“Gli ordini sono ordini” di Franco Giraldi

(Italia/Francia, 1972)

Tratto dall’omonimo racconto di Alberto Moravia, questo film ci racconta la storia di una donna italiana che, come tante, è ingabbiata nel suo matrimonio patriarcale.

Giorgia (Monica Vitti) è “felicemente” sposata con Amedeo (Orazio Orlando), direttore di banca. Hanno una bella casa e una routine ben stabilita dove lui esce di casa per andare in banca, e lei si occupa della casa, per poi accudirlo quando torna la sera.

Tutta l’esistenza della donna ruota intorno ai bisogni, anche quelli più banali, del marito ma lei, apparentemente, non sembra soffrirne. Un giorno, però, nella testa di Giorgia risuona una voce maschile decisa e al tempo stesso suadente, che le ordina di compiere degli atti impensabili per lei, come prendere l’auto e fermarsi sulla spiaggia per fare l’amore con un ragazzo che sta ridipingendo le cabine di uno stabilimento balneare.

Sconvolta, Giorgia torna a casa e racconta tutto a Amedeo, che però non le crede. La voce torna insistente nella sua testa e la costringe a lasciare la tanto “amata” casa. La donna torna così della madre, una delle sensali più famose della zona, che le ricorda però l’importanza del matrimonio: senza il quale una donna non ha di fatto alcuna rilevanza sociale.

Rassegnata, la donna si allontana e, mentre vaga incerta, incontra Nancy (Claudine Auger) una studiosa di tradizioni vocali che gira la regione registrando canzoni, poesie e filastrocche tradizionali. Le due decidono di convivere e Giorgia diviene la sua assistente. Casualmente le due assistono ad una performance pubblica dell’artista Mario Pasini (Gigi Proietti) di cui subito Giorgia si innamora.

La donna decide così di convivere con l’artista. Se il primo periodo sembra idilliaco, lentamente però lei si ritrova in un meccanismo sentimentale e materiale del tutto simile a quello che aveva con Amedeo, e così quella vocina torna a farsi sentire…

Bisogna riconoscere che, nonostante il grande cast artistico e gli autori della sceneggiatura che sono nientemeno che Tonino Guerra e Ruggero Maccari, questa pellicola ha dei limiti strutturali che la rendono meno graffiante e pungente di quello che avrebbe potuto essere.

Ma è giusto ricordarla perché, oltre cinquant’anni fa, quando il nostro Paese aveva appena introdotto la legge sul Divorzio (1970) la nostra società e, soprattutto la maggior parte delle donne italiane, non erano preparate. Perché dopo secoli di educazione patriarcale, poche sapevano esattamente affermare le proprie esigenze e i propri diritti, pubblici e privati.

Così, rivedendo questo film, apprezziamo sempre di più quel “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi che ci racconta una storia che sembra lontana nel tempo, ma che in realtà non lo è. Nonostante una regia e una trama un pò troppo legate al momento storico in cui venne realizzato, “Gli ordini sono ordini” rimane un originale e prezioso documento storico dell’evoluzione e dei cambiamenti del nostro Paese.

Nel cast anche Corrado Pani, nella parte di un malvivente che accetta di dare un passaggio a Giorgia.

“La ragazza con la pistola” di Mario Monicelli

(Italia, 1968)

Di questo capolavoro del maestro Mario Monicelli non se ne parla mai abbastanza. Se è vero che forse l’ambientazione, e soprattutto le musiche e i costumi, sono strettamente legati agli anni in cui venne girato, la sceneggiatura, l’interpretazione dei protagonisti e la mano graffiante del regista sono ancora poderosamente attuali.

Scritto da Rodolfo Sonego e Luigi Magni, con la penna ovviamente anche di Monicelli, questa pellicola consacra definitivamente Monica Vitti fra le più grandi attrici comiche e brillanti della storia del cinema. Una grande attrice comica di una bellezza luminosa e seducente, con delle gambe e uno sguardo che ancora incantano.

In un piccolo paesino siciliano Assunta Patanè (la Vitti che sfoggia una treccia castano scuro lunga fino ai fianchi) viene erroneamente fatta rapire dal fascinoso Vincenzo Macaluso (Carlo Giuffrè) invaghito della cugina. Visto che Assunta si dichiara da sempre innamorata di lui, Vincenzo soprassiede all’errore e passa una notte d’amore con lei. All’alba però Assunta si ritrova sola, sedotta e abbandonata. Vincenzo per non riparare è scappato in Scozia. Ad Assunta, ormai emarginata e svergognata, non rimane altro che lavare col sangue il disonore, visto poi che non ha parenti maschi.

Parte così per il Regno Unito con una valigia di cartone e una pistola nella borsa. Ma da Edinburgo a Bath, Macaluso riesce sempre a sfuggirle per un soffio. E proprio a Bath Assunta incappa nel Dottor Osborne, un medico chirurgo che decide di aiutarla. Assunta inizia a studiare come infermiera e lentamente si integra in una società così diversa dalla sua. Ma l’ossessione per Macaluso la riassale quando lo incontra per caso e tenta vanamente di ucciderlo.

Ancora una volta Osborne la soccorre, ma la costringe a tornare in Italia con un aereo che fa scalo nella capitale inglese. Il richiamo della “Swinging London” però è irresistibile e così, qualche tempo dopo Osborne incontra Assunta a Londra, ormai totalmente integrata nella società. Oltre a cantare in un locale la sera, Assunta fa la modella per varie pubblicità. E proprio notandola su un cartellone pubblicitario Macaluso la inizia a cercare…

Lo scontro-incontro fra la nostra cultura più chiusa e quella moralmente molto più aperta anglosassone sembra all’inizio avere caratteristiche macchiettistiche. Ma ancora oggi, a distanza di cinquant’anni, non c’è poi così tanto da ridere. Soprattutto sul ruolo e il riconoscimento sociale della donna. Possiamo parlare di molte cose, è vero, ma il nostro Paese ha comunque una media tragicamente alta di femminicidi: quasi uno al giorno.

E Monicelli ci spiega magistralmente come: alla fine (e per una volta spoileriamo pure) quando Assunta seduce e abbandona Vincenzo per seguire il suo amore emancipato e alla pari col medico inglese (altro che pistola, è l’emancipazione l’arma davanti alla quale i “veri” uomini tremano..) per Vincenzo lei non è altro che: “…una bottana!”.

Perché Assunta/Vitti non è Agnese/Sandrelli di “Sedotta e abbandonata”, la cultura anglosassone l’ha emancipata e lei sa bene quello che vuole e soprattutto quello che non vuole. L’irresistibile maschio latino, però, non può essere rifiutato o abbandonato, e se accade è ovviamente solo colpa infame della donna…

Da vedere e far vedere agli aspiranti “veri” maschi latini.

Per la chicca: spettacolare sequenza di una partita di rugby a Bath, città storica della palla ovale inglese.

“Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola

(ITA/SPA, 1970)

Qui parliamo di uno dei picchi più alti della commedia all’italiana, e quindi della cinematografia mondiale.

Oreste (interpretato da uno strepitoso Marcello Mastroianni), anche se sposato, si innamora di Adelaide (una fantastica Monica Vitti nel film in cui appare al meglio in tutta la sua immortale bellezza).

Quando però lui le presenta il suo compagno di manifestazioni e mille battaglie Nello (un giovane ma già bravissimo Giancarlo Giannini) scoppia il dramma…

Oltre alla maestria dei tre protagonisti, questo gioiello si avvale di una grande sceneggiatura firmata dai giganti Age, Furio Scarpelli e Scola.

Fra gag e battute indimenticabili cito, perché proprio non ne posso fare a meno:

– Orè, chiedimi tutto… – sussurra languida Adelaide.

– Domenica prossima vota Comunista! – risponde senza remore Oreste.

E soprattutto, durante la scenata che Oreste fa una volta scoperta la tresca, la dichiarazione d’amore di Adelaide:

– Amo, riamata, Serafini Nello e LO APPARTENGO!

Film così bisognerebbe farli studiare a scuola!