“Il fantasma e la signora Muir” di Joseph L. Mankiewicz

(USA, 1947)

Nel 1945 la scrittrice irlandese Josephine Leslie (1898-1979) pubblica il romanzo surreale e sentimentale “The Ghost and Mrs. Muir”. Tanto per comprendere quanto ci sia di autobiografico nel testo, basta considerare che la Leslie per pubblicare usa lo pseudonimo di R. A. Dick, ispirandosi alle iniziali del padre Robert Abercromby, vero lupo di mare e capitano di Marina.      

Il libro riscuote un notevole successo in tutto il mondo tanto da dare spunto a numerosi adattamenti radiofonici e nei decenni successivi anche a quelli televisivi. Due anni dopo, invece, arriva quello cinematografico firmato da Joseph L. Mankiewicz – la cui sceneggiatura è firmata da Philip Dunne – che approderà nelle nostre sale solo nel 1949.

Alle soglie del Novecento Lucy Muir (Gene Tierney) si ritrova vedova e con la sua piccola Anna da crescere. La suocera e la cognata vorrebbero trattenerla con loro nella casa di famiglia a Londra, ma la giovane donna vuole essere indipendente e così decide, grazie alla piccola rendita lasciatale dal marito, di trasferirsi sul mare.

L’unica casa disponibile, il cui affitto è stranamente alla sua portata, è Gull Cottage che però l’agente immobiliare che se ne occupa dice essere infestato dal fantasma del suo ex proprietario, morto suicida quattro anni prima. La signora Muir non teme l’occulto e così firma il contratto e ci si trasferisce assieme alla piccola figlia e alla fedele cameriera.

Poco dopo il suo arrivo, nella notte, si materializza davanti ai suoi occhi il fantasma del burbero e rude Capitano Daniele Gregg (Rex Harrison) che tenta in ogni modo di convincerla a scappare come hanno fatto tutti i precedenti inquilini. Ma Lucy Muir non si arrende e con cortese fermezza dichiara all’ectoplasma di essersi innamorata di Gull Cottage e di volere rimanerci per il resto della vita.

Gregg, colpito dalla volontà granitica della donna e dal suo apprezzamento per la casa, acconsente. Inizia così una convivenza assai particolare fra i due che ogni giorno passano sempre più tempo insieme diventando ogni volta più intimi. L’ex lupo di mare le rivela di non essersi affatto suicidato, ma di aver toccato involontariamente nel sonno la leva del gas del camino in camera da letto che aprendosi lo ha ucciso. E soprattutto le racconta come il suo sogno fosse quello di trasformare Gull Cottage in un pensionato per vecchi marinai.

Col passare dei mesi le finanze della signora Muir iniziano a scarseggiare e così all’orizzonte si concretizza la possibilità che madre, figlia e cameriera debbano lasciare la casa per tornare a Londra. Gregg allora si offre di aiutarla: le detterà la sua autobiografia di lupo di mare che lei potrà proporre agli editori. Infatti la Muir poco dopo aver presentato il manoscritto viene convocata a Londra per firmare un lauto contratto.

Proprio nell’ufficio del suo editore Lucy incontra Miles Fairley (George Sanders) noto autore di libri per bambini. Fra i due scocca la scintilla e allora Gregg decide di farsi da parte e, dopo averla salutata nel sonno convincendola che il loro rapporto era solo il frutto della sua immaginazione, scompare per sempre.

Ma fra Lucy e Miles le cose non sono come sembrano…        

Pellicola molto originale e onirica, girata in un bianco e nero davvero d’atmosfera, con due attori in ruoli molto insoliti e forse per questo particolarmente affascinanti, e con una scena finale da fazzoletto e cibo ipercalorico.   

“Spirito allegro” di David Lean

(UK, 1945)

Il commediografo inglese Noël Coward (1899-1973), durante una vacanza sulle coste gallesi con la sua compagna Joyce Carey (attrice britannica che apparve in numerose riduzioni cinematografiche delle opere di Coward) scrive in pochi giorni la commedia “Blithe Spirit”, ispirato dalla lettura della poesia “Ad un’allodola” di Percy Bysshe Shelly.

Siamo nel 1940 e l’ombra oscura della Seconda Guerra Mondiale è già calata tragicamente sul nostro continente. Alla sua rappresentazione, avvenuta l’anno dopo, la critica britannica storce il naso, soprattutto perché Coward scherza in maniera pungente sulla morte.

Ma proprio perché all’orizzonte si prospettano anni terribili, colmi di perdite e privazioni, la gente vuole ridere e dissacrare la morte, troppo presente nella vita quotidiana, e il pubblico decreta un successo quasi senza precedenti per la commedia.

Lo stesso autore produce nel 1945 la sua riduzione cinematografica che fa dirigere al regista, che diventerà fra i più rappresentativi del cinema non solo britannico del Novecento, David Lean che ne scrive la sceneggiatura assieme a Ronald Neame e Anthony Havelock-Allan.

Charles Condomine (Rex Harrison) è uno scrittore di successo che vuole scrivere un nuovo libro per il quale intende ispirarsi a Madama Arcati (Margaret Rutherford) una strana e goffa veggente che vive nella località dove abita anche lui.

Per questo Condomine organizza una seduta spiritica assieme alla moglie Ruth (Constance Cummings) invitando il Dottor Bradman (Kay Hammond) e signora (Joyce Carey). I quattro a stento riescono a non ridere davanti ai gesti e alle frasi di Madame Arcati che però, alla fine, offesa se ne va. Ma qualcosa è successo però perché, appena congedati anche gli altri ospiti, Charles vede materializzarsi il fantasma di Elvira, la sua prima moglie, morta due anni prima.

Se Ruth all’inizio pensa che il marito le stia facendo uno scherzo, visto che lei invece Elvira non può vederla, alla fine comprende la verità, cosa che farà scatenare una “guerra” fra le due, caratterialmente opposte, per conquistare nuovamente Charles, che invece sembra godersi la situazione. Ma…

Deliziosa commedia incentrata sul classico triangolo amoroso, con toni e sfumature davvero insolite e originali, tanto da diventare un vero e proprio capostipite. Coward mette superbamente alla gogna gli aspetti più immaturi e capricciosi dei protagonisti, tanto che alla fine il personaggio più equilibrato e sobrio sembra essere proprio Madame Arcati.

Ma da grande autore quale era, Coward non stereotipizza le due figure femminile rendendole semplici macchiette, ma crea due diversi personaggi, ognuno dei quali possiede pregi e difetti peculiari. E’ Charles quello che davvero ne uscirà moralmente malconcio a causa soprattutto del suo egocentrismo, della sua supponenza e della sua alterigia, peccati per i quali alla fine pagherà il “prezzo” più alto…

Il film nel 1947 vince l’Oscar per i migliori effetti speciali, tutti fatti ovviamente a mano, o quasi.

Nello stesso anno Coward, Lean, Neame e Havelcock-Allan danno vita allo splendido e indimenticabile “Breve incontro“.

Purtroppo l’edizione originale italiana di questa pellicola non è disponibile e così al momento è reperibile solo la sua versione originale – che possiede comunque un fascino del tutto particolare – sottotitolata in italiano.