“Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)” di Alejandro González Iñárritu

(USA, 2014)

Di teatro al cinema ne abbiamo visto tanto. Non sono pochi, infatti, i film che raccontato che c’è, e cosa si consuma dietro il palcoscenico. Ma spesso di tanta pellicola non sappiamo che farne.

Non sono molti infatti i film belli sul teatro, sia commedie che drammatici, che lasciano il segno come “Servo di scena” o “Rumori fuori scena”. A questa non così lunga lista deve essere aggiunto “Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza)” del regista messicano Alejandro González Iñárritu, già autore fra gli altri di pellicole come “Amores perros” o ”21 grammi”, e trionfatore agli ultimi Oscar col film “Revenant-Redivivo” con cui ha vinto il suo secondo e consecutivo Oscar come miglior regista.

“Birdman” ci racconta la pesante ingerenza di Hollywood su Broadway, di come i grandi incassi e i film spettacolari incidano direttamente sulla vita e, soprattutto, sull’arte di attori che spesso proprio da Broadway partono per raggiungere l’Eldorado del cinema, nel quale poi però rimangono impantani a vita non riuscendo più a tornare indietro.

Per questo González Iñárritu sceglie tutti attori – bravissimi, è giusto ricordarlo – che a Hollywood hanno girato film su supereroi: Michael Keaton è stato il Batman di Tim Burton, Edward Norton ha impersonato Hulk, Emma Stone è stata la fidanzata dell’Uomo Ragno, e Naomi Watts la Ann Darrow del “King Kong” di Peter Jackson. Un’alchimia perfetta per raccontare come la celebrità a volte sia nemica dell’arte.

Candidato a nove statuette, ne ha portate a casa – meritatamente – quattro fra le più importanti: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia.

Da vedere.

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