Ieri si è spento il grande Gabriel Garcia Marquez.
Sono ore ormai che tutte le testate del mondo ne ripercorrono la vita, la carriera giornalistica e soprattutto le opere letterarie.
Ci sono giornalisti molto chic che per farlo hanno redatto un simpatico riassuntino – usando vocaboli e atmosfere ricercate da spot pubblicitario – di “Cent’anni di solitudine”, “Cronaca di una morte annunciata” o “L’amore ai tempi del colera”, tanto per dimostrare che loro Marquez lo hanno letto (…forse).
Ma l’opera immortale e la figura di Marquez certo non possono essere sfiorate da tanta superficialità.
In questo triste giorno solo una cosa ci può “salvare”: leggere e/o rileggere le sue opere.
Io parto senza esitazione da “Cent’anni di solitudine”: le emozioni che provai la prima volta che lo lessi ancora mi accompagnano tutte le volte che ripenso a Remedios la bella o al suo incipit che, ha ammesso Marquez in varie interviste, è stata la parte più difficile da scrivere.
E soprattutto non vedo l’ora essere nuovamente sedotto dall’ironia, dall’amore e dalla magia che sprizzano da ogni sua pagina.
Buon viaggio e grazie di tutti i sogni G.G. Marquez, ovunque tu sia diretto.