(REA Edizioni, 1923/2013)
Su questo capolavoro indiscusso della letteratura mondiale si è detto e, fortunatamente, si continua a dire tanto. Non sono certo uno dei massimi esperti mondiali dell’opera di Italo Svevo (al secolo Aron Hector Schmitz), ma voglio parlare lo stesso, da semplice lettore, di un paio di cose che ogni volta che rileggo la vita di Zeno mi lasciano stupefatto e incantato.
Zeno Cosini, che sfiora i 100 anni, visto che il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1923, rispecchia da tutto questo tempo, e in maniera netta ed efficace come solo pochi altri personaggi letterari, il vero italiano borghese.
Nell’Italia volitiva, che era appena entrata nel Ventennio, Zeno Cosini era lo stereotipo del cittadino passivo e vigliacco che il potere derideva e biasimava, ma senza la cui passività – e questo certo quel potere lo sapeva bene – non sarebbe mai riuscito a prendere il comando.
Ma Cosini va oltre, è anche l’italiano che sarà alla base della società che si formerà nel secondo dopoguerra per forgiare quell’Italia che dritta dritta, fra Boom e Nuovo Miracolo Italiano, arriverà fra le nostre stanche braccia.
E ancora oggi Zeno Cosini è un membro di prestigio della nostra società del nuovo Millennio, democratico e progressista ma ben attento ai suoi privilegi economici che giudica indiscutibili, guarda i talk o i talent e manda i suoi figli a studiare all’estero, magari è anche vegetariano e sostenitore della medicina omeopatica, ma continua a fumare come un ossesso.
Il secondo elemento straordinario di questo grande romanzo, non dissociato al primo, sono le straordinarie capacità anticipatrici dei tempi del suo autore. Oltre a raccontarci come sarà l’uomo del Novecento che smette di guardare fuori – così come facevano i Veristi, per esempio – e ribalta le proprie pupille per guardare dentro se stesso, nella conclusione del libro Svevo ha l’intuizione profetica di quel baratro sul quale il mondo sarà sospeso per il resto del secolo: l’olocausto atomico.
Penso sia giusto ricordare, infine, che un’opera del genere venne totalmente ignorata dalla critica italica del tempo – fatta evidentemente di menti che fortunatamente non hanno nulla a che vedere con quelle geniali che oggi tengono alta la bandiera della nostra critica letteraria… – ma trovò apprezzamento solo all’estero dove l’insegnate di inglese e amico dell’autore, James Joyce, lo portò per farlo leggere.
Siamo tutti Zeno Cosini!
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