“Wagon-lits con omicidi” di Arthur Hiller

(USA, 1976)

Dopo essersi incontrati durante la produzione di “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” di Mel Brooks, Gene Wilder e Richard Pryor formano finalmente una coppia cinematografica efficace e molto divertente.

Il loro mancato esordio davanti alla macchina da presa nel film di Brooks, dove Richard Pryor aveva collaborato alla sceneggiatura, fu causato dalla condotta lavorativa imprevedibile e inaffidabile dell’attore afroamericano. Tanto che anche per questa pellicola la casa di produzione fece non poche difficoltà prima di scritturarlo.

La dinamica della coppia Wilder-Pryor è semplice quanto efficace: il primo è un ingenuo sognatore mentre il secondo è un disilluso realista. E questo sottolinea, già in quegli anni, come il colore della pelle incida in maniera determinate nella formazione del carattere di una persona che nasce e vive negli Stati Uniti. Wilder, avendo la pelle rosea, può permettersi di sognare e illudersi, Pryor con la sua pelle più scura ha dovuto imparare fin da piccolo come il mondo possa essere duro e ingiusto.

Così Wilder è George Caldwell, un piccolo editore reduce dal naufragio del suo matrimonio che decide di raggiungere Chicago in treno, partendo da Los Angeles. Il viaggio dura tre giorni, rispetto alle poche ore di quello in aereo, ma Caldwell lo preferisce perché sente di avere il bisogno di stare solo con i propri pensieri.

Nel vagone ristorate dove si reca a cenare George incontra l’esuberante commesso viaggiatore Bob Sweet (Ned Beatty) che gli rivela che sul quel treno, data la lunghezza del viaggio, è frequente vivere fugaci storie d’amore. Ancora preso dalle parole di Sweet, Caldwell s’imbatte nell’avvenente Hilly Burns (Jill Clayburg al suo primo ruolo cinematografico da protagonista) la giovane segretaria del professor Schreiner, un noto esperto internazionale d’arte.

Il fato vuole che le loro cabine siano adiacenti e così, dopo cena, George viene invitato da Hilly nella sua. Proprio mentre sono sul letto baciandosi, Caldwell vede il cadavere di un uomo precipitare davanti al finestrino. Dalla descrizione che fa a Hilly sembra proprio si tratti di Schreiner, ma al mattino dopo i due incontrano l’uomo vivo e vegeto in compagnia del mercante d’arte Roger Devereau (un diabolico Patrick McGoohan). Ma…

Divertente commedia dai toni accentuati del thriller, con chiari ed espliciti omaggi al maestro Hitchcock, ma con situazioni e gag che ancora oggi divertono. Soprattutto dall’entrata in scena di Pryor che veste i panni del ladruncolo Grover T. Muldoon, che aiuterà suo malgrado Caldwell a scoprire la verità.

Se il film è per la prima parte divertente, diventa irresistibile con la comparsa appunto di Pryor che crea con Wilder un’alchimia davvero unica. Alchimia grazie alla quale i due interpreteranno insieme altri tre film, due dei quali veri e propri campioni d’incassi come “Nessuno ci può fermare” e “Non guardarmi, non ti sento“.

Nel cast c’è anche Richard Kiel con già la sua dentatura in acciaio, che poi lo renderà il famigerato “Squalo” in alcuni film di 007; saga alla quale partecipa anche Clifton James nei panni di uno sceriffo un pò imbranato ruolo, guarda caso, che interpreta anche in questa pellicola.

“Mikey & Nicky” di Elaine May

(USA, 1976)

La geniale e poliedrica artista Elaine May – a cui quest’anno è stato assegnato l’Oscar alla carriera – scrive e dirige questa originale e claustrofobica pellicola noir centrata sul rapporto decennale, ma al tempo stesso irrisolto, fra due uomini.

Mickey (Peter Falk) e Nicky (John Cassavetes) si conoscono sin dall’infanzia passata soprattutto per la strada. Così, quando il secondo si è chiuso in una stanza d’albergo per paura di essere freddato dal killer del boss a cui ha rubato dei soldi, l’unico che può chiamare in aiuto è Mickey.

I due inizieranno un lungo viaggio in una cupa e opprimente notte newyorkese cercando di sfuggire alla vendetta del boss, per il quale lavorano entrambi. Ma tutti i nodi del loro rapporto e delle rispettive esistenze verranno al pettine…

Con una scena finale dura come un pugno nello stomaco e le straordinarie interpretazioni dei due protagonisti – amici anche nella vita reale – davvero da Oscar e Golden Globe (ma che invece in tali sedi furono vergognosamente ignorati), “Mickey & Nicky” è un gioiello del cinema americano indipendente degli anni Settanta, di cui – non a caso – lo stesso Cassavetes era l’autore di spicco.

La May ci racconta un mondo tutto al maschile dove le donne, che possono aspirare al massimo a essere mogli o amanti, devono inesorabilmente adattarsi a quello che gli uomini voglio o dicono. Da ricordare, per questo, l’interpretazione di Carol Grace (seconda moglie di Walter Matthau – che con la stessa May dirige nel delizioso “E’ ricca, la sposo e l’ammazzo” solo quale anno prima – nonché amica personale di Truman Capote tanto da aver ispirato, raccontano le cronache del tempo, il personaggio di Holly Golightly, protagonista del suo romanzo “Colazione da Tiffany”) nel ruolo di Nellie, l’amante di Nickey. Nel cast anche un arcigno Ned Beatty.     

Davvero una pellicola insolita e originale, da vedere o rivedere perché sempre molto attuale, anche se nel nostro Paese è assai difficile da reperire, anche nel mondo dell’usato.