“Tron” di Steven Lisberger

(USA, 1982)

Scritto da Bonnie MacBride insieme allo stesso Steven Lisberger, “Tron” è il primo film nella storia della Disney che si avvale dell’uso della computer grafica. Ma di primati ne contiene anche altri, è il primo film che ipotizza infatti – forse allora con un po’ di ingenuità – quanto i computer sarebbero divenuti indispensabili nelle nostre vite quotidiane.

Quando uscì nelle nostre sale, molti lo videro semplicemente come film di fantascienza, visto che agli inizi degli Ottanta, in Italia, era impensabile che un conto in banca o un’assicurazione fossero gestiti da un programma per computer.

L’avventura di Kevin Flynn (Jeff Bridges), primo creativo nella storia, ad essere “risucchiato” nella vita virtuale di un enorme database, possiede ancora il suo fascino. Così come la contraddizione del titolo “Tron” (che il regista e sceneggiatore ha dichiarato provenire dalla contrazione della parola “ElecTRONnics”) che non si riferisce al protagonista, Flynn appunto, ma al programma che sconfiggerà il perfido Master Control Program creato dall’infingardo e subdolo Ed Dillinger (David Warner, fra i più cattivi di sempre).

Altra grande contraddizione del film è che nel mondo virtuale creato col computer, i personaggi che in esso si muovono, filmati in bianco e nero, sono stati ricolorati a mano, uno per uno e fotogramma per fotogramma, per dare l’effetto allora incredibile – e ancora oggi affascinante – delle linee luminose dei loro costumi.

Per la chicca: come consulente della Disney venne chiamato un giovane e sconosciuto Tim Burton.

“Il grande Lebowsky” di Joel Coen

(USA/UK, 1998)

Questa, per me, è l’opera cinematografica più grande di Joel ed Ethan Coen.

E’ il film più riuscito e geniale. Con un cast strepitoso a partire da Jeff Bridges che ingiustamente non vincerà l’Oscar per la sua magistrale interpretazione, a John Goodman il cui personaggio è ispirato – dicono alcuni rumors – al regista John Milius, a Steve Buscemi, all’algida Julianne Moore e all’allora poco conosciuto Philip Seymour Hoffman nei panni di Brandt, giovane lacchè del ricco e omonimo magnate Lebowski.

Le vicende cui è protagonista il Drugo hanno fatto storia nel cinema e nella cultura contemporanea. Il tutto con lo sfondo di un’America dei primi anni Novanta alle prese con la prima e allora “innocente” invasione del Kuwait da parte delle truppe di Saddam Hussein.

Un’America estrema quindi, molto simile a quella di oggi, che è fin troppo ben rappresentata da Walter (un grandioso Goodman appunto) razzista e reazionario dalla pistola facile, ma che ha nel bowling la sua religione. Il tutto narrato da un affascinante, elegante e pulito Straniero che ha i baffi e la voce calda di Sam Elliot.

Grandioso cameo di John Turturro che lecca una palla da bowling, così come sono fantastici i trip che si fa il Drugo…

Copiato di continuo, è un film indispensabile in ogni cineteca degna di questo nome.