“Irresistibile” di Jon Stewart

(USA, 2020)

Sono appena passate le elezioni presidenziale statunitensi del 2016 e salire alla Casa Bianca, smentendo la maggior parte dei sondaggi, è il repubblicano Donald Trump che ha battuto la democratica Hilary Clinton data da tutti la strafavorita.

Il consulente e stratega della campagna del Partito Democratico Gary Zimmer (Steve Carell) è ovviamente devastato e depresso. Ma nel pieno e vincente stile “americano” e soprattutto di Washington, Zimmer decide subito di ripartire e trovare il mondo di riportare un democratico al 1600 di Pennsylvania Avenue. E per farlo deve inesorabilmente ripartire dalla base.

Così, quando un giovane stagista gli mostra un video postato sulla rete in cui un ex marines parla di tolleranza e unità durante l’assemblea nel piccolo municipio di Deerlaken, un’altrettanto piccola località del Wisconsin, Gary Zimmer è certo di aver ritrovato il bandolo della matassa.

L’uomo nel video è Jack Hastings (Chris Cooper), un ex colonnello che ora assieme alla giovane figlia Diana (Mackenzie Davis) gestisce la sua fattoria. Il Wisconsin è uno stato perlopiù agricolo, e Hastings quindi lo incarna in pieno, ma soprattutto il Wisconsin è uno dei famigerati stati “incerti”, quelli che non hanno storicamente una tradizione democratica o repubblicana, e così spesso diventano un imprevedibile ago della bilancia nelle elezioni presidenziali.

Zimmer parte subito per Deerlaken dove intende convincere Hastings a candidarsi come sindaco democratico contro l’attuale primo cittadino repubblicano. L’ex marines è restio, ma alla fine accetta ad una condizione: che sia direttamente Zimmer ad occuparsi della campagna.

La permanenza del responsabile delle campagne elettorali dei Democratici a Deerlaken non può che attirare l’attenzione di Faith Brewster (Rose Byrne) sua omologa del partito Repubblicano che immediatamente corre a Deerlaken anche lei. In poche ore i due vengono raggiunti dal grande circo mediatico televisivo che pone all’attenzione dell’intero Paese l’elezioni municipali della piccola cittadina rurale. Ma…

Il poliedrico Jon Stewart scrive e dirige questa sfiziosa e caustica commedia ambientata nel dispotico e spietato mondo delle campagne elettorali fatto di sondaggi, proiezioni, studi sociali e attente analisi – molto spesso non autorizzate e illegali – sul web, che troppo spesso si scordano che alla fine gli elettori sono esseri umani, con i loro vizi e le loro debolezze.

E ci ricorda in maniera graffiante come la televisione, che può creare miti e fenomeni nel giro di ventiquattro ore, non solo può disintegrarli in un tempo ancora più breve, ma può essere sapientemente manipolata.

Di quanto la televisione influisca direttamente nella politica poi, noi italiani, ne sappiamo qualcosa…

“Piccole donne” di Greta Gerwig

(USA, 2019)

La giovane cineasta americana Greta Gerwig scrive e dirige il settimo adattamento cinematografico di “Piccole donne”, il romanzo più famoso della scrittrice Louisa May Alcott (1832-1888).

In realtà la Gerwing accorpa in questo film anche i seguiti del romanzo: “Piccole donne crescono”, “Piccoli uomini” e “I ragazzi di Jo”. Ma, soprattutto, la Gerwig attualizza in maniera davvero efficace il libro, e la vera vita della Alcott, che incarnano da oltre centocinquant’anni i primi veri simboli del femminismo moderno.

Dopo l’inglese Aphra Behn (1640-1689) la prima donna nella storia dell’Occidente ad essere pagata per i suoi scritti, la Alcott è indubbiamente ancora oggi un emblema dell’emancipazione femminile visto che, come diceva lei stessa: “…la donna non può ambire nella propria vita solo all’amore”.

Con un cast di altissimo livello, su cui spicca senza dubbio Saoirse Ronan nei panni di Jo, e che comprende tra gli altri Meryl Streep, Emma Watson, Laura Dern e Chris Cooper, la Gerwig realizza un bel film attualissimo e coinvolgente, così com’è l’opera della Alcott.

L’ottima prova della Ronan (che sempre diretta dalla Gerwig ha interpretato il delizioso “Ladybird” nel 2017) sembra incoronarla come nuova stella eclettica del cinema americano, sulla scia proprio di una delle attrici più brave di sempre come Meryl Streep.

A proposito del forte legame che l’opera della Alcott ha ancora oggi con la scrittura vera e propria, la Gerwig fa interpretare non a caso la parte del signor Dashwood (il primo editore del romanzo) a Tracy Letts attore e drammaturgo americano, vincitore del Premio Pulitzer per l’opera teatrale “Agosto: foto di famiglia” del 2007, da cui John Wells ha tratto il bellissimo film “I segreti di Osage County” nel 2013, nel cui cast splende una superba Meryl Streep accanto, fra gli altri, allo stesso Chris Cooper.

“I segreti di Osage County” di John Wells

(USA, 2013)

Qui parliamo di uno stratosferico cast artistico con i due premi Oscar Meryl Streep e Julia Roberts affiancate da Sam Shepard, Ewan McGregor, Juliette Lewis, Benedict Cumberbach oltre ad altri grandi attori – soprattutto di teatro – meno noti in Italia come Margo Martindale e Chris Cooper.

Il tutto diretto da John Wells, creatore e regista della serie “E.R. – Medici in prima linea” ispirata ai racconti di Michael Crichton.

Ma non basta! La sceneggiatura è tratta dall’opera teatrale vincitrice del premio Pulitzer nel 2008 “Agosto: foto di famiglia” scritta da Tracy Letts.

Sulla deflagrazione di una famiglia dopo “Natale in casa Cupiello” del grande Eduardo De Filippo era davvero difficile aggiungere qualcosa di nuovo, ma Letts – autore anche della sceneggiatura cinematografica – ci riesce, e pure bene.

Mettiamoci poi la bravura stellare della Streep che riesce anche ad essere affascinante nei panni di una malata di cancro con parruccone e occhiali neri, e quella della Roberts che – da grande attrice – invecchia appositamente arrotondandosi le curve e mostrando un’insopportabile ricrescita.

Insomma, un grande film da vedere e godere fotogramma per fotogramma.