“Il presidente” di Georges Simenon

(Adelphi, 2012)

Émile Beaufort è stato uno degli uomini più influenti di Francia e del mondo. Il suo carattere decisionista, volitivo e pratico lo ha reso uno degli statisti più famosi del suo tempo. Alla politica e alla Francia Beaufort ha sacrificato tutto, anche la sua vita privata.

E’ stato sposato, è vero, ma solo per circa tre anni. Ha avuto anche una figlia, ma che non ha mai veramente frequentato e non vede da molto tempo. Beaufort è stato uno dei “Cinque Grandi”, che erano i cinque capi di stato che per molto tempo hanno governato l’intero pianeta. Ma adesso, tranne lui, i “Cinque Grandi” sono tutti morti. Così come sono scomparse moltissime delle persone con cui ha fatto politica per tanti decenni.

Beaufort ormai ha superato gli ottant’anni e vive a “Les Ébergues”, una residenza che ha scelto molti anni prima come luogo di risposo e villeggiatura, e poi messagli a disposizione dal Governo. La villa è a pochi chilometri da un piccolo porto della Normandia dove tutto lo conoscono e lo chiamano: il Presidente.

Ma se Beaufort è stato numerose volte Presidente del Consiglio, non è mai riuscito a diventare Presidente della Repubblica. Il treno per l’Eliseo passa una sola volta nella vita di un politico, anche in quella di uno consumato e scaltro come lui, e quella volta sulla sua strada ci si è messo Chalamont, il suo fedele e storico assistente.

Da quel giorno i due non si parlano più e il giovane intraprese la sua carriera politica indipendentemente dal suo storico mentore che, poco prima di ritirarsi, dichiarò perentoriamente: “Chalamont non sarà mai Presidente del Consiglio finché io sarò in vita …e neanche dopo”.

Il Presidente ormai passa le giornate seduto sulla sua poltrona Luigi Filippo ad osservare il fuoco nel camino che la sua storica segretaria rintuzza con precisione maniacale, assistito dai suoi collaboratori fedelissimi come Emilè, il suo autista che è l’unico a cui lui dà del tu. Nelle sue giornate ci sono anche l’infermiera e il medico che si prendono cura della sua salute ormai divenuta cagionevole dopo un ictus che lo ha colpito poco tempo prima. Inoltre, nel giardino de Les Ébergues si alternano ventiquattro ore al giorno tre poliziotti inviati dal Ministero degli Interni per garantire la sua sicurezza.

Ma davanti al fuoco Beaufort ripercorre la sua vita politica – e non solo – ripercorrendo la sua carriera, le sue vittorie e le sue – poche ma determinanti – sconfitte, soprattutto adesso che tutti i giornali e radiogiornali – che lui ascolta in ogni edizione – parlano della grave crisi di Governo che ha investito il Paese. Perché l’ultima risorsa per il Presidente della Repubblica, l’ultimo politico che sembra poter ottenere la fiducia per un suo Governo dopo che tutti, da settimane, naufragano miseramente, sembra essere proprio Chalamont…

Splendido romanzo intimista del maestro Simenon che ci porta magistralmente – come sempre – nell’animo del suo protagonista e ci racconta la storia personale di un uomo che ha fatto la storia. Finito di scrivere nell’ottobre del 1957 e pubblicato per la prima volta l’anno successivo, questo bellissimo romanzo sembra essere stato appena redatto.

Il genio e l’arte di Simenon ci descrivono meravigliosamente lo sguardo di uomo anziano, che aspetta l’ultimo respiro, ma che al tempo stesso è legato alla vita come forse non lo è mai stato in precedenza. E soprattutto ci parla di una politica dura e spietata che nel corso dei decenni non sembra essere affatto cambiata.

Incredibilmente attuale. Da leggere.

Nel 1961 Henri Verneuil dirige l’adattamento cinematografico “Il presidente” con Jean Gabin nei panni di Beaufort e Bernard Blier in quelli di Chalamont.

Un pensiero su ““Il presidente” di Georges Simenon

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