“Lezioni Americane – Sei proposte per il prossimo millennio” di Italo Calvino

(Garzanti, 1988)

Il 19 settembre del 1985, oltre che imberbe, ero troppo depresso per il rientro a scuola e certamente la notizia dell’improvvisa morte di Italo Calvino mi è passata fra le orecchie senza rendermi davvero conto di quello che significava per la nostra cultura e per quella mondiale tutta.

Avevo letto alcuni suoi scritti durante l’infanzia (come “Il Barone rampante”; “Il visconte dimezzato” e “Marcovaldo”) che mi avevano appassionato e fatto venire voglia di scrivere. Alle scuole medie la prof mi aveva dato da leggere “Il sentiero dei nidi di ragno” per l’estate. Ne ero rimasto profondamente colpito, ma anche inquietato e impressionato.

Ma l’incontro definitivo e cosciente con Calvino arrivò solo qualche anno dopo, all’Università, al mio primo esame che prevedeva il suo “Lezioni americane” in programma. Catartico è dire poco…

Il libro raccoglie le sei lezioni – l’ultima purtroppo largamente incompleta – che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard nell’ambito delle prestigiose “Poetry Lectures” (intitolate al dantista e storico dell’arte americano Charles Eliot Norton) nell’autunno del 1985.

In pratica sono i criteri fondamentali per chi vuole scrivere, e al contempo stesso, i diritti di chi vuole leggere.

Sono lo specchio della nostra grande cultura del Novecento che ha segnato quella mondiale, ma che non sembra avere avuto poi tanti eredi.

Sulla grandezza e l’immortalità di Calvino non sono certo io che scopro niente: il suo racconto “Furto in una pasticceria”, che appartiene alla raccolta “Ultimo viene il corvo”, ha ispirato “I soliti ignoti” di Mario Monicelli, tanto per fare un esempio…

Da leggere a cadenza regolare.

La mia copia, come si vede nella fotografia, è un tantino consumata: ma guai a chi me la tocca!

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