“Caro diario” di Nanni Moretti

(Italia/Francia, 1993)

Superati …splendidamente i 30 anni di vita, “Caro diario” rimane sempre un ottimo film, come tutta o quasi, la cinematografia del grande cineasta romano Nanni Moretti.

I tre episodi in cui è suddiviso ci raccontano, come poche altre pellicole sue contemporanee, l’Italia degli anni Novanta che – come testimone oculare posso avallarlo anche io nel mio piccolo… – era molto più legata ai decenni precedenti che a quelli futuri.

“In vespa” apre superbamente il film in cui Moretti ci confessa e mostra: “la cosa che più di tutte gli piace fare”. Così lo seguiamo per le strade più belle, affascinanti ma anche struggenti della capitale – con alcune immagini davvero indimenticabili – che ci mostrano un’essenza che forse oggi la città non possiede più, e non solo perché allora non era stata invasa da rifiuti e cinghiali come lo è oggi, ma perché, ancora agli albori dei Novanta, Roma era assai più vivibile e l’aria che si respirava – non solo quella inquinata dallo smog… – era molto diversa. Oltre al piccolo cameo del cineasta americano Alexandre Rockwell e della compagna Jennifer Beals, rimangono memorabili: la scusa del film sul pasticcere trozkista nell’Italia formale degli anni Cinquanta per sbriciare nelle case altrui – soprattutto per me che ho avuto davvero uno zio pasticcere trozkista – e il commovente omaggio al grande Pier Paolo Pasolini.

Il secondo episodio, “Isole”, è dedicato alla classe intellettuale italiana che più radical chic non si può, che vizia i figli unici e snobba la televisione e tutta la cultura “nazional popolare” in generale, e che alla fine proprio della scatola magica divenne schiva e fedele adepta. I geni e i veri intellettuali – termine fin troppo spesso usato e abusato – sono coloro che riescono a guardare più avanti degli altri e, come in altre pellicole, Moretti ci anticipa quale e come sarà la classe intellettuale che negli anni successivi segnerà il nostro Paese, e ad incarnala è Gerardo, un bravissimo Renato Carpentieri. Delizioso cameo di Antonio Neiwiller – autore e interprete di spicco del teatro napoletano e collaboratore, già dagli anni Settanta, oltre che dello stesso Carpentieri anche di Mario Martone e Toni Servillo – che scomparirà, a causa di una malattia, pochi giorni dopo l’uscita del film nelle sale italiane.    

Con “Medici” Moretti ci racconta la sua drammatica esperienza quando e come ha scoperto di avere un tumore. Il regista ricostruisce tutte le visite e le consulenze, durate anche mesi, perché affetto da tremendi pruriti che tutti scambiano sempre per dermatiti da stress; poi fortunatamente… Per questo l’episodio si chiude con il regista che, guardandoci negli occhi, dice: “i medici sanno parlare bene ma non sanno ascoltare”, frase più che condivisibile anche se valida non sempre per tutti.

In relazione alle splendide immagini del film è opportuno ricordare che come aiuto regista Moretti, in questa pellicola, si avvale di Riccardo Milani che successivamente firmerà alcune fra le commedie italiane più rilevanti degli ultimi anni come: “Il posto dell’anima” o “Come un gatto in tangenziale”.  

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