“Erik il vichingo” di Terry Jones

“Erik il vichingo” di Terry Jones

(UK/Svezia, 1989)

Il poliedrico Terry Jones (1942-2020) oltre ad essere stato uno dei fondatori dei mitici Monty Python, è stato uno scrittore, uno sceneggiatore e un regista assai prolifico. Fra le sue molte opere, spicca la sceneggiatura del bellissimo “Labyrinth – Dove tutto è possibile” diretto da Jim Henson nel 1986.

Nel 1974 nasce Sally, la sua prima figlia, per la quale scrive una serie di racconti fantastici dedicati all’esploratore Erik il Vichingo che, con le illustrazioni di Michael Foreman, vengono pubblicati nella raccolta “The Saga of Erik the Viking” nel 1983.

Sulla scia del successo dei Monty Phyton e soprattutto di “Labyrinth – Dove tutto è possibile” viene chiesto a Jones di adattare e dirigere per il grande schermo i suoi racconti. 

La terra dei vichinghi è ormai da decenni avvolta in un manto perenne di nuvole: è calata l’era del Ragnarok. Il clan di Erik (Tim Robbins) vive saccheggiando senza pensare al domani, solo lui cerca di capire il vero senso della propria esistenza, suscitando le perplessità di suo nonno (Mickey Rooney). 

Così Erik interroga la strega Freya che gli rivela il compito che il fato ha in serbo per lui: ritrovare il grande corno magico e suonarlo tre volte. Con la prima verrà portato ad Asgaard, la dimora di Odino, di tutti gli altri Dei e dei vichinghi morti eroicamente in battaglia. Con la seconda soffiata sveglierà gli Dei ponendo fino all’era del Ragnarok. Con la terza potrà finalmente tornare nel suo villaggio. Ma per trovare il corno magico, Erik con il suo drakkar dovrà attraversare un mare …di pericoli.

Probabilmente, proprio perché autore dei racconti e della sceneggiatura, Jones non riesce a dare come regista quel ritmo continuo e incalzante che invece Henson dona a “Labyrinth”. Così il filo narrativo di “Erik il vichingo” in alcune scene sembra perdersi o arenarsi. Ma la pellicola possiede comunque il suo fascino. 

Primo perché gli effetti speciali e i “mostri” che incontra Erik nel suo viaggio fantastico sono fatti “a mano”, con trucchi e macchinari “pre” era digitale. Poi perché come protagonista Jones sceglie un giovane Tim Robbins che di lì a breve sarebbe diventato uno dei più rilevanti attori/registi di Hollywood. E poi perché il film è costellato da battute e gag tipiche dei Monty Python.

Negli extra del dvd è presente un gustosissimo “Making of” in cui vengono illustrati i vari effetti speciali usati nella pellicola; oltre a un breve documentario con le interviste al regista e ai vari protagonisti fra cui Robbins e il grande John Cleese che veste i panni del terribile vichingo Halfdan il Nero. A proposito dell’influenza dei Monty Phyton nel film, Cleese nel documentario racconta in maniera irresistibile come, per interpretare lo spietato e avido Halfdan che vuole uccidere tutti i bambini del villaggio di Erik, si sia ispirato …ad un noto e flemmatico banchiere inglese.

25 anni dalla scomparsa di Jim Henson

Il 16 maggio del 1990 se ne andava Jim Henson, il più grande burattinaio della televisione americana, inventore fra l’altro del grande The Muppets Show.

James Maury Henson, detto Jim, nasce il 24 settembre 1936 a Greenville, capoluogo della contea di Washington nello stato del Mississippi.

Già adolescente si appassiona al mondo delle marionette e dei burattini, ma a cambiare la sua esistenza sarà il grande elettrodomestico che un giorno arriva nel salotto di casa sua: la televisione.

E’ fra i primi, e senz’altro fra i più giovani, a intuire e immaginare le potenzialità di quella scatola magica in sinergia coi pupazzi con cui si diverte ogni giorno. Ed è sempre in questi momenti che Henson elabora il personaggio forse più famoso: Kermit la Rana, suo vero pupazzo alter ego (tutti i suoi più intimi amici hanno parlato sempre del carattere timido e gentile di Henson anche sul lavoro).

Dopo un lungo viaggio in Europa per studiare dal vivo la grande tradizione artigianale dei burattini, torna negli States dove le sue creazioni partecipano ad alcuni programmi per bambini.

Il successo di quei strani ma accattivanti pupazzi (che Henson realizza in gommapiuma per renderli più espressivi e mobili, soprattutto nel parlare) attira il mondo della pubblicità, che per anni sarà il centro delle entrate dell’attività del genio di Greenville, che comincia ad avere validi collaboratori come la moglie Jane Nebel e il giovane Frank Oz (che poi dirigerà film come “In & Out” e “Tutte le manie di Bob”, ma soprattutto animerà, prestandogli anche la voce, Yoda nella saga di “Guerre Stellari”).

Nel 1969 Henson e i suoi personaggi vengono invitati a partecipare al programma didattico per bimbi “Sesame Street” che riscuote un grande e immediato successo.

Henson però è convinto che i suoi burattini possano intrattenere anche gli adulti, ma in USA nessuno osa rischiare. Così il suo progetto per grandi e piccini  “The Muppets Show” nasce grazie a una produzione inglese.

E visto che ancora oggi continuano a uscire cofanetti deluxe con i Muppets, trovo superfluo qui parlare della loro incredibile ironia e genialità.

Negli anni Ottanta Henson si dedica al cinema e realizza nel 1984, insieme a Oz, il fantasy “Dark Cristal” che riscuote un buon successo di pubblico, sulle ali del quale nel 1986, dirige lo splendido “Labyrinth- Dove tutto è possibile”, scritto insieme a Denis Lee e Terry Jones (membro storico dei Monty Phyton), con un tenebroso David Bowie e una bellissima Jennifer Connelly.

La pellicola oggi è considerata – giustamente – un vero e proprio cult, ma quando uscì venne di fatto snobbata (e forse non capita) dal pubblico tanto da allontanare per sempre il suo regista dal grande schermo.

Per avere più possibilità produttive, nel 1989 Jim Henson entra nella Walt Disney Company, ma proprio mentre stava iniziando nuovi progetti una polmonite fulminante da streptococco ce lo porta via.

Anche se la sua eredità ormai sembra immortale, intristisce comunque il pensiero di quello che la sua mente geniale e innovativa avrebbe potuto realizzare in tutti questi anni.

“Labyrinth – Dove tutto è possibile” di Jim Henson

(USA/UK, 1986)

A Jim Henson, prematuramente scomparso nel 1990, quelli della mia generazione devono tanto.

E’ lui infatti, insieme alla moglie Jane (scomparsa pochi mesi fa), a portare la grande tradizione dei burattini sul piccolo schermo che avrà il suo apice negli anni Settanta col mitico “Il Muppet Show”.

Ma tornando a questo fantastico film – e l’aggettivo non è certo casuale – il cui soggetto è stato scritto dallo stesso Henson insieme a Dennis Lee mentre la sceneggiatura è firmata da Terry Jones (uno dei mitici Monty  Python), “Labyrinth” legittima definitivamente il genere fantasy nel mondo del cinema e dei giochi di ruolo prima e dei videogiochi poi.

La storia di Sarah (una bellissima Jennifer Connelly) che, costretta per l’ennesima volta a fare la babysitter al fratellino Toby, lancia un anatema al quale risponde subito Jareth il Re dei Goblin (un diabolico e fascinoso David Bowie) rapendo il piccolo, è davvero immortale.

Il viaggio di Sarah, che dovrà attraversare il labirinto per salvare il fratello, rimane uno dei viaggi nella fantasia pura più belli del cinema.

Due cose su tutto: la Gora dell’Eterno Fetore – i cui effluivi posso uccidere – e Sir Didymus e il suo fide destriero Ambrogio… indimenticabili!