“Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Milos Forman

(USA, 1975)

Il 19 novembre del 1975 si tiene a Los Angeles la prima di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Milos Forman, uno dei soli tre film nella storia a vincere – ad oggi – i cinque Oscar principali: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior attore e miglior attrice non protagonista (gli altri due sono “Accadde una notte” di Frank Capra e “Il silenzio degli innocenti” di Jonathan Demme).

Con una delle cattive più famose del cinema (paragonabile anche a Lord Darth Fenner, e lo dico da padawan sfegatato) l’infermiera Mildred Ratched, interpretata da una bravissima Louise Fletcher – che vincerà meritatamente l’Oscar, rimanendo poi troppo legata a questo ruolo nell’immaginario del pubblico, che stenterà poi ad apprezzarla in altri differenti pellicole – “Qualcuno volò sul nido del cuculo” è il primo grande film di successo planetario ad affrontate apertamente il dramma delle malattie mentali e degli istituti in cui vengono ospitati i malati.

Il primo film a parlare dello stesso argomento è in realtà “Gli esclusi” che John Cassavetes dirige nel 1963, ambientato in un ospedale per bambini con gravi disturbi del comportamento, pellicola però che ebbe gravi problemi di produzione e di fatto troppo all’avanguardia per i tempi.

Come per “Il Padrino” – in cui il ruolo di Michael Corleone era stato pensato per Warren Beatty che invece clamorosamente rifiutò costringendo la produzione a “ripiegare” (l’ho messo apposta fra virgolette!) su Al Pacino – per questo film la produzione aveva da subito pensato a James Caan che invece declinò l’offerta, lasciando libera la parte di Randle Patrick McMurphy che Jack Nicholson renderà immortale.

Inoltre, questo film consacrerà la figura di Michael Douglas come giovane e intelligente produttore cinematografico. E’ proprio a lui si deve la partecipazione alla pellicola del giovane e sconosciuto Danny DeVito, che per anni aveva condiviso appartamento e vita da scapolo con il giovane e allora scapestrato Michael.

Per la chicca, ci togliamo subito il problema del titolo in italiano.

Quello originale – di cui il nostro è la fin troppo la letterale traduzione – si rifà direttamente al titolo del romanzo da cui è ispirato. Infatti, l’azione del film si svolge nel 1963, anno successivo alla pubblicazione del romanzo di Ken Kesey, che lo aveva scritto basandosi sulle proprie esperienze come volontario nell’ospedale dei veterani di Melno Park, in California.

Ma, già durante la stesura della sceneggiatura, fra Kesey, Milos Forman, Bo Goldman e Lawrence Hauben – questi ultimi due autori finali dello script – nacquero profonde e incolmabili fratture, tanto da portare Kesey a non voler mai vedere il film finito.

Fra tali contrasti c’è probabilmente la totale cancellazione dal plot della filastrocca che cita appunto il nido del cuculo – che nello slang comune americano è uno dei molti modi per chiamare un manicomio – che invece nel libro ha una ben precisa ricorrenza.

Nonostante questo la produzione, vincolata dal contratto di cessione dei diritti e dal successo americano del romanzo di Kesey che era diventato un simbolo della nuova generazione (ma che da noi venne pubblicato solo nel 1976 grazie al successo del film) non toccò il titolo.

E le menti illuminate dei nostri distributori, per non saper né leggere e né scrivere (si fa per dire!) lo lasciarono così…

Metafora anche del conflitto generazionale che allora infuocava la società, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” è sempre un esempio di grande cinema impegnato che ancora emoziona, con la sua scena finale che sfido chiunque a rivedere senza commuoversi.