“Mia nonna saluta e chiede scusa” di Fredrick Backman

(Mondadori, 2016)

Checché se ne dica, la vita non è semplice per nessuno. Neanche per una bambina di sette anni che ama l’intera saga di Harry Potter e che tutti considerano una tipa strana, molto matura e forse anche per questo …molto “diversa”.

Così la scuola per Elsa non è un ambiente sereno. Non capita giorno in cui non venga bullizzata da alcune compagne di classe che proprio non sopportano la sua eccentricità e la sua intelligenza. Ma a sua madre Ulrika non può certo raccontare quello che le capita quotidianamente perché non capirebbe, e poi ha bisogno di tutta la serenità possibile visto che sta portando a termine la gravidanza alla fine della quale nascerà il suo fratellastro.

Perché Elsa vive con la madre e con George, il nuovo compagno, dato che il matrimonio con il suo papà è naufragato ormai da qualche tempo. L’unica persona che la capisce completamente è sua nonna materna che, guarda caso, anche lei è stata sempre un tipo molto “originale”. Era un chirurgo e ha girato tutto il mondo, è stata in posti di guerra e di dolore dove ha salvato decine di vite umane. Ma questo l’ha tenuta per molto tempo lontana da casa e così sua figlia Ulrika è cresciuta la maggior parte del tempo senza di lei.

Ora che ha settantasette anni la nonna non vuole commettere lo stesso errore con sua nipote e così la sostiene con tutti i mezzi possibili. Il segreto più grande fra loro due è Miamas, il mondo fantastico che si può visitare mentre ci si addormenta la sera. Ma la nonna, fumatrice incallita, sta perdendo la sua battaglia contro un implacabile tumore, e così lascia ad Elsa una serie di lettere da consegnare agli abitanti del condominio in cui loro due, assieme ad Ulrika, vivono.

Per Elsa sarà un viaggio per conoscere alcuni aspetti della nonna, di sua madre e anche di se stessa impensabili ed incredibili…

Pubblicato per la prima volta nel 2013, questo piacevole romanzo anticipa alcuni dei temi che Backman svilupperà nel suo libro successivo e certamente più famoso “L’uomo che metteva in ordine il mondo“, come la perdita di un affetto centrale nella propria esistenza e l’emarginazione che provoca l’essere emotivamente e caratterialmente “diversi” dalla massa.

Così come gli altri scritti di Backman, anche questo è un inno alla tolleranza e all’inclusione, che ci racconta di un mondo dove nessuno è perfetto, o buono o cattivo al 100%, e dove l’impresa più ardua è quella di riuscire a convivere con se stessi.

D’altronde, come dice un antico proverbio cinese: “L’albero storto vive la sua esistenza nel bosco, quello dritto finisce sul tavolo del falegname”.

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