“Radioactive. Marie e Pierre Curie. Una storia d’amore e contaminazione” di Lauren Redniss

(Mondadori, 2020)

Lauren Redniss, classe 1974, è una delle più famose autrici di saggi e libri visivi degli Stati Uniti, e non solo. Ha vinto numerosi premi per le sue opere ma quella più famosa, al momento, è senz’altro “Radioactive. Marie e Pierre Curie. Una storia d’amore e contaminazione” in cui ripercorre la vita di una delle più grandi scienziate della storia.

La giovane polacca Maria Salomea Skłodowska arriva nel 1891 a Parigi per studiare fisica e matematica. Ma la scienza e la carriera accademica sono saldamente in mano agli uomini, che guardano infastiditi una giovane donna capace e volitiva.

L’unico che la sostiene e le offre di dividere il suo laboratorio è Pierre Curie. I due, che condivideranno anche le proprie esistenze, rivoluzioneranno la scienza moderna, scoprendo due nuovi elementi: il Polonio – chiamato così in onore alla terra natale di Marie – e il Radio.

E proprio insieme a quest’ultimo scopriranno anche il lato oscuro della radioattività e della sua contaminazione. E quando appariranno sui loro corpi i primi sintomi visibili da radiazioni, con ulcere e piaghe comprese, i Curie si chiederanno se davvero l’umanità era pronta alle loro scoperte.

Come Alfred Nobel che con la sua invenzione fece fare un balzo clamoroso in avanti alla civiltà ma rimase annichilito da come poi gli stessi esseri umani usarono la dinamite per scopi militari micidiali, Marie e Pierre Curie, anche non potendo vedere direttamente le nefaste conseguenze dell’uso scellerato delle radiazioni, vivranno gli stessi dilemmi…

Insomma, uno splendido graphic novel da leggere e conservare, su una donna straordinaria e geniale che ha cambiato il suo tempo e la società. La Redniss ci ricorda, ad esempio, che la Curie non è stata “la prima donna” ha vincere due premi Nobel – come molto spesso è ricordato nelle sue biografie – ma è stata “il primo essere umano” a farlo, in barba ai suoi pomposi e invidiosi colleghi maschi contemporanei che le sbuffavano alle spalle. Il tutto raccontato attraverso particolari didascalie che si fondono con splendidi disegni, in un’edizione davvero di ottima qualità.

Una lettura per grandi, ma anche per i più giovani, perché è importante pensare in grande fin da piccoli!

Da quest’opera è stato tratto l’ottimo adattamento cinematografico “Radioactive” di Marjane Satrapi con una bravissima Rosamund Pike nei panni della Curie.

“Radioactive” di Marjane Satrapi

(UK/Ungheria/Rep. Pop. Cinese/Francia/USA, 2020)

Maria Salomea Skłodowska è stata una delle personalità più rilevanti del Novecento, e non solo. La Skłodowska, grazie al suo genio e alla sua costanza di scienziata, ha segnato il suo tempo e quello successivo alla sua morte avvenuta nel 1934.

Ma la Skłodowska aveva un grande e imperdonabile “difetto”, secondo la stragrande maggioranza dei suoi contemporanei: era una donna. Basta pensare che il mondo non la ricorda col suo vero nome, ma con quello francesizzato di Marie, e col cognome del marito Pierre Curie.

Perché la Skłodowska nasce a Varsavia, allora Polonia Russa, nel 1867 e nel 1891 si trasferisce a Parigi per studiare e conseguire la laurea in fisica e matematica. E’ in questa fase della sua vita che inizia il racconto del film “Radioactive”, diretto dalla franco-iraniana Marjane Satrapi, scritto da Jack Thorne e tratto dal graphic novel “Radioactive. Marie e Pierre Curie. Una storia d’amore e contaminazione” dell’americana Lauren Redniss.

A causa del suo carattere forte e indipendente – che allora dotti medici e sapienti chiamavano vergognosamente “isteria” – e nonostante il suo genio indiscusso di scienziata, Maria Salomea Skłodowska (interpretata da una bravissima Rosamund Pike da Oscar) è mal tollerata alla Sorbona, dove mezzi e risorse vengono dedicati soprattutto ai suoi colleghi maschi. All’ennesima richiesta di spazi e fondi la Skłodowska viene invitata a lasciare il suo laboratorio.

L’unico che le offre un posto è Pierre Curie (Sam Riley) ben conscio delle grandi capacità di scienziata della donna. In breve tempo i due uniscono le loro ricerche e le loro vite, sposandosi e dividendo il laboratorio. Insieme i Curie scopriranno due nuovi elementi chimici, il radio e il polonio – chiamato così in onore alla terra natia di Marie – perfezionando anche il concetto di radioattività.

Il mondo scientifico cambia in maniera rapida e inarrestabile e la coppia di scienziati è acclamata e applaudita ovunque. Ma quando arriva il Premio Nobel per la Fisica, sulla menzione c’è scritto solo il nome di Pierre Curie. Sia perché ha appena partorito, ma soprattutto perché indignata per la cosa, Marie non accompagna il marito a Stoccolma a ritirare il prestigioso premio.

Lo studio del radio e della sua radioattività inizia a provocare gravi danni agli scienziati che lo maneggiano e i Curie cominciano a domandarsi se l’umanità fosse stata davvero pronta per una scoperta così importante.

Quando, investito da una carrozza, nel 1906 Pierre muore, Marie rimane sola con i suoi dubbi ed i suoi demoni. E così, affrontando la vita sempre da donna libera e indipendente – causando fin troppo spesso le ire e le proteste dei più ipocriti benpensanti – Marie non potrà fare a meno di incrociare l’equipaggio dell’Enola Gay che lancerà la bomba su Hiroshima nel 1945 o il pompiere che per primo entrerà nel reattore danneggiato a Chernobyl nel 1986. Ma incrocerà anche, però, il bambino che per primo a Cleveland nel 1957 si sottoporrà alla radioterapia per sconfiggere il cancro che lo sta uccidendo…

Un bel film su una grande scienziata che ha rivoluzionato il mondo, e non solo quello della scienza, senza mai tradire la sua natura di donna libera.

Da vedere e da far vedere a scuola.