“Io Capitano” di Matteo Garrone

(Italia/Belgio, 2023)

Seydou (un bravissmo Seydou Sarr) è un sedicenne nato e cresciuto a Dakar, in Senegal. Vive da sempre assieme a sua madre e alle sue numerose sorelle e numerosi fratelli minori in una casa fatta da una sola grande stanza.

A Seydou non manca il cibo quotidiano, anche se non abbondante, che consente a lui e alla sua numerosa famiglia di andare avanti, ma nell’ottica dei suoi sedici anni quello che vuole è un futuro diverso. L’Europa e l’Italia, che vede attraverso i social, sono proprio la Terra Promessa dove i suoi sogni di adolescente e rapper possono realizzarsi. Così, spinto da suo cugino e coetaneo Moussa (Moustapha Fall) e contro la volontà di sua madre, dopo aver lavorato di nascosto per rimediare i soldi necessari, lascia clandestinamente Dakar per raggiungere l’Italia.

A nulla sono servite le raccomandazione della madre o i racconti di chi quel viaggio lo ha già fatto ed è riuscito a tornare sano e salvo a casa: i due ragazzi vogliono una vita diversa. Seydou e Moussa, loro malgrado però, finiranno nelle bocche piene di denti acuminati di famelici trafficanti di essere umani che, senza scrupoli e sparsi nelle varie nazioni africane che attraversano, li spolperanno per avere il loro tornaconto.

Ma Seydou, nonostante i suoi sedici anni e tutto quello che subisce e che vede subire ai suoi simili per mano di altri suoi simili, è un essere umano che riesce a rimanere sempre e comunque fedele a se stesso e alla cosa che sembra diventare sempre più rara, soprattutto a latitudini molto più opulente della sua: l’umanità e il rispetto per la vita umana…

Splendido e struggente film firmato da uno dei migliori registi contemporanei, non solo italiani, che ci regala delle immagini bellissime, oniriche e al tempo stesso crude. Scritto dallo stesso Garrone assieme a Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri “Io Capitano” ci schiaffeggia là dove fa più male, proprio come il grande cinema deve – o dovrebbe… – fare.

Garrone vince il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia come miglior regista, mentre Seydou Sarr il premio “Marcello Mastroianni” come miglior giovane attore.

Nella grande tradizione del cinema italiano, “Io Capitano” – che è stato scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar – è una pellicola deve essere vista e fatta vedere anche a scuola, per far comprendere alle nuove generazioni la nostra posizione e il nostro ruolo nel mondo.

“Pinocchio” di Matteo Garrone

(Italia/Francia/Inghilterra, 2019)

Uno dei nostri migliori – e più internazionali – attuali registi porta sullo schermo, dopo la Divina Commedia, forse l’opera letteraria italiana più famosa al mondo. Così famosa da diventare molto difficile da adattare sia per il cinema che per il teatro.

Fra le numerose trasposizioni poco riuscite, oltre a quella di Benigni, c’è anche quella fatta da Walt Disney nel 1940 che, rimanendo una vera e propria opera d’arte a livello di disegni, come sceneggiatura presenta numerose lacune.

Il primo regista che riesce a portare sullo schermo – si tratta però di quello piccolo… – l’opera di Carlo Lorenzini alias Carlo Collodi, rimanendo fedele al testo e centrando l’anima della storia è stato Luigi Comencini che nel 1972 realizza lo splendido sceneggiato televisivo “Le avventure di Pinocchio”.

E proprio alle atmosfere create da Comencini si ispira quest’opera di Garrone, scritta assieme a Massimo Ceccherini. Il volto di Geppetto è quello di Roberto Benigni che da vero uomo dello spettacolo – è giusto riconoscerlo – accetta una sfida assai insidiosa dopo il flop del suo di “Pinocchio”. Ma Benigni ci regala un Geppetto molto fedele al libro, davvero da attore maturo.

Il volto di Pinocchio è quello del giovane Federico Ielapi, davvero molto bravo e truccato superbamente da burattino. Completano il cast un grande Gigi Proietti nei panni di Mangiafuoco, Rocco Papaleo e lo stesso Ceccherini in quelli del Gatto e della Volpe, e Marine Vacth in quello della Fata Turchina adulta. Da ricordare anche l’interpretazione del bravo Teco Celio nei panni del Giudice Gorilla.

Con una bellissima fotografia diretta da Nicolaj Brüel, Garrone ci racconta magistralmente una storia che conosciamo bene ma che non ci stanchiamo mai di rivivere.

Garrone – come dopo “Il racconto dei racconti”, sempre tratto da una grande e storica opera letteraria italiana – ci porta belle notizie per il nostro cinema.