“Betty” di Claude Chabrol

(Francia, 1992)

Oltre trent’anni dopo la prima pubblicazione dello splendido romanzo del maestro Georges Simenon “Betty“, pubblicato per la prima volta nel 1961, Claude Chabrol realizza il suo affascinante adattamento cinematografico.

Fra i numerosi registi che hanno portato sul grande schermo le opere di Simenon, Chabrol è senza dubbio fra quelli che hanno corde narrative molto simili a quelle dello scrittore. Non è un caso quindi che i suoi due adattamenti, “I fantasmi del cappellaio” del 1982 e “Betty”, siano fra i migliori in assoluto realizzati per il grande schermo dalle opere immortali dello scrittore belga.

Nell’anonimo locale “La Buca” di Versailles viene portata dal suo accompagnatore, la giovane e in evidente stato di ebrezza Betty (Marie Trintignant). L’uomo, un ex medico cocainomane, sembra essere preda d’improvvise nevrosi che vengono contenute da Mario, il proprietario del locale. Betty, sempre più in preda all’alcol, chiede all’uomo ancora da bere, mentre al suo tavolo si siede un’altra avventrice del locale, Laure (Stéphane Audran) per ascoltare la sua storia. Storia che però Betty non riesce a raccontare perché sviene ferendosi ad una mano.

Laure chiede a Mario di portarla nell’albergo dove lei risiede ormai da qualche anno, e la fa sistemare nella camera accanto alla sua. La stessa Laure è stata per molti anni la moglie di un famoso medico e così, dopo aver lavato Betty, le cura la mano e la fa assumere alcuni tranquillanti.

Appena la ragazza si risveglia la sua ospite chiama un medico per visitarla, medico che conferma le cure di Laure e raccomanda assoluto riposi per vari giorni. Così Betty inizia a raccontare alla sua nuova amica la propria storia. Fino a pochi giorni prima era la moglie di uno dei rampolli di una delle famiglie più aristocratiche di Parigi, gli Etamble. Ma il suo carattere e soprattutto la sua sessualità irrisolta l’hanno portata alla “rovina”, costringendola ad abbondare le sue due figlie piccole.

Ma Betty, proprio nel locale “La Buca” ha toccato il suo “fondo”, e adesso non può fare altro che risalire…

Molto fedele al romanzo di Simenon, questo film di Chabrol è davvero uno dei migliori girati negli anni Novanta. Infatti, il regista francese, riesce a farne un’opera a se stante, che si basa sul romanzo di Simenon, ma che al tempo se ne distacca, toccando nuove leve emotive. Lo stesso Chabrol, per esempio, ha affermato che se nel libro originale Simenon, proprio per sottolineare la carnalità della storia, inserisce in continuazione carezze, abbracci e palpate amichevoli, lui li ha volutamente evitati. Perché, da vero artigiano del cinema quale era, sapeva bene che un conto è leggere una cosa, un altro assai differente è vederla. E così il senso di carnalità nel film lo ha ricreato attraverso non solo ai corpi, ai comportamenti e ai dialoghi fra i personaggi, ma anche con i rumori, la colonna sonora e i movimenti della macchina da presa, per non parlare dei continui flashback che ci raccontano frammentata e apparentemente incomprensibile la storia di Betty.

Per la chicca: all’inizio dei flashback ambientati nella austera magione degli Etamble, la suocera di Betty, matriarca della famiglia e volitiva vedova del generale Etamble, parla sdegnosa di un film “indegnamente” scandaloso appena visto al cinema. Si tratta del bellissimo “Un affare di donne” che lo stesso Chabrol diresse nel 1988, film che provocò non poche polemiche negli ambienti più reazionari della società francese.

Purtroppo, guardando questo film, non si può non pensare al vero tragico epilogo della vita dell’attrice Marie Trintignant, figlia del grande attore Jean-Louis Trintignant. Nella notte fra il 26 e 27 luglio del 2003 – mentre era a Vilnius, in Lituania, per girare un film – venne massacrata di botte dal suo “compagno” il cantante Bertrand Cantat, frontman del gruppo Noir Désir. Per le gravi lesioni la donna entrò in coma e morì il 1° agosto dopo due vani interventi chirurgici. Il destino volle, inoltre, che questo infame delitto si consumasse in una stanza d’albergo, ambiente in cui si svolge la maggior parte del film “Betty”.

“Il pranzo di Babette” di Gabriel Axel

(Danimarca, 1987)

Pellicola premio Oscar come miglior film straniro, “Il pranzo di Babette” è l’adattamento di un racconto della grande Karen Blixen.

Alla metà del XIX secolo, in un piccolo paese della Danimarca, vive una comunità la cui guida spirituale è un pastore protestante che ha impostato la propria vita all’insegna della frugalità. Anche le sue due giovani e belle figlie, Martina e Philippa, ruotano intorno alla figura del padre, respingendo diverse proposte di matrimonio.

Molti anni dopo, alla porta delle sorelle ormai alla soglia dellla terza età, si presenta una donna francese con in mano una lettera di uno dei vecchi pretendenti delle due. La straniera, Babette Hersant (Stéphane Audran) dice la lettera, suo malgrado è dovuta fuggire da Parigi, dove ha lasciato tutti i suoi averi, per scampare alla ghigliottina che ha travolto il resto della sua famiglia.

Le due donne non possono pagarla, ma sono in grado di ospitarla e nutrirla, in cambio lei farà loro da cameriera.

Quattordici anni dopo, arrivano da Parigi diecimila franchi d’oro vinti da Babette alla lotteria. Le due sorelle sono convinte che la loro ospite tornerà in Francia mentre Babette, invece, userà il piccolo patrimonio per organizzare il pranzo del centesimo anniversario della nascita del padre delle sue ospiti, evento al quale parteciperà tutta la piccola comunità.

Durante il fastoso pasto, Martina e Philippa, scopriranno che Babette era la cuoca di uno dei ristoranti più importanti di Parigi e che…

Splendida pellicola intimista e malinconica, fatta più di immagini che di parole. Alla vigilia dei suoi trent’anni, ancora bella emozionante e che ci racconta ancora tanto.

Da vedere.