“I fantasmi del cappellaio” di Georges Simenon

(Adelphi, 1997)

Nella piccola cittadina di Rochelle tutti si conoscono.

E questo non fa altro che aumentare la paura e il terrore per i delitti che dal 13 novembre si consumano nelle ore buie che seguono il tramonto. Le vittime sono tutte donne alla soglia della terza età, che vengono strangolate e poi lasciate a terra nelle vie.

Dal 13 novembre, forse non per caso, piove sempre e ognuno cerca il riparo dall’acqua e dall’umidità. Come il facoltoso cappellaio Labbé che passa la seconda parte del pomeriggio nel Café des Colonnes dove, ogni giorno, si siede accanto ai suoi storici amici che amano bere e giocare a bridge. Il locale è frequentato anche dal giovane giornalista Jeantet che con i suoi articoli sembra essere sempre più vicino a individuare il filo comune fra le vittime. Filo che la Polizia ancora non è riuscita a trovare e che lo stesso assassino sfida scrivendo lettere anonime al giornale dove lavora Jeantet.

Davanti alla storica bottega di Labbé c’è quella più piccola del sarto Kachoudas, emigrante armeno, che insieme alla sua famiglia vive al piano superiore del negozio. Anche il sarto, nonostante le sue modeste finanze, passa una parte del pomeriggio al Café des Colonnes, e parte dalla sua bottega pochi istanti dopo Labbé, che saluta sempre da lontano in maniera timida e discreta.

Un pomeriggio i due entrano a poca distanza del Café e mentre Labbé si siede al tavolo con gli amici, Kachoudas rimane in piedi a osservare la partita in corso. Con la coda dell’occhio il sarto nota un piccolo pezzo di carta nel risvolto dei calzoni del cappellaio e d’istinto si china per raccoglierlo e porgerlo a Labbé. Ma mentre lo osserva si rende conto che è il ritaglio di un giornale contenente una lettera, proprio come quelle che usa l’assassino per comporre le sue missive…

Indimenticabile romanzo giallo noir che il maestro Simenon scrive nel suo periodo americano a Tumacacori-Carmen, in Ariziona, nel 1949. Tratto dal suo racconto “Il piccolo sarto e il cappellaio” del 1947, e dalla successiva versione “Benedetti gli umili” – che vince il premio per il miglior racconto poliziesco indetto dall’Ellery Queen’s Mystery Magazine – questo romanzo ci porta nei meandri di una mente buia e malata, ma al tempo stesso abitudinaria e apparentemente mite. Figlia di una delle famiglie più aristocratiche della cittadina, nessuno si permette neanche di sospettare di lei, solo l’umile e “straniero” Kachoudas la vede per quello che è nella realtà.

Un altro colpo da maestro dell’intramontabile Georges Simenon.

Nel 1982 Claude Chabrol realizza il bellissimo adattamento cinematografico con Michel Serrault nei panni di Labbé e Charles Aznavour in quelli di Kachoudas, pellicola che però al momento è praticamente introvabile.

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