“Habibi” di Craig Thompson

(Rizzoli Lizard, 2011)

“Sembra che non ci sia limite al peso che devono trasportare le donne…” scrive Craig Thompson nel suo “Carnet di viaggio”, edito nel nostro Paese nel 2017, concetto che ha superbamente affrontato nella sua opera più famosa “Habibi” arrivata da noi qualche anno prima.

Wanatolia è un ricco e opulente paese (fittizio) orientale di forte tradizione islamica. Se le sue città sfoggiano grandi e lussuosi grattacieli, alle loro fondamenta vivono numerosi esseri umani tragicamente molto sotto la soglia della povertà.

Ci sono intere comunità che sopravvivono solo grazie ai rifiuti che la parte ricca del paese ininterrottamente produce, come quelli dell’enorme e splendente palazzo del Sultano. I poveri e i derelitti vivono in funzione degli scarti e dei bisogni dei ricchi, e a pagare il prezzo più alto sono naturalmente i più piccoli: i bambini e, soprattutto, le bambine.

Una di queste è Dodola che decide di fuggire insieme a Zam, un bambino ancora più piccolo di lei, abbandonato e abusato come lei. I due trovano rifugio in una vecchia barca persa nel deserto, lo stesso deserto dove molti secoli prima è nato l’islam e, attraverso le radici di quella religione, Dodola e Zam intraprenderanno un percorso lungo e sofferente per ritrovare finalmente se stessi.

Un viaggio splendido e doloroso nella religione islamica ma soprattutto nel ventre di una bambina che, anche crescendo, deve sopportare soprusi e violenze che il mondo famelico e patriarcale le impone solo perché donna. Ma i soprusi e le violenze le subirà anche Zam, sia per il colore della sua pelle che per la sua anima troppo candida e ingenua per lo spietato e ottuso patriarcato che domina la società.

Dopo l’emozionante romanzo grafico d’esordio “Addio Chunky Rice” e il bellissimo “Blankets“, Craig Thompson firma un’opera davvero emozionante e commovente che ci ricorda, sopratutto, che cos’è l’amore, l’amore vero e incondizionato, quello che tutti dovremmo avere per noi stessi e per il nostro prossimo.

C’è chi definisce Thompson il Charles Dickens della “narrativa a fumetti” ma sbaglia: Thompson è uno dei veri eredi di Dickens, punto e basta.

Sempre di Thompson, e successivi a questo splendido “Habibi”, sono: “Ginseng Roots. Libro Primo – Tornare a casa” e “Gingseng Roots. Libro secondo – Affondare nei ricordi” – che fanno parte di una serie autobiografica – e che ci aiutano a comprende il profondo e doloroso rapporto che l’autore ha avuto fin da piccolo con la religiosità, nato e cresciuto in una famiglia molto praticante e rigidamente osservante.

“Gingseng Roots. Libro secondo – Affondare nei ricordi” di Craig Thompson

(Rizzoli Lizard, 2021)

Dopo “Ginseng Roots. Libro Primo – Tornare a casa“, Craig Thompson ci riporta nel Wisconsin dei primi anni Ottanta dove, ancora bambino e per avere qualche soldo da spendere oltre che per aiutare le finanze della sua famiglia, l’estate lavora negli immensi campi di gingseng.

In questo libro, infatti, uno dei migliori autori contemporanei di romanzi grafici, ci racconta il rapporto della sua famiglia con la pianta simbolo dell’economia di quello stato, che a partire dagli anni Sessanta ha attirato lavoratrici e lavoratori da ogni parte del mondo, sia dentro i confini a stelle e strisce che fuori, soprattutto dall’Oriente.

La tradizione millenaria della coltivazione del gingseng non è naturalmente esclusiva della Cina, ci sono altre nazioni, come il Giappone e la Corea. Proprio dalla Corea proveniva la famiglia di un suo compagno di scuola che, nel corso degli anni, abbandonò gli studi per dedicarsi completamente alla coltivazione.

Attraverso i disegni di Thomson riviviamo la storia Ga Yi Vang, un giovane ufficiale delle forze armate dei guerriglieri Hmong, una delle popolazioni del Laos che sostenne le truppe degli Stati Uniti nella loro occupazione del Vietnam dal 1960 al 1975.

Quando le truppe USA iniziarono a ritirarsi dal Vietnam, la popolazione degli Hmong venne fatta oggetto di feroci ritorsioni da parte dei nord vietnamiti che riprendevano il possesso del loro territorio, vicenda che ricorda tragicamente quella consumatasi nell’estate del 2021 in Afghanistan. Così Ga Yi Vang fu costretto ad abbandonare il proprio paese per trovare rifugio negli USA.

Su suolo americano prese il nome di Abraham Vang e decise di fare quello che sapeva e conosceva grazie alle tradizioni – e alle ….radici – della sua famiglia: coltivare il gingseng. Ma l’impatto nel nuovo Paese non fu affatto semplice, tutta la famiglia Vang, come molti altri immigrati, subì un duro e palese ostracismo, spesso misto a becero razzismo, viste le sue origini asiatiche e così vicine al quel Vietnam.

Per il resto della sua esistenza Abraham Vang non riuscì mai comprendere un comportamento così ostile da parte di un popolo i cui soldati lui aveva sempre aiutato e difeso, come non comprese mai il perché a quasi nessuno interessasse la sua storia.

Un romanzo grafico bello e coinvolgente da un autore mai banale e scontato.

“Ginseng Roots. Libro Primo – Tornare a casa” di Craig Thompson

(Rizzoli Lizard, 2020)

Le radici sono importanti, e non solo per i vegetali, ma anche per gli esseri umani.

Ce lo ricorda molto bene Craig Thompson in questo primo libro di una trilogia di romanzi grafici dedicata alla sue di radici, annodate nel profondo con quelle delle piante di gingseng che da bambino e da adolescente aiutava a coltivare.

Nato nel 1975 e trasferitosi con la sua famiglia nel Wisconsin, il piccolo Craig impara presto cosa significa crescere in una famiglia con pochi mezzi economici. Così durante la vacanze estive Craig, suo fratello minore Phil sua sorella e sua madre, lavorano nei campi di gingseng di alcuni coltivatori per togliere l’erbacce o le pietre che possono rovinare i mezzi agricoli.

E’ un lavoro duro e stancante, ma Craig e Phil ne sono entusiasti perché con la maggior parte della paga che ottengono possono comprarsi tutti i fumetti che vogliono. Adulto, Craig, decide di tornare con i fratelli a casa dei propri genitori per scrivere questa trilogia dedicata alle sue radici, compresa quella del ginseng che nel Wisconsin ha una storia del tutto particolare.

Infatti è l’unico posto al mondo, fuori dai confini della Repubblica Popolare Cinese, dove cresce un’ottima e preziosa qualità della pianta da millenni considerata fra le più curative e importanti della tradizione orientale, e non solo cinese.

Così Craig torna a visitare le fattorie dove da bambino e ragazzo ha lavorato per parlare con i proprietari e ricordare la sua vita e quella di tutta la sua piccola comunità, che per due settimane all’anno diventava una dei luoghi più importanti del mercato planetario di gingseng.

Un viaggio simile e parallelo al bellissimo “Blankets” e che prosegue in “Gingseng Roots. Libro Secondo – Affondare nei ricordi“.

Chi non ricorda: non ha futuro.

“Blankets” di Craig Thompson

(Rizzoli Lizard, 2010)

Come sottolinea anche Zerocalcare: il fumetto non è un genere ma un vero e proprio linguaggio narrativo. Se nel resto del mondo questo concetto è ormai assodato e riconosciuto, solo nel nostro Paese sembra scontrarsi con una barriera di polverosi e ottusi pregiudizi.

Basta leggere però questo splendido romanzo grafico per abbandonare ogni indugio e considerare il fumetto alla pari del più classico dei romanzi.

Pubblicato per la prima volta nel 2003 questo “Blankets” di Craig Thompson (classe 1975) – che aveva debuttato con “Addio Chunky Rice” nel 1999 – ci racconta la storia autobiografica e poco semplice dell’adolescenza del suo autore. Nato nel Michigan, Thompson è cresciuto nella Contea di Marathon nel Wisconsin settentrionale, in una comunità prettamente agricola.

I suoi genitori appartenevano ai Cristiani Rinati, protestanti molto ortodossi, che fin da piccolo lo hanno cresciuto, assieme al fratello minore Phil, in maniera molto spartana e religiosa. Se fra le mura di casa Craig ha Phil come riferimento, fuori la vita è molto più dura, sia a scuola che in chiesa.

Ma durante una vacanza in un campo religioso Craig conosce Raina, una sua coetanea che vive a Marquette, nel Michigan. Fra i due nasce subito un’amicizia molto particolare che non naufraga alla fine della vacanza. Dopo mesi di telefonate e lettere, Raina lo invita per due settimane a casa sua approfittando delle vacanze invernali.

L’impatto con la famiglia di Raina sarà per Craig profondamente catartico, visto che per la sua educazione, soprattutto quella religiosa, il senso di colpa non lo ha mai abbandonato da quando ha memoria. E con dolore affronterà anche il distacco dai suoi genitori e dalla loro scelta di vita.

La presenza del freddo e della neve è una costante del libro, metafora geniale e profonda dell’adolescenza che è spesso uno dei momenti più “freddi” della nostra esistenza, in cui cerchiamo più di ogni altra cosa la coperta – che in inglese si dice appunto blanket – più adatta a noi per tenerci al caldo.

Bellissimo romanzo – grafico – di formazione che ci parla direttamente al cuore con dei disegni e delle atmosfere struggenti ed emozionanti. Non è un caso quindi che “Blankets” abbia fatto incetta dei premi americani più prestigiosi per autori di fumetti come gli Eisner Awards, gli Harvey Awards e gli Ignatz Awards, premi che hanno consacrato giustamente Thompson come autore di spicco del romanzo grafico contemporaneo.

Da leggere.

“Addio Chunky Rice” di Craig Thompson

(Rizzoli Lizard, 2012)

Craig Thompson (classe 1975) è considerato uno dei migliori autori di narrativa grafica contemporanei grazie a opere come questa, a “Blankets” (2003) e a “Habibi” (2011). Nel 1999 pubblica questo “Addio Chunky Rice” che gli vale un Harvey Award, uno dei premi più prestigiosi per fumetti e graphic novel americani, dedicati a Harvey Kurtzman (1924-1993) tra i più grandi autori satirici e ironici statunitensi.

Chunky Rice è una piccola tartaruga che decide di iniziare un lungo viaggio per mare con lo scopo di trovare se stesso e soprattutto la sua vera meta, che ancora non è riuscito a capire. L’unico grande dolore nel partire è lasciare Dandel, il piccolo topo con cui ha un’amicizia molto intima e profonda. Ma Dandel sa, invece, che il suo posto è lì dove vive e così non può seguire il suo più caro amico.

La partenza e la separazione sarà straziante per entrambi, e dal ponte della nave che lo sta portando dall’altra parte del mondo Chunky Rice non può che pensare al suo amore per l’amica che quasi certamente non rivedrà mai più. E dalla riva, dalla quale lo ha visto inesorabilmente allontanarsi, Dandel non può che fare lo stesso guardando amareggiata quel mare che spesso può diventare così impetuoso…

Struggente graphic novel apparentemente per i più piccoli, che affronta il tema della separazione in maniera davvero commovente e sincera. Se i disegni e i personaggi, nelle prime strisce, possono sembrare dedicati per il tratto ai bambini, più ci addentriamo nella storia più affrontiamo il doloroso tema della perdita e del dolore, e più ci rendiamo conto che sono una storia e un tema che, di solito, i piccoli non dovrebbero affrontare o conoscere. Ma la vita ci ricorda fin troppo spesso che non è sempre così.

Lo stesso Thompson, nella parte finale del volume, ci racconta che il dolore per l’abbandono subito da una sua compagna – “che lo ha lasciato per tornare con il suo ex” – è stato lo spunto per disegnare questo fumetto.

Poesia ed emozioni simili a quelle che suscita lo splendido corto animato “Father and Daughter” di Michaël Dudok de Wit.

Da leggere.