“Il castello errante di Howl” di Hayao Miyazaki

(Giappone, 2004)

Reduce dal successo planetario dello splendido “La città incantata” il maestro Hayao Miyazaki decide di realizzare un adattamento animato del romanzo “Il castello errante di Howl” pubblicato dalla scrittrice inglese Diana Wynne Jones (1934-2011) nel 1986, primo di una trilogia che comprende anche “Il castello in aria” (1990) e “La casa per Ognidove” (2008). Dalla stessa autrice, Goro Miyazaki realizzerà nel 2020 “Earwig e la strega“.

Approdiamo così in una cittadina delle Alpi, a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, dove vive Sophie Hatter, una diciottenne che preferisce passare tutto il tempo a lavorare nella prestigiosa cappelleria di famiglia che vivere a pieno la propria esistenza.

L’incontro casuale con Howl e il successivo arrivo nel suo negozio della famigerata Strega delle Lande Desolate cambieranno per sempre l’esistenza di Sophie. Perché proprio la strega, per punirla della sua alterigia, le scaglierà una maledizione che la renderà nell’aspetto un’anziana signora, sortilegio che non potrà mai rivelare a nessuno.

Rassegnata, la ragazza lascerà la cittadina per raggiungere le montagne dove incontrerà Howl, il suo castello e il suo arcano segreto…

Splendida pellicola onirica e magica che conferma l’arte unica di Miyazaki e che lo consacra definitivamente fra i grandi cineasti del Pianeta. Così come per le sua altre opere, Miyazaki ci racconta una storia che ci parla di come bisognerebbe affrontare la propria esistenza, indipendentemente da quali sono le nostre origini, e ci ricorda che il peccato più grande è sempre quello di scegliere di non “viverla” aspettando che passi.

Da vedere, come tutte le altre opere del maestro giapponese.

“Earwig e la strega” di Goro Miyazaki

(Giappone, 2020)

Hayao Miyazaki torna a ispirarsi alla scrittrice inglese Diana Wynne Jones (1934-2011) dopo l’adattamento cinematografico del suo romanzo “Il castello errante di Howl”, realizzato dallo studio Ghibli nel 2004.

Se l’idea è del maestro Hayao, la regia di questo lungometraggio è di Goro Miyazaki, il figlio. Ci troviamo così nell’orfanotrofio di St. Morwaid, in un piccolo centro della campagna britannica, alla porta del quale un’affascinante donna dalla leonina capigliatura rossa – e dai poteri magici – lascia una piccola bambina che su un biglietto chiama Earwig.

La piccola, diventando ragazzina riesce – col potere magico dei “manipolatori” – a far fare alle persone quello che lei vuole, perfino alla direttrice dell’orfanotrofio. Le cose si complicano quando Earwig viene adottata da una strana coppia: Bella Yaga e Mandragora. Se la prima sembra proprio una perfida e arcigna strega, il secondo invece è ancora più inquietante tanto da sembrare un vero e proprio demone, con la passione per il rock, soprattutto quello degli anni Settanta.

Ma Earwig non si scoraggia e così…

Anche prima di essere vista, questa pellicola è stata critica da molti, soprattutto da numerosi “addetti ai lavori”, che non hanno gradito il passaggio dall’animazione classica a quella completamente digitale in 3D fatto dallo Studio Ghibli per realizzarla.

Se prima di sedermi in sala anch’io – anche non essendo un famigerato “addetto ai lavori”, ma solo un onesto spettatore – ero un pò scettico, vedendo questi circa 82 minuti di incantevole cinema d’animazione mi sono dovuto ricredere. I Miyazaki, infatti, donano magia e incanto anche alla nuova tecnica – per lo Studio Ghibli – della computer grafica.

Anzi, proprio grazie al loro genio e talento, riescono ad aumentare le potenzialità visive e immaginifiche della tecnica. Sia chiaro, sono un amante di tutti i grandi film di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli in generale, ai quali non cambierei per nulla al mondo neanche un solo fotogramma. Così come dei grandi classici d’animazione che hanno fatto la storia del cinema e la mia. Ma il linguaggio visivo usato in questo film possiede tutta la magia e la dignità di un classico dell’animazione.

D’altronde ricordo molto bene nel 1996 certi “addetti ai lavori”, quando “Toy Story” diretto da John Lasseter approdò nelle nostre sale, dire seri, tronfi e sicuri: “…I cartoni animati realizzati con la computer grafica al cinema non dureranno, questo brutto film è solo una bolla di sapone…”.