a quelli che dicono di amarla, ma che in realtà vogliono solo controllarla e possederla, perché la cosa che li terrorizza di più, senza dubbio, è una donna libera moralmente.

Personalmente reputo molto più efficace e segnate, soprattutto in relazione alla discriminazione di genere, questa pellicola surreale e claustrofobica – grazie anche all’ottima regia – rispetto alla tanto osannata “Barbie” che trovo, invece, molto più superficiale e furbetta.

Il film vince il Leone d’Oro alla Festa del Cinema di Venezia 2023, incassa 11 candidature agli Oscar e 7 ai Golden Globe, premio che Emma Stone conquista assieme a numerosi altri in tutto il mondo.

Da vedere.

“Crudelia” di Craig Gillespie

(USA/UK, 2021)

E’ indubbio che “La carica dei 101” sia un grande classico del cinema d’animazione e non solo. E che, oltre al tenero centinaio di cuccioli dalmata, il fascino del film sia legato anche alla sua perfida cattiva: Crudelia De Mon.

Gia nel 1996 la Disney realizzò un remake del cartone in live-action, in cui a incarnare la perfida Crudelia c’era la bravissima Glenn Close, che non a caso è co-produttrice di questo film.

Ma la Disney, sulla scia di “Maleficent”, decide di raccontare la genesi di una delle cattive più famose del cinema rivisitando la sua vita, perché se una storia funziona è anche – e spesso sopratutto – per il suo cattivo o “villain”, come dicono a Hollywood. Tanto che sovente, in alcune produzioni, l’attrice o l’attore che interpreta il villain è più rilevante di quella o quello che incarna l’eroe.

Ispirandosi ai personaggi creati da Dodie Smith, Aline Brosh McKenna (autrice dello script de “Il diavolo veste Prada”) Kelly Marcel (coautrice della sceneggiatura dell’ottimo “Saving Mr. Banks“) e Steve Zissis elaborano il soggetto da cui Dana Fox e Tony McNamara (coautore dello script de “La favorita“) scrivono un’ottima sceneggiatura.

Ci troviamo così nella campagna inglese a metà degli anni Sessanta dove la piccola Estella Miller (Tipper Seifert-Cleveland) vive sola con la madre Catherine. Estella possiede una grande fantasia, quanto il suo carattere è volitivo e indomabile. Tanto che alla fine viene espulsa dalla scuola elementare che frequenta.

Sua madre decide allora di trasferirsi a Londra, dove insieme potrebbero iniziare una nuova vita. Ma prima, per avere una minima sicurezza materiale, deve passare a chiedere aiuto presso la tenuta degli Hellman, dove si tiene un grande ricevimento in costume. Estella, invece di rimanere in auto come le ha chiesto la madre, si mette a curiosare e suo malgrado aizza i tre grossi dalmata della padrona di casa che, dopo averla inseguita, aggrediscono sua madre che precipita dalla scogliera.

Disperata e senza nessuno, Estella si nasconde in un camion e raggiunge Londra, dove incontra due suoi coetanei orfani, Jasper e Horace, che sbarcano il lunario rubando in strada, e vivono in un vecchio edificio abbandonato.

Dieci anni dopo, a metà degli anni Settanta, Estella (Emma Stone) Jasper (Joel Fry) e Horace (Paul Walter Hauser) sono un trio di ladri e truffatori ormai di “successo”, grazie soprattutto al genio della ragazza che è davvero brava a creare e realizzare travestimenti.

Il sogno di Estelle è, infatti, quello di diventare una stilista e segue con passione le novità che la regina indiscussa della moda planetaria, la Baronessa (una brava e perfida Emma Thompson) lancia sul mercato. Un giorno Jasper e Horace le regalano la possibilità di realizzare il suo sogno, ma…

Non era certo semplice raccontare una nuova e originale genesi di una cattiva di prim’ordine come Crudelia De Mon. Ma il team scelto dalla Disney ha creato una storia davvero divertente e accattivante, fino all’ultimo fotogramma. E vi raccomando di rimanere a guardare anche tutti i titoli di coda…

Oltre alle ottime interpretazioni delle due attrici protagoniste, il film vanta una colonna sonora davvero di alta qualità con brani indimenticabili che hanno segnato la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta, nonché dei costumi da Oscar.

Ma tranquilli, è in pre-produzione “Crudelia 2”.

“La favorita” di Yorgos Lanthimos

(USA/UK/Irlanda, 2018)

Il regista greco Yorgos Lanthimos (già autore del surreale “The Lobster“) ci racconta una carnale storia d’intrighi a corte nell’Inghilterra dell’inizio del XVIII secolo.

La regina Anna Stuart (Olivia Colman) per il suo carattere scostante e per la sua salute minata dalla gotta, ha di fatto abbandonato il governo del regno nelle mani della sua amica intima Lady Sarah Marlborough (una bravissima Rachel Weisz) che in tutti i modi favorisce il primo ministro Godolphin e indirettamente suo marito alto ufficiale dell’esercito di sua maestà, impegnato in una sanguinosa e dispendiosa guerra contro il regno di Francia.

A corte arriva la giovane Abigail Hill (un’altrettanto brava Emma Stone) cugina di Sarah, ma caduta in disgrazia a causa dei debiti di gioco del padre, che l’ha “donata” a un suo creditore. La ragazza è molto scaltra e in breve tempo riesce a farsi notare dalla regina. All’inizio Sarah rimane divertita dalla spregiudicatezza della cugina, poi comprende che Abigail è disposta a tutto pur di prendere il suo posto nel letto della sovrana, dando il via così a una sanguinosa battaglia all’ultimo sangue…

Come sempre Lanthimos firma una pellicola grottesca, cruda e sanguigna scritta da Deborah Davis e Tony McNamara. Con un cast davvero superbo fra cui spicca Olivia Colman – che come la Weisz aveva partecipato a “The Lobster” – che giustamente ha vinto la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia e l’Oscar come miglior attrice non protagonista per questa sua interpretazione, “La favorita” ci punge la coscienza.

“Maniac” di Cary Fukunaga e Patrick Somerville

(USA, 2018)

Scritta da Cary Fukunaga e Patrick Somerville, e prodotta da Netflix, questa serie fantasy/grottesca tocca uno dei temi più spinosi della soceità umana: la famiglia.

Owen (un bravo Jonah Hill) è il figlio “stolto” e nevrotico della facoltosa famiglia Milgrim, il cui patriarca Porter (Gariel Byrne) poco accetta e sopporta. Ma Owen improvvisamente diventa fondamentale: la sua testimonianza può scagionare da una grave accusa – vera – di molestie sessuali suo fratello maggiore.

Se l’accusa venisse provata metterebbe in discussione l’intero impero dei Milgrim, e così Porter è disposto a far mentire suo figlio Owen in tribunale. Il giovane, sconvolto e turbato, decide di rifuggiarsi presso una grande casa farmaceutica che per qualche giorno sperimenterà su di lui un nuovo metodo per annullare il dolore morale ed emotivo delle persone.

Annie (una davvero brava Emma Stone) è una giovane donna tossicodipendente che è stata abbandonata, insieme alla sorella, dalla loro madre in tenera età.

Il suo martirio e la sua ossessione – e la sua droga – è assumere un nuovo farmaco sperimentale che le permette di rivevere il dramma del successivo distacco dalla sorella. Quando la sua scorta di pillole si esaurisce, Annie decide anche lei di fare da cavia per la sperimentazione del nuovo metodo contro il dolore morale ed emotivo. Ma…

Dieci puntate completamente fuori le righe, ma realizzate con grande maestrie e irrivenerenza. Con macroscopici riferimenti allo stile cinematografico e televisivo degli anni Ottanta, “Maniac” diverte fino all’ultima puntata.

Grande parte secondaria per una straordinaria Sally Field che mostra sempre la sua grande arte e il suo intramontabile fascino.

“Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)” di Alejandro González Iñárritu

(USA, 2014)

Di teatro al cinema ne abbiamo visto tanto. Non sono pochi, infatti, i film che raccontato che c’è, e cosa si consuma dietro il palcoscenico. Ma spesso di tanta pellicola non sappiamo che farne.

Non sono molti infatti i film belli sul teatro, sia commedie che drammatici, che lasciano il segno come “Servo di scena” o “Rumori fuori scena”. A questa non così lunga lista deve essere aggiunto “Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)” del regista messicano Alejandro González Iñárritu, già autore fra gli altri di pellicole come “Amores perros” o ”21 grammi”, e trionfatore agli ultimi Oscar col film “Revenant-Redivivo” con cui ha vinto il suo secondo e consecutivo Oscar come miglior regista.

“Birdman” ci racconta la pesante ingerenza di Hollywood su Broadway, di come i grandi incassi e i film spettacolari incidano direttamente sulla vita e, soprattutto, sull’arte di attori che spesso proprio da Broadway partono per raggiungere l’Eldorado del cinema, nel quale poi però rimangono impantani a vita non riuscendo più a tornare indietro.

Per questo González Iñárritu sceglie tutti attori – bravissimi, è giusto ricordarlo – che a Hollywood hanno girato film su supereroi: Michael Keaton è stato il Batman di Tim Burton, Edward Norton ha impersonato Hulk, Emma Stone è stata la fidanzata dell’Uomo Ragno, e Naomi Watts la Ann Darrow del “King Kong” di Peter Jackson. Un’alchimia perfetta per raccontare come la celebrità a volte sia nemica dell’arte.

Candidato a nove statuette, ne ha portate a casa – meritatamente – quattro fra le più importanti: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia.

Da vedere.