“La regola del gioco” di Jean Renoir

(Francia, 1939)

Se esistono molti film dell’epoca che ci descrivono la società europea – fra aristocrazia e proletariato – che si confronta dolorosamente con Seconda Guerra Mondiale e con il tragico immediato dopo guerra, non sono molti quelli che ce la raccontano alle soglie dell’abisso.

Ma da solo, “La regola del gioco” del maestro Jean Renoir girato nel 1939, potrebbe bastare.

Ispirato all’opera “I capricci di Marianna” di Alfred de Musset, questo affresco di umanità, che si ritrova in una aristocratica villa di campagna in una cupa estate francese, ci descrive fin troppo bene la decadenza morale e culturale del bel mondo che, complice viziato e passivo, permetterà senza battere ciglio l’avvento della catastrofe, che a pagare saranno alla fine sempre gli stessi: i ceti più poveri e deboli della società.

Come tutte le grandi opere premonitrici e anticipatrici dei tempi (mi riferisco per esempio a “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello o a “Filumena Marturano” di Eduardo De Filippo) “La regola del gioco” venne accolto alla sua uscita con rabbia e insulti.

Lo stesso Renoir raccontò che alla prima uno spettatore, nelle sue vicinanze, diede fuoco ad un giornale per poi tentare di incendiare il cinema.

Da rivedere a intervalli regolari.

“La grande illusione” di Jean Renoir

(Francia, 1937)

Il 28 luglio del 1914 è considerata la data ufficiale dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, data da cui prende spunto il maestro Jean Renoir per realizzare il suo capolavoro, interpretato da un bravissimo Jean Gabin e da un raffinato e decadente prussiano Erich von Stroheim.

Nonostante abbia superato abbondantemente gli 80 anni, questa pellicola ancora ci commuove raccontandoci cosa fu quel conflitto – che allora ancora si chiamava la Grande Guerra – e come cambiò nel profondo la società militare e soprattutto quella civile.

Ma ci ricorda, purtroppo, anche l’animo gretto e stupido dell’essere umano che non sembra poter vivere senza combattere, e la pace quindi rimane solo …una grande illusione.

La portata di questo capolavoro, fra le innumerevoli citazioni e i mille riferimenti che la cultura planetaria continua ancora oggi a fare, ce la ricorda anche la critica esaltante che ne fece “Libro e Moschetto”, il giornale ufficiale del GUF (Gruppo Ufficiale Fascista) alla sua presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia del 1937, anche se il nostro Paese tragicamente guardava superbo le nubi dell’imminente nuovo conflitto, e nonostante il suo regista fosse uno dei simboli del cinema del Fronte Popolare francese legato dichiaratamente al Partito Comunista.