“Bliss” di Mike Cahill

(USA, 2021)

A chi non è mai capitato di chiedersi la storia e le vicende che hanno portato un essere umano a diventare un senzatetto? 

Sospendiamo per un attimo il giudizio su tutti quegli ottusi che vorrebbero eliminarli dalla faccia della Terra, o quantomeno nasconderli dalla vista della “brava gente”, e che certo nel loro assai angusto cervello – infinitamente più piccolo di una scatola di cartone nella quale molti clochard passano le notti più fredde –  la domanda non se la sono mai posta, o su quelli che per mero interesse personale cavalcano l’egoismo, l’ignoranza e la paure altrui. 

Sicuramente fra i motivi principali di una “scelta” di vita così assoluta, c’è la grave indigenza che scaturisce dalla perdita del lavoro, dall’alcolismo o dalla tossicodipendenza – quest’ultimi sempre più di frequente effetti del primo – e quindi della propria dignità. 

Così il regista visionario Mark Cahill ci racconta la storia di Greg Wittle (un bravo Owen Wilson) che dopo aver visto naufragare il proprio matrimonio – che ha di fatto sancito la fine di ogni rapporto non solo con la propria moglie, ma anche con il figlio Arthur – viene licenziato. 

Turbato e disperato per come si è sviluppato l’incontro col suo (ex) capo Bjorn e rifugiatosi in un pub per bere, Greg incontra Isabel (Salma Hayek) una donna misteriosa e sibillina che sembra conoscerlo nel profondo.

Grazie a delle preziose pietre colorate che una volta ingerite donano poteri incredibili, Isabel mostra a Greg tutti i limiti del mondo, fatto di innumerevoli tendopoli e baraccopoli nascoste sotto i cavalcavia, che fino a quel momento lui stesso credeva reale. La donna, sempre grazie a pietre colorate, mostra a Greg inoltre il vero universo perfetto ed edulcorato dove non esistono senzatetto, difficoltà economiche o ingiustizie.  

Greg è completamente rapito da questa nuova realtà, dove però riesce a raggiungerlo il “fantasma” di Emily (Nesta Cooper) sua figlia, l’unica che cerca in ogni modo di non perderlo. Greg, così, sarà costretto a dover scegliere fra i due mondi: uno fatto di dolore, delusione e sofferenza, l’altro fatto di calma e beatitudine, termine che in inglese si traduce appunto con “bliss”.

Una soggettiva davvero emotivamente efficace di una persona che cade nel baratro della dipendenza e che per sopravvivere perde il contatto con la cruda realtà. Scritto e diretto da Cahill, questo film oltre ad avere un grande impatto visivo ha anche il pregio di farci riflettere.     

“Wonder” di Stephen Chbosky

(USA, 2017)

Nel 2012 esce “Wonder” il primo romanzo della scrittrice americana R.J. Palacio (il cui vero nome è Raquel Jamarillo), libro per ragazzi incentrato sul bullismo, soprattutto quello feroce e spietato contro le diversità.

L’esperienza della scrittrice è “diretta”, perché l’esigenza di scrivere il libro le nasce dopo una gita al parco coi figli. Mentre gioca col minore, nelle vicinanze giunge una bambina affetta da una grave malformazione facciale. Il primo istinto della futura scrittrice è quello di allontanarsi per paura che i suoi figli possano rimanere impressionati. La sua reazione ottusa e insensibile, e soprattutto il turbamento che questa le provoca nel profondo, portano la Palacio a scrivere “Wonder”, primo di una serie di sette libri.

Così entriamo nella vita di August “Auggie” Pullman (un bravissimo Jacob Tremblay) un bambino di dieci anni affetto dalla sindrome di Treacher Collins che, oltre a deformargli il cranio, lo ha costretto a ben 27 importanti interventi chirurgici per consentirgli di respirare e sentire.

Auggie, a causa della sua malattia e dei relativi lunghi ricoveri, non è mai andato a scuola e della sua istruzione se ne è sempre occupata la madre Isabel (un’altrettanto brava Julia Roberts). Ora però, secondo Isabel e nonostante i dubbi del padre Nate (Owen Wilson), è giunto il momento per Auggie di frequentare la prima media.

Isabel e Nate sanno però che il primo impatto con il mondo esterno potrebbe essere devastante. Ma senza provare che senso avrebbe per Auggie, così appassionato per lo studio e con una vera e propria propensione per le scienze, la vita passata sempre chiuso in una bolla di vetro?

Come è capitato a tutti noi – tranne ai bulli ovviamente… – Auggie dovrà scontrarsi col bullismo che per lui purtroppo sarà più violento, fatto di atteggiamenti subdoli e ipocriti, atroci prese in giro e insulti belli e buoni.

Come i libri della Palacio, il film ci racconta anche le drammatiche e dure esperienze delle persone che amano e vivono accanto ad Auggie, come sua sorella maggiore Olivia (Izabela Vidovic) che dal giorno della nascita del fratello minore ha sempre vissuto “in punta di piedi” per non creare ulteriori problemi ai suoi genitori. O quelle di Julian, facoltoso compagno di classe di Auggie che identifica in lui il “mostro” da schifare e insultare quotidianamente.

Ma parafrasando Auggie: “Ognuno di noi conduce una guerra contro il mondo, e per questo meriterebbe nella vita almeno una standing ovation”. E la disabilità, fra gli altri gravi problemi, rende questa guerra più evidente e dura.

Sceneggiato dallo stesso Chbosky – autore della discreta pellicola “Noi siamo infinito” – insieme a Steve Conrad e al bravissimo Jack Thorne (che la Rowling ha scelto per scrivere “Harry Potter e la maledizione dell’erede” e autore di script per ottimi film come: “Radioactive” della Satrapi, “Enola Holmes” di Bradbeer e “Il giardino segreto” di Munden) “Wonder” è davvero un inno alla vita struggente ed emozionante.

Da vedere e far vedere nelle scuole.