“Lo sbarbato” di Umberto Simonetta

(Baldini & Castoldi – La Nave di Teseo, 2021)

Pubblicato per la prima volta nel 1967 questo “Lo sbarbato” rappresenta l’esordio letterario di Umberto Simonetta (1926-1998) tra le figure più rilevanti della nostra cultura del secondo Novecento. Nato in Svizzera, dove il padre esule antifascista si era trasferito, Umberto Simonetta dopo la fine del conflitto mondiale diventa milanese d’adozione e approda nel mondo della rivista e, assieme a Guglielmo Zucconi, scrive numerose commedie per i divi dell’epoca come Gino Bramieri e Tino Scotti.

Inizia anche a collaborare con “I due Corsari”, il duo formato da Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, e proprio insieme a quest’ultimo nel 1960 scrive la canzone “La ballata del Cerutti” che racconta con sagacia e ironia le fortune e le sfortune di chi nasce e vive nell’immensa periferia milanese, allora in pieno e incontrollato sviluppo.        

Sette anni dopo Simonetta col suo “Lo sbarbato” torna a raccontare la fauna che popola i famigerati bar nella periferia meneghina, dove passano la maggior parte delle loro giornate gli appartenenti al sottobosco della piccola criminalità cittadina.

Ma i tempi sono cambiati e all’orizzonte si staglia quel famigerato ’68 – anno che lo stesso Simonetta prenderà deliziosamente in giro in alcune delle sue commedie più caustiche – che porterà con sé oltre a giusti e intramontabili ideali – la stragrande maggior parte dei quali però rimarrà solo nelle idee ma non nei fatti… – anche il lato più oscuro della violenza urbana.

Così assistiamo a circa un anno nell’esistenza del sedicenne Mario Mereghetti, figlio della ricca borghesia milanese che ha preso a frequentare uno dei classici bar di periferia. Nonostante suo padre sia un alto dirigente di una famosa fabbrica di automobili meneghina e lui frequenti uno dei licei più aristocratici della città, Mario non si sente a proprio agio nel suo ambiente.

Un pomeriggio a un biliardo, per caso, incappa in un diciannovenne dall’ottima stecca che tutti chiamano “Mangia” (che non a caso ricorda tanto quel Cerutti Gino de “La ballata del Cerutti”). Fra i due nasce una particolare amicizia e per Mario diventare complice del Mangia nei piccoli furti che questo compie per sopravvivere diventa vera e propria ragione di orgoglio. Lui certo non ha problemi economici, con tanto di cameriera fissa a casa, ma sogna lo stesso di comprarsi una Lambretta – forse la stessa che qualche anno prima ha tentato di rubare il Cerutti Gino… – che suo padre, il volitivo e “nostalgico” Ingegner Mereghetti, si guarda bene da regalargli.   

Ma se il Mangia, nonostante l’età, si rifà alla vecchia e casalinga tradizione della storica “mala” milanese, Mario invece vuole di più, e così riesce a rimediare oltre che un coltello a serramanico anche un “cannone”…

Amaro e bellissimo romanzo di formazione di un appartenente a quella generazione che qualche decennio dopo verrà battezzata “Boomer”. Ma soprattutto “Lo sbarbato” è un lucido, calzante e inquietante ritratto antesignano di quello che qualche anno dopo sarebbe potuto diventare un terrorista.   

Come con l’indimenticabile “I viaggiatori della sera”, anche ne “Lo sbarbato” Simonetta ci narra con tagliente e a volte feroce ironia i lati più spinosi e oscuri della nostra società.


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