“L’amore fugge” di François Truffaut

(Francia, 1978)

Con questa pellicola il grande François Truffaut chiude il ciclo dedicato ad Antoine Doinel, il suo alter ego cinematografico, nato quasi vent’anni prima con lo splendido “I 400 colpi”.

Doinel (interpretato ovviamente e come in tutti i film del maestro francese da Jean-Pierre Léaud) e Christine (Claude Jade) divorziano consensualmente dopo cinque anni di matrimonio. Sono i primi a Parigi a poterlo fare con la nuova legge che rende tutto più rapido quando i coniugi scelgono di separarsi consensualmente.    

Antoine ha da tempo una relazione con Sabine (Dorothée), ma la sera stessa in cui il giudice emana la sentenza di divorzio, l’uomo incontra casualmente Colette, una sua ex fiamma. Attraverso flashback (costituiti da brevi sequenze di tutti i film e i cortometraggi che Truffaut ha realizzato con Doinel protagonista) riviviamo la storia fra Antoine e Colette, e soprattutto il rapporto profondo ma assai complicato dello stesso Antoine con tutte le donne, a partire da quello con la madre.   

Scritto da Truffaut insieme a Suzanne Schiffman (collaboratrice storica del regista), Marie-France Pisier (che in vari film dedicati a Doinel interpreta Colette) e Jean Aurel, “L’amore fugge” come tutti i film del grande cineasta francese prende dritto al cuore. Tocca le corde dell’animo umano parlandoci dell’amore. Non di quello dorato e onirico, ma dell’amore vero, egocentrico, viziato ma sempre e comunque sincero. Una sorta di rilettura struggente di “Alfredo Alfredo” del maestro Germi. 

Da ricordare anche la canzone che apre e chiude il film: “L’amour en fuite”, scritta da Laurent Voulzy e Alain Souchon, e interpretata dallo stesso Souchon.

Caro Truffaut, quanto ci manchi!

“Miracolo a Le Havre” di Aki Kaurismäki

(Fin/Fra/Ger, 2011)

Il regista finlandese Aki Kaurismäki già nel 2011 ci racconta una piccola – ma al tempo stesso grande – storia su uno dei drammi del nostro tempo: l’immigrazione clandestina verso i paesi più ricchi europei.

Marcel Marx (un bravissimo André Wilms) nella sua esistenza è stato molte cose: uno scrittore, un bohémien e un senza tetto. Adesso è un anziano lustrascarpe che lavora nei dintorni della stazione e delle vie centrali di Le Havre e, soprattutto, il marito di Arletty (Kati Outinen) nome che si rifà direttamente alla diva del cinema francese degli anni 30 e 40 e al suo film più famoso “Amanti perduti” di Marcel Carné, che non a caso ha lo stesso nome di battesimo del protagonista.

La vita dei due coniugi procede semplice e serena, fino al giorno in cui Arletty non viene ricoverata d’urgenza per dei dolori lancinanti al ventre. Contemporaneamente Marcel si imbatte casualmente in Idrissa (Blondin Miguel), un piccolo clandestino di colore, riuscito a scappare alla perquisizione del container nel porto in cui era nascosto assieme al nonno.

Marcel ospiterà e proteggerà il piccolo clandestino dal commissario Monet (Jean-Pierre Darroussin), dalla Polizia che lo cerca in tutta la città e da un arrogante e borghese informatore che ha il volto di Jean-Pierre Léaud, attore feticcio del maestro Truffaut. Anche quando i medici comunicheranno a Marcel che Arletty ha un tumore incurabile, l’uomo continuerà ad aiutare Idrissa e farà di tutto per farlo ricongiungere coi familiari rimasti che ha in Inghilterra. Ma Monet è un ottimo segugio…

Dolce favola moderna dedicata a chi è ai margini della società, là dove i cuori spesso sono più grandi. Come sempre, Kaurismäki gira le sue storie ispirandosi allo stile statico ed emozionale di Hopper, anche se questo film è un palese e continuo omaggio alla cultura e al cinema francese.

Da vedere.

“Ho affittato un killer” di Aki Kaurismäki

(Finlandia/UK/Francia/Svezia/Germania, 1990)

In una Londra lunare vive e lavora, o sarebbe meglio dire vive per lavorare, l’anonimo e solitario impiegato di origine francese Henri Boulanger (impersonato dall’attore simbolo di Francois Truffaut Jean-Pierre Léaud).

Quando l’ente per cui lavora da quindici anni lo licenzia, ad Henri crolla il mondo addosso. Non avendo più motivo per vivere decide di suicidarsi, ma per goffaggine e vigliaccheria non ci riesce.

Si rivolge così al padrone di uno dei locali più malfamati della città per assoldare un killer. La sera, per ingannare l’attesa, forse per la prima volta in vita sua, entra nel pub sotto casa. Lì incontra la fioraia Margaret di cui si innamora all’istante.

Finalmente Henri ha un nuovo motivo per vivere, ma il killer è già sulle sue tracce…

Fantastica – in tutti i sensi – commedia nera dell’abile Kaurismäki, grande e ironico indagatore dell’animo umano, godibile fino all’ultimo fotogramma, e che dona – giustamente – al suo autore una meritata notorietà internazionale.