“Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams

(Einaudi, 2020)

Quando il 3 dicembre del 1947 va in scena al Barrymore Theatre di New York la prima di “Un tram che si chiama desiderio” il teatro contemporaneo cambia per sempre.

A dirigere la prima rappresentazione dell’opera di Tennessee Williams è Elia Kazan (che dirigerà anche l’omonimo adattamento cinematografico “Un tram che si chiama desiderio” del 1951). Gli interpreti sono Marlon Brando nel ruolo di Stanley Kowalski, Jessica Tendy nel ruolo di Blanche DuBois, Karl Malden in quello di Mitch e Kim Hunter in quello di Stella.

Neanche due anni dopo la prima a New York, “Un tram che si chiama desiderio” viene rappresentato in molti altri paesi. A Londra viene diretto da Laurence Olivier con Vivien Leigh nei panni di Blanche (panni che vestirà anche nell’adattamento cinematografico diretto da Kazan), mentre a Parigi è la divina Arletty che la interpreta. Sempre nel 1949 “Un tram che si chiama desiderio” debutta all’Eliseo di Roma, a dirigerlo è Luchino Visconti e gli interpreti sono Vittorio Gassman nei panni di Stanley, la grande Rina Morelli in quelli di Blanche, mentre Marcello Mastroianni è Mitch e Vivi Gioi è Stella.

Tennessee Williams (nato Thomas Lanier Williams III) cambia le regole della narrazione teatrale contemporanea racontando in maniera cruda e crudele la caduta agli inferi di una donna complessa e contraddittoria, quasi impossibile – allora – da codificare.

Blanche DuBois, con tutte le sue contraddizioni, diventa una delle icone femminili del Novecento vittima di se stessa e fagocitata dalla incontenibile voracità sessuale degli uomini, incarnata nel rude e carnale Stanley.

Ma Blanche rappresenta anche quell’anima decadente e decaduta del Sud che, a distanza di quasi un secolo, ancora non ha accettato la sconfitta inflittagli dal Nord nella sanguinosa guerra civile. E’ lei che, tentando di vivere nella vana illusione dei “tempi andati”, pagherà il prezzo più alto della sconfitta del Sud, fatto di antiche magioni il cui passare del tempo era dettato da quello delle immense piantagioni, conquistato e piegato dal Nord, centrato invece sul profitto l’efficenza e il progresso.

E se Blanche è un personaggio innovativo, lo è ovviamente anche il suo contraltare Stanley, l’uomo che ne determina la definitiva rovina. Ma soprattutto Stanley Kowalski, che come Blanche è un personaggio ambiguo con lati oscuri (e anche violenti visto che picchia sua moglie Stella incinta) rappresenta anche la sessualità animale e viscerale.

Insieme a “Lungo viaggio verso la notte” di Eugene O’Neill e “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller, “Un tram che si chiama desiderio” è considerato, giustamente, uno dei maggiori testi teatrali americani, che ancora oggi conserva intatta tutta la sua potenza narrativa.

Per la chicca: tutti i riferimenti che nel testo Williams fa di New Orleans (città in cui si svolge l’azione) sono veri, compreso il tram che si chiama “Desiderio” che prende all’inizio Blanche per raggiungere la casa di sua sorella Stella.

2 pensieri su ““Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams

  1. Pingback: “Il lungo viaggio verso la notte” di Sidney Lumet | Valerio Tagliaferri

  2. Pingback: “Barriera invisibile” di Elia Kazan | Valerio Tagliaferri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *